Per il ministro della Giustizia Carlo Nordio serve costruire nuovi istituti penitenziari. Così si risolverebbe il problema del sovraffollamento nelle carceri che secondo l’ultimo rapporto dell’associazione Antigone supera il 120 per cento: 61.480 detenuti dove dovrebbero starcene 51.234. L’ex magistrato è tornato a parlare dell’argomento lo scorso 22 gennaio quando ha presentato in Senato la relazione annuale sulla giustizia, il giorno dopo l’approvazione alla Camera dei deputati del suo disegno di legge.
Se questo provvedimento dovesse passare, il fondo per l’edilizia carceraria aumenterebbe di 96 milioni di euro, soldi che verrebbero tolti al tesoretto destinato alla riforma della magistratura onoraria, al rimborso delle spese legali agli imputati assolti e alla giustizia riparativa. Sulla gestione dei fondi non è d’accordo Emilio Santoro professore di Filosofia del diritto dell’università di Firenze e presidente del comitato scientifico dell’associazione L’altro diritto: «Quei soldi non servono per nuove carceri, anche perché non basterebbero neanche. Sarebbe meglio se li usassero per rendere decente e dignitosa la detenzione in cella: spesso ci sono le cimici e i topi, manca l’acqua calda, le docce sono in comune e i muri trasudano umidità».
Il ministro ha ricordato i numeri registrati dal governo lo scorso anno: secondo il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), il numero complessivo di detenuti era di 61.861 (60.166 nel 2023), ma non ha specificato che i posti disponibili sono 51.312. Parliamo di 10 mila persone in più rispetto alla capienza massima degli istituti e «se approvano il disegno di legge Sicurezza il dato si alzerà di altre 6 mila unità: significa che bisogna costruire dieci carceri da 600 posti. È realistico?» si chiede Emilio Santoro.
L’idea di costruire nuove celle sembra però difficile da realizzare, «al massimo – commenta il professore – il governo dovrebbe riuscire a recuperare le sezioni dei penitenziari chiuse dalla magistratura e dall’Asl perché invivibili». Questo sarà il compito del Commissario straordinario per l’edilizia carceraria Marco Doglio, nominato il 23 settembre scorso da Nordio: se il ddl Giustizia passerà, il suo incarico, che sarebbe terminato alla fine del 2025, sarà prorogato al 31 dicembre 2026 con l’obiettivo di portare a termine «le opere necessarie per far fronte alla grave situazione di sovraffollamento degli istituti penitenziari», ribadisce il ministro al Senato. «L’unico a guadagnarci da questa storia è lui» commenta il docente che spiega come al Commissario non solo sarà raddoppiato lo stipendio, ma continuerà a ricevere anche quello da Chief Real Estate Officier di Cassa depositi e prestiti, la Spa del ministero dell’Economi, incarico che ricopre dal 2019.
Escludendo le ipotesi di amnistia e di scarceramento lineare per i detenuti, in quanto, secondo Nordio, «manifesterebbero una debolezza da parte dello Stato», il ministro vorrebbe liberare le celle dai reclusi extracomunitari espellendoli dal territorio nazionale. Ma il problema è «far funzionare il meccanismo» sottolinea Santoro, perché in realtà esiste l’articolo 16 del Testo unico che già prevede l’espulsione come pena sostitutiva o come misura alternativa. Ma di fatto «le questure non riescono a rimpatriare le persone soggette a questa misura e le lasciano nelle carceri». Inoltre, una convenzione del Consiglio d’Europa stabilisce che oltre all’accordo tra i due Stati è necessaria anche la volontà del detenuto che dev’essere trasferito.
Santoro sostiene che il modo in cui il governo affronta il tema delle carceri si può riassumere con il titolo di un libro scritto da Alessandro Dal Lago sui migranti: Non persone. «Ma la situazione non cambierà perché prendono più voti loro dicendo questo rispetto a chi pensa che i detenuti meritino comunque il rispetto della loro dignità».