Le prime segnalazioni avevano provocato più di qualche fastidio. Una generica “Regione russa” estesa a Ucraina, Bielorussia, Moldavia e Paesi Baltici. Kyiv come “culla della cultura russa”, e poi Kharkiv collocata in Donbas, Odesa in Crimea, i nomi delle città ucraine scritti sulle cartine geografiche in grafia russa. Errori divenuti virali sul web, ma che sembravano ancora casi isolati. Quando però le rilevazioni sono aumentate in numero e gravità, la rabbia si è trasformata in preoccupazione, perché non si trattava più di inesattezze, ma di un ecosistema di disinformazione e propaganda filo-Cremlino nei libri di testo della scuola media italiana. È ciò che emerge da uno studio di Iryna Kashchey, giornalista ucraina da anni con base a Roma, e Massimiliano Di Pasquale, direttore dell’Osservatorio Ucraina dell’Istituto Gino Germani. I due hanno analizzato ventotto manuali di storia e geografia delle maggiori case editrici negli ultimi quindici anni e riportato i risultati in un paper pubblicato lo scorso maggio.
«Abbiamo individuato sette narrazioni di base ricorrenti, tutte tese ad esaltare la Russia e negare dignità agli Stati vicini», ci racconta Di Pasquale, esperto di disinformazione e guerra ibrida. Fra le più odiose, quella di presentare i Paesi come falliti, arretrati, nati quasi per caso dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica. Kyiv è descritta spesso come la prima capitale del “Regno russo”, nonostante all’epoca della Rus, confederazione di principati slavi orientali dalla composizione etnica eterogenea che ebbe il suo apogeo intorno all’anno Mille nell’attuale capitale ucraina, Mosca non esistesse neppure. Curioso poi il caso della Crimea, ucraina secondo il diritto internazionale ma parte del regime moscovita secondo i libri, “tornata alla Russia” dopo il referendum del 2014 seguito all’occupazione militare: «È citato ovunque, solo alcuni sottolineano che non è riconosciuto a livello internazionale, ma mancano di precisare il motivo». La costruzione del mito sovietico è silente, non è mai affrontato il tema della russificazione: «Dipingere le comunità del Donbas come russe è sbagliato: sono russofone, perché sotto l’Urss hanno dovuto frequentare le scuole in russo. Ma questo non vuol dire che in quella regione sia in atto una guerra civile, come si sostiene».
«Nessuno dei volumi da noi analizzati può essere raccomandato agli studenti», ci dice Kashchey, «al massimo, si può scegliere il livello di propaganda». È stata lei a raccogliere le varie indicazioni dai social e a scoprire altre distorsioni, dando il via all’analisi più ampia. La ricerca richiama l’urgenza di educare al pensiero critico e sensibilizzare le famiglie. Mentre i bambini ucraini che studiano qui sono traumatizzati da queste ricostruzioni faziose, il maggior rischio per i loro coetanei italiani è che nessuno corregga queste narrazioni false che imparano a lezione e che quindi tendano a considerarle veritiere.
«In Europa, a causa della penetrazione della propaganda prima zarista, poi sovietica e putiniana, si sono stratificate convinzioni e bias che influenzano il pensiero occidentale» ci ricorda Iryna. «Per gli autori è molto difficile uscire da questa cornice, perché Nazioni come l’Ucraina non hanno mai potuto raccontare la Storia con la loro voce. L’ha sempre fatto Mosca al loro posto». Del resto, i manuali d’addestramento delle spie del Kgb sono chiari: l’obiettivo della guerra ibrida è creare una visione del mondo nella mente della vittima che non gli permetta di difendersi. Quegli stessi servizi segreti di cui è stato funzionario e tenente colonnello proprio Vladimir Putin.