Esclusiva

Maggio 5 2025
Allargamento o caos? Il dilemma dell’Ue

Sylvie Goulard analizza lo stato di salute dell’Unione in un momento storico complesso. L’autrice di “Grande da morire” chiede responsabilità ai decisori, rei di non ascoltare le richieste dei cittadini

Nell’era dominata dalla guerra, alle porte dell’Europa e in Medio Oriente, l’Unione europea ha già deciso: l’allargamento a 36 o 37 Stati membri è un processo irreversibile. Perciò, un giorno, l’Ucraina, la Georgia e i Paesi dei Balcani occidentali saranno parte dell’Ue. Ma se allargamento significasse anche caos?

Riconoscendo le buone argomentazioni dinanzi alla bramosia imperialista del presidente russo Vladimir Putin e alla guerra commerciale lanciata dall’omologo statunitense Donald Trump, “Grande da morire. Come evitare l’esplosione dell’Europa” di Sylvie Goulard esplora i rischi di un allargamento non accompagnato da una riforma strutturale dei trattati europei e una semplificazione dei processi decisionali. 

L’autrice analizza lo stato di salute dell’Ue in un momento storico denso di criticità, provoca e chiede responsabilità ai decisori, rei di non ascoltare le richieste dei cittadini, di non costruire un dialogo con essi e di non essere chiari sull’allargamento, ad esempio specificando se esso preveda o meno l’entrata nell’Ue della Turchia. Goulard è dura nel constatare che «pochi leader nazionali ed europei sono disposti a battersi per l’Europa». 

L’Unione deve abbandonare facili slogan, e dotarsi dei mezzi e delle risorse necessarie per essere un soggetto “geopolitico”, padrone del proprio destino e pronto ad accogliere popoli aggrediti e desiderosi di libertà, come quello ucraino. Molti desiderano l’Ue, ma c’è il rischio che, in caso di fallimento del processo di adesione, i candidati restino delusi, come nel caso della Turchia.

La Commissione e gli Stati membri insistono sul fatto che i Paesi candidati saranno giudicati lungo il processo di negoziazione secondo i loro “meriti”. Al contrario, non vi è traccia di un controllo dei meriti degli odierni Stati membri, accertamento che garantirebbe all’Ue allargata di mantenere «la sua coerenza e la sua capacità di azione». L’invito è a non dare per acquisito a priori il successo dell’Unione, e a ripensare le fondamenta dell’Ue prima che l’ambizione ad espandersi comprometta l’integrità comunitaria.

In un saggio dal tono preoccupato, l’ex eurodeputata francese mette in guardia l’Ue, che rischia di collassare su sé stessa poiché l’allargamento non è possibile senza una maggior integrazione e coesione tra gli Stati membri attuali. Anche perché, come dimostra lo sblocco dei fondi destinati all’Ungheria, la decisione di allargare l’Unione è stata inaugurata da un’estorsione di fondi a scapito dello Stato di diritto, pietra miliare dei trattati unionali, dell’Europa-comunità che difende i suoi valori fondanti.

Nel titolo “Grande da morire” risiede il timore di Goulard: l’Ue rischia di diventare così grande ed eterogenea da essere ingestibile, inefficiente e incapace di gestire le crisi interne e le spinte esterne. L’autrice ricorda come da decenni ci si interroghi sui confini dell’Europa, e contesta l’automatismo secondo cui l’allargamento dell’Ue sia sempre un bene e contribuisca ad accrescere il suo prestigio internazionale. Lo fa con un linguaggio comprensibile per specialisti del settore e lettori informati sulle dinamiche dell’Ue.

Nella sua analisi, l’autrice evidenzia come le istituzioni europee non siano progettate per funzionare in un’Unione di 36 Stati e come le regole decisionali – spesso basate sull’unanimità – diventino paralizzanti. Per superare le impasse, tra le soluzioni auspicate da Goulard c’è il superamento dell’unanimità per molte decisioni, in favore di una maggioranza qualificata.

Il rischio è che l’Unione sia solo un mercato unico, privo di solidarietà politica, un soggetto che non ha ancora sviluppato una politica estera coerente, una politica di difesa comune credibile e un bilancio sufficiente a garantire interventi efficaci ad affrontare le crisi del nostro tempo. Da troppo tempo le decisioni più urgenti sono state rimandate, su tutte la condivisione delle risorse diplomatiche e di difesa. Oggi più che mai è arrivato il momento della responsabilità.