Esclusiva

Gennaio 16 2025
Una telecamera sull’inquietudine: è morto David Lynch

Il regista americano, noto per i suoi film surrealisti, è deceduto all’età di 78 anni

David Lynch, il regista statunitense, è morto all’età di 78 anni. La notizia è stata comunicata dalla sua famiglia su Facebook con un post: «C’è un grande vuoto nel mondo ora che non è più con noi. Ma, come diceva lui, “tieni d’occhio la ciambella e non il buco”», si legge sul suo profilo.

Nel 2024, gli era stato diagnosticato un enfisema polmonare, una malattia respiratoria cronica, causata dall’abitudine al fumo, che lo ha accompagnato per il resto della vita: «Riesco a malapena ad attraversare una stanza», raccontava. 

Sebbene per lui non fosse più possibile uscire di casa per lavorare sui progetti in cantiere, aveva espresso il desiderio di continuare a fare film, anche da lontano. Anche se, da quando gli incendi che hanno devastato Los Angeles l’hanno costretto ad abbandonare la sua casa, il suo stato di salute si è deteriorato.

Uno sguardo alla sua filmografia

Lynch, nato nel 1946 Missoula, Montana, ha girato il suo primo film indipendente, chiamato Eraserhead nel 1977. Il successo è arrivato 3 anni dopo con The Elephant Man. Il film biografico che parla della vita di Joseph Merrick, un uomo dalle gravi anomalie fisiche, ha ottenuto otto candidature agli Oscar. Nel 1986, ha lavorato con l’attrice italiana Isabella Rossellini in Blue Velvet che ha fatto di Rossellini un volto conosciuto a livello globale.

«Mi piace fare film perché mi piace perdermi in un altro mondo. I film sono un mezzo magico che permette di sognare al buio», ha raccontato nella sua biografia Io vedo me stesso. Infatti, i suoi film non si sono mai fermati a una singola spiegazione perché l’obiettivo è sempre stato sfidare lo spettatore, allontanarlo dalla sua comfort-zone e fargli provare sensazioni forti. Le sue opere sono dominate da inquietudine e orrore, strade notturne e mali inspiegabili. 

Per dare vita alla dimensione surreale che caratterizza i suoi film non sono mai state sufficienti solo le immagini, il suono era altrettanto fondamentale. Anzi, il regista statunitense ha sempre sostenuto che i film fossero «suono e immagine», non viceversa. Eraserhead, la sua prima opera, si insinua nella mente dello spettatore grazie al sonoro, elemento viscerale che arriva prima dell’immagine. Il cigolio degli impianti industriali, i fischi del vento che attraversano i terreni vuoti della fabbrica, un ronzio elettrico costante, i lunghissimi silenzi. Nell’ascoltare questi rumori di sottofondo distorti e ossessivi, si ha l’impressione di entrare nella mente paranoica di Henry Spencer, protagonista del film.

Al Strobel, che interpretò Philip Gerard in Twin Peaks, definì in un’intervista la filmografia di David Lynch una «giustapposizione di horror e bellezza». David Lynch è sempre sfuggito dalle definizioni e alle etichette di genere precise. I critici cinematografici hanno coniato un termine apposito, finito dell’Oxford Dictionary: se un film fonde sogno e realtà, elementi mondani con sotto surrealismo e inquietudine, è un film lynchiano.