Esclusiva

Aprile 21 2025
Il Corridoio IMEC, la risposta geopolitica alla Via della Seta

Il progetto è ancora in fase embrionale. La Via del Cotone promette, però, di ridisegnare la geografia commerciale del globo

«Abbiamo concordato di collaborare per contribuire a costruire una delle più grandi rotte commerciali di tutta la storia». Così il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha descritto l’Indo-Mediterranean Economic Corridor, un progetto infrastrutturale, economico e geopolitico che dovrebbe collegare l’India all’Europa, passando per i Paesi del Golfo, il Medio Oriente e Israele. Noto come IMEC, è stato lanciato a settembre 2023 a margine del G20 di New Delhi e promette di ridisegnare la geografia commerciale del globo.

IMEC è stato sostenuto dall’ex amministrazione Biden negli Stati Uniti e pensato per contrastare la Via della Seta, il piano di investimenti promosso nel 2013 dal presidente cinese Xi-Jinping al fine di collegare l’Asia all’Africa e all’Europa con rotte terrestri e marittime. 

Firmato da Stati Uniti, India, Unione europea – con la specifica partecipazione di Francia, Germania e Italia – Arabia Saudita ed Emirati Arabi, il corridoio transcontinentale IMEC punta a migliorare la connettività e l’integrazione dei mercati nell’area indo-mediterranea attraverso infrastrutture ferroviarie, portuali, energetiche e digitali, come cavi ottici sottomarini per la trasmissione dei dati. 

IMEC non è solo un modo per contrastare l’influenza cinese in Medio Oriente. Si tratta di un’alternativa logistica più sicura rispetto al Canale di Suez per il transito delle merci dall’India all’Europa, viste le minacce nel Mar Rosso, destabilizzato dagli Houthi yemeniti. 

«Si riparla di IMEC perché ci sono stati problemi nel Mar Rosso con gli Houthi e ci si è chiesto: Ma se qua chiudono che cosa facciamo?», sostiene Sergio Biraghi, ammiraglio di lungo corso della Marina Militare, che aggiunge: «Fare una via alternativa un po’ marittima e un po’ terrestre stuzzica la fantasia. Il traffico mercantile sta aumentando e quindi ha bisogno di sfoghi come altre linee di navigazione. C’è un fervore nella ricerca di vie alternative per mantenere la sicurezza del commercio». 

Per il ricercatore dell’Ispi Nicola Missaglia c’è anche un altro motivo alla base della rinnovata attenzione verso IMEC: «Dall’insediamento di Trump negli Stati Uniti una serie di attori, incluse l’India e l’Europa, vogliono capire cosa fare per mettersi al sicuro dalle minacce, dai dazi, dal protezionismo crescente, dall’instabilità che colpisce il commercio internazionale. Vogliono stringere accordi per aprire nuovi canali di partnership, di scambio economico».

Le rotte di IMEC

Il corridoio si articola in tre traiettorie principali: La prima è pensata per rafforzare la connessione via mare tra la costa occidentale dell’India e il Golfo Arabico. La seconda punta a collegare, su via terrestre, Emirati Arabi, Arabia Saudita, Giordania e Israele, e la terza a connettere via mare lo Stato ebraico e l’Europa. «Al momento, la più avanzata e funzionante è quella tra India e Golfo Arabico, i cui commerci bilaterali sono già aumentati. È la parte più stabile ed economicamente sostenibile. L’India ha stretto rapporti solidi con gli Emirati e gli Emirati si sono fatti promotori dell’avanzamento di questo corridoio», spiega Missaglia.

Il Corridoio IMEC, la risposta geopolitica alla Via della Seta
– – – Via terra  ____ Via mare    
1: rotta più orientale: tra l’India e la Penisola Arabica
2: rotta mediorientale: tra Emirati Arabi, Arabia Saudita, Giordania e Israele
3:rotta mediterranea-europea: tra Israele e l’Europa

Il Golfo Arabico, Israele e le implicazioni della guerra a Gaza

Cruciale è la posizione della Penisola Arabica con Arabia Saudita ed Emirati Arabi che hanno sostenuto IMEC per promuovere il Golfo Arabico come centro dell’interconnessione tra l’Asia meridionale e l’Europa. I governi saudita ed emiratino aspirano entrambi a diversificare le proprie economie e rendersi indipendenti dall’esportazione di idrocarburi.

