Roma, 28 febbraio 2025. Il vicepremier Matteo Salvini annuncia il ritorno del nucleare, presentando un disegno di legge delega che dovrà essere esaminato e approvato da Camera e Senato. È un cambio radicale: l’Italia, tra i pochi grandi paesi europei senza centrali attive – insieme alla Germania, da due anni priva di reattori ma pronta a fare dietrofront con il prossimo papabile cancelliere Friedrich Merz -, ci riprova dopo i referendum del 1987 e del 2011, che avevano segnato una netta bocciatura dell’atomo.
Il nucleare in Italia: quali sono i rischi e i benefici?
Trino Vercellese è oggi un museo silenzioso, una centrale un tempo tra le più potenti al mondo, simbolo di promesse mancate e problemi residui. Come le scorie: solo a Caorso, secondo i dati Sogin (società pubblica che gestisce gli impianti in dismissione), si contano oltre 1880 metri cubi di rifiuti radioattivi. E mancano ancora soluzioni definitive per lo stoccaggio permanente. «Però su questo tema si è giocato molto sulla paura delle persone, tutto dipende dalle tecnologie che si usano». Stefano Monti è presidente dall’European Nuclear Society: da leader di una società europea ha guardato in questi anni tanti paesi crescere insieme all’uso dell’atomo. E adesso spera di fare lo stesso con l’Italia. «Per fare un esempio: se io vivessi 90 anni e utilizzassi tutta la mia energia con la produzione nucleare, porterei con me nella tomba rifiuti grandi quanto una lattina. È nulla in confronto a ciò che viene generato».
«Per non parlare dei nuovi reattori: in quel caso la scoria residua sarebbe quanto il tappo di una bottiglietta. E adesso esistono tecnologie che riescono a smaltire anche quello». Il riferimento di Monti va agli Small Modular Reactors (Smr), che insieme agli Advanced Modular Reactors (Amr) rappresentano la nuova generazione del nucleare. È a loro che il governo guarda quando inquadra la nuova era del mix energetico come un «superamento delle esperienze precedenti», si legge nel comunicato stampa del ddl. Questi impianti innovativi sono grandi quanto grosse cisterne – dimensioni contenute rispetto alle vecchie infrastrutture, estese come uno stadio – e possono essere realizzati in fabbrica e poi assemblati sul luogo di utilizzo. In Europa sono ancora inediti, nel mondo Occidentale il Canada è stato il primo paese a testarli. Una soluzione che promette maggiore sicurezza e costi più contenuti rispetto ai siti italiani in fase di smantellamento. «Non si potrebbero più utilizzare quelle stesse strutture, ma le aree sì. E chi ha vissuto in quelle zone sarebbe più disposto a veder sorgere una nuova centrale, di recente sono stati fatti dei sondaggi in merito. Quindi perché non sfruttarle di nuovo?».
Produzione di Elettricità da Nucleare (TWh)
Fonte: World Nuclear Association, 2025L’esperienza internazionale incoraggia questa direzione. Secondo la World Nuclear Association, circa il 9% dell’elettricità globale proviene da 440 reattori attivi, distribuiti in 31 Paesi. Francia e Slovacchia dipendono in larga parte dal nucleare (rispettivamente per il 70% e oltre il 60% della produzione nazionale), e diversi Paesi europei come la Polonia e la Repubblica Ceca stanno già pianificando la costruzione di nuovi reattori per ridurre la loro vulnerabilità geopolitica, specie dopo la crisi energetica causata dalla guerra in Ucraina. «È quella ad averci fatto scoprire vulnerabili», è il monito di Monti. «Vale anche per l’industria energivora, che utilizza grandi risorse per la produzione. E poi l’Italia dipende ancora troppo dal gas, diventato un problema dal 2022».
Numero Totale di Reattori (operativi, in costruzione, pianificati, proposti)
Fonte: World Nuclear Association, 2025Sul piano della sicurezza, gli incidenti storici sono ancora impressi nella memoria collettiva. «Chernobyl fu un disastro, ma parliamo di 80 anni fa ed erano tecnologie del tutto diverse. Quindi le persone dovrebbero sentirsi più rassicurate. Lo stesso vale per Fukushima, dove comunque i morti furono dovuti al terremoto e allo tsunami»: nessuno, infatti, perse la vita per causa diretta delle esplosioni di idrogeno. Gli Smr e gli Amr, intanto, promettono sistemi di sicurezza ancora più avanzati. Sul piano economico, però, l’investimento non è indifferente: un singolo reattore potrebbe costare attorno ai due miliardi di euro. Eppure aziende italiane come Enel, Ansaldo Energia e Leonardo stanno già collaborando per creare una filiera nazionale dedicata alla produzione e manutenzione di questi reattori.
Ma la strada italiana verso il nucleare non è priva di ostacoli e critiche. L’opinione pubblica resta divisa: secondo un recente sondaggio Swg per iWeek, solo il 48% degli italiani sarebbe favorevole al ritorno dell’energia atomica. «Serve una campagna di informazione chiara, senza ideologie e neutra sul piano tecnologico. Vale a dire priva di scetticismi e persone schizzinose: in Russia, India e Cina la questione non è mai esistita. Serviva? Si è fatto. E il nucleare serve anche in Italia, così come in Europa, che ha l’obiettivo molto ambizioso del net zero entro il 2050». E intanto la Germania, dopo l’addio (o arrivederci) all’atomo, ha già riavviato le centrali a carbone e lignite. Nel periodo più delicato verso la neutralità carbonica.