Esclusiva

Giugno 20 2025.
 
Ultimo aggiornamento: Giugno 25 2025
Senza casa, senza diritti La sfida di Montesacro contro gli sfratti

Come la giunta del terzo Municipio, assieme a Nonna Roma e fondazione Charlemagne, affronta l’emergenza abitativa

Alle 8:00 qualcuno mette su il caffè, a mezzogiorno si stende il bucato al sole, alle 20:00 si accende la tv. Ma in centinaia di case a Roma, queste ore non esistono. Perché non esiste più un luogo dove viverle. I Chowdhury (cognome di fantasia) sono sei, una coppia e quattro figli, tutti minorenni. Tre di loro hanno l’autismo, uno in forma molto grave. Il padre si occupava di traslochi. Il lavoro era saltuario, ma almeno c’era, finché non l’ha perso a causa della malattia dei figli. I Chowdhury allora non sono più riusciti a pagare l’affitto del loro appartamento al terzo piano di una palazzina a Fidene, all’estremo nord del III Municipio. Il proprietario ha avviato la causa di sfratto e l’hanno persa.

Li assiste da novembre lo sportello Ada, il servizio di welfare abitativo dell’Agenzia per il diritto all’abitare, che opera dalla fine di ottobre 2024, per ora negli spazi del circolo sociale Lab! Puzzle. Si tratta di una azione di segretariato sociale rivolta a chi ha problemi di natura abitativa. È una delle iniziative introdotte dal Municipio Montesacro per controllare l’emergenza abitativa. La gestione è stata affidata a Nonna Roma, l’associazione che dal 2017 aiuta tantissime famiglie in condizione di povertà. Del progetto fa parte anche la fondazione Charlemagne, che si è proposta di co-finanziarlo con diecimila euro, con i quali è stato anche predisposto un meccanismo di rilevazione dell’emergenza alloggiativa, attraverso la diffusione di questionari anonimi che sono associati a dei punti territoriali precisi. I dati saranno poi pubblicati e consultabili.

«Li seguiamo dalla seconda settimana di apertura dello sportello e lo facciamo ancora – racconta Ferdinando Errichiello, operatore di Ada – ci siamo subito attivati in due direzioni: o trovare un altro posto in affitto, ma senza un reddito era impossibile, o trovare una casa popolare. Abbiamo quindi fatto la richiesta di una assegnazione in deroga di una casa popolare, ma nessuno al Comune ci ha mai risposto». Alla fine, Nonna Roma, tramite lo sportello Ada e altre due cooperative – Spes contra spem e Apeo6 – è riuscita a trovare ai Chowdhury una stanza per sei mesi in una casa rifugio. «Con loro è stato fatto un miracolo, se nella stessa settimana ci fosse capitata un’altra famiglia simile una delle due sarebbe finita in mezzo alla strada – aggiunge Errichiello – la cosa drammatica è che a Roma non esistono più case rifugio. Il centralino S.o.s. di emergenza delle politiche sociali è saturo, così come la Caritas e la comunità di Sant’Egidio. Nella capitale gli strumenti per fare da contrasto all’emergenza abitativa non ci sono più».

È stato per rispondere a questo bisogno crescente che il presidente, Paolo Marchionne, e l’assessore alla Cultura, Luca Blasi, del terzo Municipio hanno deciso di dotarsi di nuovi strumenti per aiutare famiglie e single che non possono permettersi una casa. «Ogni Municipio ha ricevuto un milione di euro dai fondi straordinari per il Giubileo – specifica l’assessore Blasi – noi li abbiamo voluti spendere nell’Agenzia dell’Abitare e nel progetto C.A.S.A 3». Si tratta di una struttura che sarà ultimata nella prima metà del 2026 e che ospiterà gli uffici di Ada, dell’Agenzia per il diritto all’abitare, ma anche cinque appartamenti per accogliere persone sfrattate per un periodo che va dai sei mesi a un anno. «Sono degli alloggi con una cucina condivisa. Uno spazio sorvegliato per evitare che le persone si trovino a dormire in macchina o peggio per strada» dice il presidente Paolo Marchionne. L’idea, quindi, non è solo quella di assistere le famiglie dopo uno sfratto attraverso i servizi sociali, ma di «prevenire alcune di queste situazioni e costruire in maniera più efficace le fasi successive alla perdita dell’alloggio».

Senza casa, senza diritti                                               La sfida di Montesacro contro gli sfratti

E Montesacro sta lavorando per raggiungere questo obiettivo in due direzioni. «Noi abbiamo fatto una scelta molto chiara – aggiunge l’assessore Blasi – come giunta di sinistra non possiamo permettere lo sgombero di persone senza passare da casa a casa, soprattutto quando queste persone si trovano all’interno di appartamenti di enti pubblici che non hanno alcuna destinazione». A meta giugno, l’Agenzia per il diritto all’abitare, Blasi e altri attivisti sono riusciti a rinviare lo sfratto di Federica (nome di fantasia) e suo figlio. «Lo sgombero è un momento drammatico e noi dobbiamo essere lì a prenderci cura dei cittadini e, quando possiamo, dobbiamo rinviarlo e trovare soluzioni alternative». 

Dopo il divorzio, Federica aveva perso anche l’attività in cui lavorava. Per mantenersi allora ha fatto anche tre lavori contemporaneamente. I soldi, però sono pochi. Le permettono di sopravvivere, ma non di pagare una casa. Quindi è stata costretta ad occuparne una dell’Inps con il figlio. «Nel terzo Municipio abbiamo tantissimi appartamenti Inps che vengono sgomberati per rimanere mesi, se non anni, vuoti». L’ente ha il mandato di vendere questi alloggi come frutto delle politiche di austerità del 2011, «ma quando lo fa li svende alle aste. Noi vorremmo che il patrimonio degli enti venga utilizzato per l’emergenza alloggiativa, ma è difficile senza leggi nazionali che prevedono questo tipo di destinazione sui beni demaniali – spiega Blasi – non c’è stato alcun governo che ha avuto il coraggio di dire che la casa è un diritto ed è la precondizione per godere a pieno di tutti gli altri, perché senza casa non hai una residenza e senza quella non hai il medico, la scuola e manchi di identità».

L’altra direzione in cui Montesacro si sta muovendo è quella di agire a livello istituzionale. In primo luogo, modificando la delibera 163 che prevede il contributo all’affitto. Ai primi di giugno il consiglio comunale ha «previsto che verrà dato in maniera più congrua, fino a 900 euro al mese e inoltre con la possibilità di averlo prima dello sfratto, se si rispetta un certo livello ISEE, perché in precedenza veniva dato solo a chi era già stato sgomberato» dice Blasi. In secondo luogo, quello che il Municipio sta cercando di fare è un fondo di garanzia per gli affittuari. «La nostra ambizione sarebbe rendere conveniente, per chi ha appartamenti, affittarli a famiglie in difficoltà che sono transitate per il servizio pubblico» aggiunge Marchionne. «Il problema a Roma è che anche quando si ha un reddito i proprietari di casa chiedono garanzie impossibili e quindi l’idea è che il Municipio sia garante – spiega l’operatore Errichiello – i soldi iniziali ci sono grazie alla fondazione Charlemagne, adesso stiamo parlando con le banche». Il problema della casa è enorme e complesso e non solo a Roma, affrontarlo richiede coraggio e fantasia. Al terzo Municipio ci stanno provando.

Firma qui la petizione di Ma quale casa? per inserire il diritto alla casa in Costituzione

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