Esclusiva

Febbraio 18 2025
Fibromialgia, un dolore che avvelena la vita

In Italia, la sindrome fibromialgica non è ancora stata riconosciuta come una malattia ufficiale: il punto di vista di pazienti, medici e politici

Spazzolarsi i capelli, fare una passeggiata di venti minuti e lavorare otto ore al giorno seduti a una scrivania. Per molte persone queste azioni sono normali e rientrano nella quotidianità. Per tante altre, in Italia circa due milioni secondo la Società italiana di reumatologia, costituiscono un ostacolo da superare con fatica e sofferenza. Ogni attività è logorante e richiede momenti di pausa per recuperare le energie e continuare con la propria routine giornaliera.

Sara Mendicino è una di queste. Aveva quattordici anni quando ha scoperto di essere malata di fibromialgia. Nel 2020, fu ricoverata nel reparto di reumatologia per dieci giorni in un ospedale di Roma, per poi essere dimessa con in mano un giudizio clinico diverso da quello che si aspettava: insufficienza di vitamina D. A inizio 2021, vide un altro reumatologo che le disse in modo categorico: «Non hai la fibromialgia». Ma Sara continuava a provare dolore, così decise di consultare altri medici, fino ad arrivare alla diagnosi finale.

«Da ottobre 2020 fino alla fine dell’anno, non sono mai tornata a scuola perché stavo troppo male, avevo dolore ovunque e non riuscivo a sopportarlo. La mia famiglia non mi credeva. Mi dicevano tutti che sarebbe passato presto, che era qualcosa che mi stavo provocando da sola. Per anni, mi sono data la colpa, perché tutti pensavano che stessi inventando ciò che sentivo», racconta Sara.

Cos’è la fibromialgia?

La fibromialgia è una malattia cronica reumatica invalidante. Sebbene l’Organizzazione mondiale della sanità l’abbia riconosciuta ufficialmente nel 1992, in Italia ancora non esiste una legge che ne certifichi l’esistenza. I sintomi sono detti variabili, quindi possono migliorare o peggiorare rapidamente con il passare del tempo. Tra quelli più comuni si annoverano: dolore muscolo-scheletrico diffuso in tutto il corpo (le zone più sensibili sono collo, spalle, schiena e gambe), rigidità muscolare, difficoltà ad addormentarsi e sonno non ristoratore, astenia costante e sbalzi di temperatura.

Essendo una condizione strettamente collegata con la sfera psicologica del paziente, la persona colpita riporta spesso problemi gastrointestinali e forti mal di testa. Tutto questo causa anche disturbi cognitivi (noti come “fibro-fog”), tra cui difficoltà di concentrazione e confusione mentale. La sindrome fibromialgica può riguardare chiunque, ma le donne hanno maggiore probabilità di esserne affette rispetto agli uomini. Può manifestarsi a qualsiasi età, ma si presenta più comunemente tra i 25 e i 55 anni.

Voci invisibili

«La fibromialgia mi è stata diagnosticata dopo tre anni di visite mediche», dice Simona Fabi. «Questa patologia e il dolore che comporta ti bloccano e ti impediscono di crescere anche a livello lavorativo. Sei etichettato come “il malato” e, se devono promuovere un dipendente, preferiscono una persona sana a qualcuno che potrebbe chiamare la mattina seguente e dire: “Sto male, non posso venire a lavoro”».

Simona sostiene di non sentirsi supportata dal governo italiano, perché nessuno sta facendo abbastanza per sensibilizzare sull’argomento: «Non credo che a qualcuno interessi davvero tutelare il diritto dei pazienti all’assistenza medica. La fibromialgia è ancora considerata una malattia invisibile, nota solo a chi ne soffre. I medici di base dovrebbero essere formati meglio per riconoscerla, ma purtroppo non lo sono affatto», conclude.

Anche Agata Calì è costretta a portare avanti la sua vita da «malata invisibile». Si occupa di consulenze nell’ambito delle risorse umane, un lavoro che la costringe a passare ore davanti al computer. Racconta che la fibromialgia la invalida molto e che, ad esempio, ha continue contratture e tendiniti alle mani. Sintomi che l’hanno indotta a cambiare il mouse che utilizzava. E aggiunge: «Il mio capo è a conoscenza della situazione, ma non ne capisce assolutamente nulla. Non ha idea di cosa significhi, perché non è una sindrome riconosciuta e nessuno ne parla».

Tra scienza e politica: l’assenza di una legge

«La fibromialgia non ti toglie un’ora di vita, ma avvelena ogni ora della tua vita».Questa la definizione del reumatologo Andrea Campana, responsabile del reparto pediatrico multispecialistico dell’ospedale Bambin Gesù di Roma.

Secondo lui, la patologia non è ancora stata riconosciuta non solo perché molti professionisti sono ancora convinti che non esista e che sia un disturbo funzionale – quindi una sindrome in cui è difficile distinguere la malattia da ciò che è l’effetto indiretto di quest’ultima – ma anche per ragioni burocratiche: «Ci sono molti malati di fibromialgia in Italia. Se fosse accettata a livello istituzionale, diventerebbe difficile gestire ed erogare tutte le esenzioni economiche da parte del Servizio Sanitario Nazionale».

L’assenza di training adatti per i medici, aggiunge, sta peggiorando l’accesso ai trattamenti per i pazienti e allungando i tempi per la diagnosi: «Dovrebbero esserci corsi universitari che affrontano la fibromialgia già in fase di laurea e specializzazione. La parte terapeutica è carente, proprio perché le linee guida non sono aggiornate e non esiste una cura standardizzata».

Alcuni politici si sono impegnati nella promulgazione di una legge che riconosca la fibromialgia come malattia ufficiale, come ad esempio la ex senatrice Paola Boldrini (Partito Democratico), ora vicepresidente dell’intergruppo parlamentare Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili. «Nel 2016, ho incontrato i membri delle onlus che si occupano degli interessi dei fibromialgici, per capire in che modo agire dall’interno», dichiara la politica.

Lei sostiene che negli anni siano state presentate diverse misure, domande e mozioni, senza mai arrivare a una soluzione concreta. Difatti, nessuna tra le proposte di legge vagliate finora è mai diventata definitiva. Nel 2018, Boldrini è stata una delle prime firmatarie del ddl 299, Disposizioni in favore delle persone affette da fibromialgia, poi bloccato dalla pandemia e dalla mancanza di fondi necessari per sostenerlo. Sette anni dopo, nel 2025 – secondo Associazione italiana sindrome fibromialgica – al Senato sono in discussione dieci disegni di legge: 246, 400, 485, 546, 594, 601, 603, 946, 1023, 1356. Ma nessuno tra questi è stato ancora approvato.

Un girasole per illuminare chi vive nell’ombra

Anche in altri Paesi, sono emerse associazioni che tutelano i diritti dei fibromialgici, come Hidden disabilities sunflower. Questo progetto nasce nel 2016 per aiutare le persone affette da una malattia invisibile. Chiunque decida di aderire a questo schema può scegliere di indossare all’occorrenza un badge attaccato ad un cordino verde decorato con dei girasoli, che contiene informazioni sui sintomi che lo colpiscono. Lo scopo è far comprendere alla società che assistere chi porta al collo questa card è più semplice del previsto. Basta un piccolo gesto, come offrire il proprio posto sull’autobus. Questa iniziativa non è ancora approdata in Italia, ma la onlus lavora ogni giorno per garantire una vita più accessibile ai cittadini di tutto il mondo. Ad oggi, milioni di italiani combattono la fibromialgia nell’ombra, ma non smettono di cercare un sole che li guidi verso la luce.