Esclusiva

Gennaio 15 2025
Latino alle medie e poesie a memoria, il ritorno al passato di Valditara

Lettura della Bibbia e della saga epica di Percy Jackson tra le novità della nuova proposta del ministro dell’Istruzione

«Sembra che tra i ministri dell’Istruzione ci sia una gara a chi fa di più piuttosto che a chi fa meglio». In questo modo Emerenziana Sinagra, professoressa di latino del liceo classico Bertrand Russell di Roma, ha commentato il testo che il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha presentato in forma di decreto al Consiglio dei Ministri che si è riunito il 14 gennaio. Fra gli esperti chiamati ci sono lo storico Ernesto Galli della Loggia e il latinista Andrea Balbo. La novità principale della riforma, che entrerà in vigore dall’anno scolastico 2026-27, riguarda alcune modifiche dell’insegnamento delle materie umanistiche sia alle elementari che alle medie, come la lettura della Bibbia, e la divisione di “Geostoria” in Geografia e Storia nella scuola superiore.

L’intento è quello di trovare una soluzione al problema sollevato da una recente indagine dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse): il 35% degli italiani che hanno tra i 16 e i 65 anni non riesce a comprendere una frase semplice. E auspica che in questo modo «gli allievi prendano gusto alla lettura e imparino a scrivere bene. Si è scelto di rafforzare l’abilità di scrittura che è quella più in crisi delle abilità linguistiche», ha dichiarato Valditara.

Per questo il ministro ha reintrodotto lo studio del latino come materia curriculare, ma facoltativa, a partire dal secondo anno di scuola media. La professoressa Sinagra però sottolinea che «non è una decisione completamente nuova perché esistono anche ora alcuni corsi pomeridiani, infatti molti alunni arrivano al liceo avendo già delle nozioni di base. È fondamentale però che i docenti siano abilitati all’insegnamento del latino». La proposta sembra andare controcorrente rispetto alla percezione che oggi si ha delle lingue classiche, cadute un po’ fuori moda: «Introdurre il latino alle medie significa insegnare il ragionamento e la logica, permettere di capire i rapporti con le altre lingue contemporanee, tra cui la nostra, e arrivare alla scuola superiore in maniera adeguata: spesso noi insegnanti dobbiamo rispiegare le basi dell’italiano».

A partire dal secondo anno del primo ciclo di istruzione, la riforma incoraggia l’apprendimento a memoria di filastrocche, haiku (componimenti poetici tipici della letteratura giapponese) e poesie anche di autori del Novecento come Giovanni Pascoli, Umberto Saba e Corrado Govoni. Ma anche qui ci sono alcuni distinguo da fare: «Un conto è memorizzare le regole di grammatica per poi applicarle nello studio di un testo, un altro è tenere a mente interi componimenti poetici senza avere un riscontro pratico».

Un’altra novità riguarda i libri di testo delle medie: accanto a Iliade, Odissea e Eneide ci saranno alcune opere contemporanee, come i romanzi della saga fantasy di Percy Jackson, scritta dallo statunitense Rick Riordan, che racconta le vicende di un semidio moderno alle prese con le divinità della mitologia greca. «In realtà – dice Sinagra – l’epica si studia già: credo poi che studiare anche la versione romanzata lasci il tempo che trova e non faccia altro che aumentare la confusione che i ragazzi hanno in testa».

L’intento del ministro è quello di prendere «il meglio della nostra tradizione per una scuola capace di costruire il futuro», ma la professoressa non è d’accordo: «La riforma sembra tornare indietro nel tempo: imparare le poesie a memoria non funziona oggi perché i ragazzi sono più portati al ragionamento. Facendo così l’apprendimento diventerebbe obbligato».

L’idea di Valditara è solo l’ultima di una lunga serie di tentativi di modificare l’insegnamento scolastico portati avanti da diversi ministri dell’istruzione nel corso degli anni. Sei giorni fa, il governo ha dirottato il fondo da mezzo milione di euro per l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole secondarie sulla formazione dei docenti sull’infertilità e sui modi per prevenirla. Questi continui cambiamenti ai programmi della scuola nascondono in realtà la volontà di ciascun ministro di «far comparire il proprio nome nei libri di didattica e di poter dire ‘almeno ho fatto qualcosa’. È una gara a chi fa di più non a chi fa meglio».