Con l’adesione a IMEC e il programma Vision 2030, il Regno saudita mira a diventare un attore capace di giocare su tutti i tavoli che contano. Sin dal concepimento, il corridoio è legato alla normalizzazione – supervisionata dagli Stati Uniti – delle relazioni diplomatiche tra due Paesi coinvolti, ovvero l’Arabia Saudita, tra i capifila del mondo musulmano, e lo Stato d’Israele. 

La guerra israelo-palestinese in corso complica la riappacificazione nella regione. La crisi umanitaria nella Striscia di Gaza e la sofferenza del popolo palestinese non hanno lasciato indifferente Mohammad bin Salman, erede al trono della Nazione custode dei luoghi sacri dell’Islam. Per l’ammiraglio Biraghi però è il pragmatismo a dominare nella logica del regno: «Se l’Arabia Saudita riesce a fare una linea che le porta dei vantaggi la fa, non credo che si faccia troppi scrupoli».

Da parte sua, Israele desidera essere un player cardine dei collegamenti economici e commerciali alla luce della posizione chiave nel Mediterraneo allargato, la porzione di mare compresa tra le coste mediterranee, il Mar Rosso, il Mar Nero, il Golfo Persico, parte dell’Oceano Indiano e dell’Oceano Atlantico.

L’India di Modi e IMEC come vettore di crescita

Snodo primario del corridoio è l’India, diventata secondo le stime delle Nazioni Unite il Paese più popoloso al mondo con più di 1,4 miliardi di abitanti. Secondo Missaglia, «gli indiani sono molto interessati al corridoio, il Paese si vede al centro di questa operazione e vorrebbe usare IMEC per trovare mercati di sbocco nel Golfo e in Europa ed espandere la propria influenza verso Occidente».

New Delhi vuole rafforzare il proprio modello di crescita basato sulle esportazioni e IMEC offrirebbe ai prodotti industriali indiani un accesso ai mercati europei e una maggiore integrazione nelle catene di approvvigionamento globali.
Il movimento intercontinentale delle merci assume un’importanza maggiore per l’India nel contesto dei negoziati in corso per un accordo di libero scambio con l’Unione Europea.

L’Italia alla ricerca della centralità diplomatica. Insidia francese all’orizzonte

In occasione del recente Business Forum Italia-India a New Delhi, è stato il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani a definire IMEC come la “Via del Cotone”. L’azione politica e diplomatica nazionale si concentra da tempo sull’implementazione del partenariato economico e commerciale con l’India. A questo si somma la nomina dell’ambasciatore Francesco Talò a inviato speciale per IMEC: un tassello che chiarisce l’ambizione del Bel Paese a collocarsi in un progetto capace di ripensare la cooperazione tra regioni diverse.

Per rafforzare il ruolo dell’Italia, il titolare della Farnesina ha annunciato un vertice a Trieste che coinvolgerà, nella seconda metà dell’anno, i ministri degli Esteri dei Paesi aderenti lungo il quadrante India-Medio-Oriente-Europa. Grazie ad un hub portuale strategico, la città giuliana si propone come snodo di primo piano della struttura connettiva. «Noi come Italia siamo molto forti nella Marina mercantile, siamo in mezzo al mare e quindi ci compete il dovere di tenerlo sotto controllo e lo facciamo volentieri. Se l’Europa transita da noi per andare in Arabia Saudita ci fa solo un piacere», puntualizza Biraghi. 

La Francia da tempo coltiva relazioni bilaterali con l’India e, come ricorda Missaglia, «il presidente Macron sta insistendo perché il Paese diventi il punto di sbocco di IMEC». Alla soluzione Trieste si contrappone infatti Marsiglia come varco di accesso per il mercato europeo. 

