Esclusiva

Gennaio 30 2025
Lo scambio degli ostaggi e l’ira di Netanyahu: «Hamas è crudele»

Il premier israeliano ha espresso sdegno perché la riconsegna degli ostaggi è avvenuta di fronte all’ex casa di Yahya Sinwar, leader deceduto di Hamas

Giovedì 30 gennaio sono stati rilasciati otto ostaggi israeliani, un «round aggiuntivo» rispetto alla scadenza prevista dalla tregua tra Hamas e Israele. Dopo le tensioni del fine settimana scorso, con il blocco israeliano al passaggio dei civili palestinesi verso il nord della Striscia, i gruppi militari che controllano Gaza hanno accettato di liberare altri tre prigionieri. In cambio, 110 detenuti palestinesi, tra cui 30 bambini, lasceranno le carceri israeliane.

Arbel Yehud, 29 anni, l’80enne Gadi Moses e cinque cittadini thailandesi sono stati consegnati alla Croce Rossa a Khan Younis, davanti alle rovine della casa di Yayhya Sinwar, ex leader di Hamas ucciso dalle forze israeliane. Una scena che ha provocato sdegno nel governo dello Stato ebraico.

I media israeliani scrivono che Tel Aviv ha inviato ai mediatori del Qatar un messaggio furibondo per le modalità del rilascio: gli ostaggi sono stati costretti a muoversi schiacciati dalla folla prima della consegna ai sanitari.

«Vedo con grande gravità le immagini sconvolgenti durante il rilascio dei nostri rapiti», ha commentato il primo ministro Benjamin Nethanyau. «Questa è un’ulteriore prova della crudeltà impensabile dell’organizzazione terroristica Hamas. Esigo che i mediatori assicurino che immagini simili non si ripetano e garantiscano la sicurezza degli ostaggi. Chiunque osi fare del male ai nostri rapiti, avrà la sua punizione».

Nel frattempo non si spegne la gioia per il ritorno a casa di coloro che sono stati rapiti il 7 ottobre 2023. «Nostra figlia è forte, fedele e coraggiosa – ha detto la famiglia di Agam Berger – Vogliamo ringraziare le forze di sicurezza e tutto il popolo di Israele per il loro sostegno e le loro preghiere. Ora possiamo iniziare il processo di guarigione, ma il recupero non sarà completo finché tutti gli ostaggi non torneranno a casa».

«In questi giorni stiamo meglio, c’è la tregua, non ci sono più bombardamenti», racconta, invece, Sami Abu Obar, cooperante palestinese. «Ora sono rimaste pochissime case in piedi. Case inabitabili e inaccessibili, ci sono macerie dappertutto. Ma non abbiamo i macchinari per sistemare tutto».

Molti abitanti del nord della Striscia hanno iniziato a tornare nelle loro abitazioni a piedi. «Prima chi passava in macchina veniva colpito», racconta Sami. Ma il ritorno non significa sicurezza: mancano luce, fognature e l’inverno rende le notti gelide.

Nonostante la tregua, il bilancio delle vittime continua a crescere. Secondo il Ministero della Salute di Gaza, nelle ultime 48 ore sono morte 48 persone, di cui 37 recuperate sotto le macerie. I feriti sono almeno 80.

La crisi umanitaria nella regione, però, potrebbe aggravarsi, dopo che Israele ha ordinato all’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) di sgomberare la sua sede a Gerusalemme Est entro giovedì. L’ong internazionale ActionAid ha lanciato l’allarme: “il divieto imposto a UNRWA rischia di «devastare gli aiuti umanitari a Gaza» e interrompere servizi essenziali per milioni di persone”. Se le scuole e le cliniche sanitarie gestite dall’UNRWA a Gerusalemme Est dovessero chiudere, più di 1.550 studenti e 70.000 pazienti rimarrebbero senza istruzione e assistenza sanitaria.

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