«Io parlo del mio dolore, lo condivido e lo esprimo» dice l’artista argentina sulla sua sua mostra Grito Crudo, in corso nella Casa Argentina, l’Ufficio Culturale dell’Ambasciata del Paese.
Grito Crudo è un’esibizione contemporanea caratterizzata da fili rossi e fogli di carta con manoscritti in inchiostro rosso e nero. Attraverso la propria esperienza personale, l’artista guida il pubblico in un’esplorazione della sofferenza e del percorso di vita dell’essere umano, trasformando il dolore in un linguaggio visivo che tocca corde profonde dell’animo.
Saubidet, nata a Buenos Aires nel 1957, laureata come Maestra Nacional de Pintura y Dibujo presso la Escuela Superior de Bellas Artes Regina Pacis, spiega così la storia dietro i mantelli rossi: «Questa mostra, Grito Crudo, è iniziata circa cinque anni fa. Accompagnavo un’amica che stava affrontando un ciclo di chemioterapia per un cancro durante la pandemia. Abbiamo iniziato a incontrarci: lei lavorava a maglia per suo nipote e io realizzavo queste opere. Sono stati cinque anni in cui ho accompagnato la mia amica.»

Presentando la sua arte a Roma, l’artista racconta il significato di questa esperienza: «La mostra è coincisa con l’appello del Papa per la pace, il Giubileo e molti altri eventi che mi hanno fatto riflettere sulla sincronicità di tutto questo. Caput Mundi: Roma come centro del mondo, e la mia opera aveva bisogno proprio di quello spazio centrale, di quel cerchio, di quel punto di origine. È stato il luogo scelto.»
Ciò che rende questa mostra unica è la sua dimensione interattiva: non si limita alla percezione visiva, ma coinvolge anche il tatto, permettendo alle persone di entrare fisicamente in contatto con l’opera. «Il pubblico può toccare l’opera. C’era tensione, forza, gesti muti, gesti rumorosi, intrecci complessi» racconta l’artista. «È una mostra da guardare con calma, lentamente, ha un suo ritmo.»
«Non ho una motivazione politica o religiosa. La mia arte è umana» afferma Saubidet, sottolineando il suo messaggio universale: «Il lavoro non ha un obiettivo o una fine, è un processo in movimento.»

L’artista è consapevole del valore e dell’impatto che la propria opera può avere sui visitatori. L’arte, per lei, non è solo un’espressione individuale, ma anche un mezzo di connessione e condivisione con gli altri. «Responsabilità deriva da risposta e abilità, quindi sento un forte senso di responsabilità per ciò che creo» aggiunge, sottolineando l’importanza del dialogo che si instaura tra l’opera e chi la osserva. «Il giorno dell’inaugurazione, vedere le colonne con la mia opera è stato un momento toccante. Ho sentito che l’opera non apparteneva più solo a me, ma diventava parte degli altri.»
Il pubblico diventa parte attiva di questo processo creativo e interpretativo, trovando nella mostra una dimensione di riflessione e di coinvolgimento personale.
«Siamo tutti artisti. Creiamo la vita. Il punto è essere consapevoli di essere artisti della propria vita» aggiunge Saubidet. La mostra, che offre un’esperienza immersiva e intima, sarà visitabile fino al 7 marzo. Un’opportunità unica per entrare in contatto con un’arte che non solo racconta, ma coinvolge, emoziona e invita alla riflessione su ciò che significa essere umani.