Immaginate di essere in pausa pranzo, in fila alla mensa. Davanti a voi c’è un cesto di frutta fresca, lucida, dai colori invitanti. Più indietro, in fondo alla stanza, un vassoio con brownies al cioccolato e dei cookies al burro confezionati. Per cosa optate? Siete liberi di scegliere, dipende da voi se mangerete alimenti più o meno sani. È molto probabile che sarete più invogliati a mettere sul vostro vassoio la mela che avete lì davanti agli occhi, al posto del dolce non a pronta presa, scomodo da raggiungere. E questo grazie ai nudge.
In italiano, nudge significa “spinta”. Il loro scopo è cercare di migliorare il benessere delle persone, orientando le loro decisioni senza però limitare la libertà di scelta.
A ideare la teoria dei nudge è stato Cass R. Sunstein, professore della Harvard Law School, che il 22 gennaio nell’Aula Magna della Luiss Guido Carli ha tenuto una honorary lecture, organizzata in collaborazione con la Herbert Simon Society.
Gli individui spesso non scelgono in modo razionale. Indirizzare il loro comportamento è possibile tramite aiuti indiretti, suggerimenti e accorgimenti di contesto, che influiscono sul processo decisionale dei singoli, con la stessa efficacia di istruzioni dirette, come le leggi e i divieti. Nel libro “Nudge – La spinta gentile”, Sunstein e il coautore Richard Thaler, Premio Nobel per l’economia nel 2017, definiscono questo approccio come paternalismo liberatorio.
Durante la conferenza, è emerso dagli interventi dei relatori il rilievo sociale assunto dalla teoria dei nudge, oggi utilizzata sempre di più nelle attività di policy making e nel diritto dei consumatori.
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