«Non c’è storia tra le due, Trieste è una scorciatoia per arrivare nel cuore dell’Europa», dice senza mezzi termini Biraghi. Sulla stessa linea Missaglia, per cui «Trieste è meglio posizionata e integrata nella logistica europea rispetto a Marsiglia, essendo molto importante per i commerci tra l’Adriatico e l’Europa dell’est e tra l’Adriatico e l’Europa centrale».

Entrambe le ipotesi sono al vaglio dell’India e dei Paesi del Golfo, ma secondo l’esperto non si esclude un doppio sbocco italo-francese, per ragionare «in termini collaborativi, di integrazione europea, perché non è detto che i due porti debbano essere mutualmente esclusivi». Per Missaglia, «si può pensare a una soluzione in cui Marsiglia serva l’Europa occidentale e Trieste più la parte centrale e dell’Europa dell’est».

Defilata la Grecia, che non figura tra i firmatari di IMEC, ma che è entrata nel discorso poiché si affaccia sul Mediterraneo. «IMEC è il corridoio del ventunesimo secolo», ha detto Aliki Koutsomitopoulou, ambasciatrice della Grecia in India. Inizialmente era candidata numero uno per lo sbocco europeo, ma sulla Nazione pende l’ombra di Pechino, che potrebbe ostacolare il progetto IMEC. La compagnia di Stato cinese Cosco Shipping è infatti l’azionista di maggioranza del porto del Pireo, uno dei più trafficati del Mediterraneo.

Le criticità della realizzazione, tra scontenti e sicurezza

Missaglia pone l’accento sulla spesa dell’iniziativa, facendo un paragone con la Via della Seta: «Bisogna vedere chi mette i soldi in quest’iniziativa perché la Cina per costruire la Belt and Road Initiative ha fatto leva sulla sua capacità di investimento e di aprire linee di credito in altri Paesi. Oggi nessuno dentro IMEC ha la stessa potenza di fuoco». Finora, solo l’Arabia Saudita si è impegnata a stanziare 20 miliardi di dollari, una frazione dei 600 miliardi di dollari che i Paesi partner si sono prefissi di mobilitare entro il 2027.

La situazione in Medio Oriente rischia di complicare la realizzazione dell’architettura perché il porto di Haifa, in Israele, è un punto di transito chiave per il corridoio verso l’Europa. E garantire la sicurezza delle infrastrutture previste dal progetto richiede una solida cooperazione regionale tra le parti in materia di sicurezza. «L’instabilità ha messo un freno allo sviluppo dell’iniziativa, anche se credo che a lungo termine continuerà perché c’è un interesse condiviso. La fine della guerra migliorerebbe le prospettive fisiche del corridoio», spiega Missaglia.

Tra gli scontenti ci sono Turchia ed Egitto, attori chiave esclusi dal progetto che potrebbero metterne in discussione l’attuazione. Dopo il primo annuncio di IMEC, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan aveva dichiarato che «non esiste corridoio senza la Turchia», riferendosi alla rotta marittima tra Israele e Grecia, che attraversa acque contese da Ankara. 

Allo stesso modo, Il Cairo ha un interesse nel mantenere intatto il ruolo centrale e redditizio di un asset come il Canale di Suez. A dimostrazione di come l’iniziativa sia in divenire, Missaglia conferma che diplomaticamente si sta valutando la possibilità di includere altri partner.

Mettere d’accordo tante Nazioni secondo l’ammiraglio Biraghi «non è semplice», e non «è così facile perché ci sono tempi molto lunghi». Anche per Missaglia si tratta di un progetto di lungo periodo «che avanzerà a diverse velocità come sta accadendo ora, e decollerà nel prossimo decennio». Mentre la parte orientale ha accelerato, «quella mediorientale dovrà aspettare una serie di condizioni, e quella mediterranea-europea altre condizioni ancora».