Esclusiva

Giugno 25 2025
La morte inutile di Roberta Repetto

Assolti medico e guru del Centro Anidra: la sorella denuncia la mancanza di una legge sulla manipolazione mentale

Assolto con formula piena perché «il fatto non sussiste». Dopo un travagliato iter giudiziario, con una pena di grado in grado sempre più lieve, alla fine la corte d’Assise d’Appello di Milano ha sentenziato che il medico bresciano Paolo Oneda non ha colpe per la morte di Roberta Repetto, scomparsa il 9 ottobre 2020 ad appena quarant’anni dopo essere finita nella spirale settaria del “Centro Anidra”, un agriturismo immerso nel verde a una manciata di chilometri da Genova. Proprio lì, tra gli alberi e il cielo azzurro, riportano le testimonianze, avvenivano rapporti sessuali e prove di resistenza fisica, tappe obbligate di un presunto “percorso spirituale”. Ad accompagnare Roberta nella sua personale e inconsapevole discesa verso l’inferno, come un Caronte, c’era il “guru” Paolo Bendinelli, fondatore di quella realtà, santone, anche lui assolto. La donna, che negli anni ha donato al centro molti dei suoi risparmi, si era rivolta a Bendinelli e Oneda anche per togliere un grosso e fastidioso neo che le era comparso sulla schiena. Una scelta fatale. Perché i due, di fronte alla richiesta di aiuto, avevano deciso di rimuoverlo senza anestesia, su un tavolo da cucina del centro olistico. E Roberta si era fidata. Dopo la rudimentale operazione, stando a quanto ricostruito dai Carabinieri, avevano prescritto alla donna “tisane zuccherate e meditazione”. Per la quarantenne erano cominciati così dolori lancinanti che, secondo il guru, avrebbero dimostrato «il successo dell’operazione chirurgica». Due anni dopo Roberta è morta all’ospedale San Martino di Genova dove era arrivata per un tumore della pelle in metastasi. La sorella Rita da quel giorno non si dà pace. E oggi ancora di più, perché la legge sentenzia che l’unica responsabile della morte di Roberta è Roberta stessa. E il senso di ingiustizia e di impunità è più grande che mai.

Rita, perché si è arrivati a sentenze del genere?

I giudici hanno preso in considerazione ciò che la difesa ha sostenuto in questi anni, ovvero che tutto sia stata una scelta e una responsabilità di mia sorella. Secondo la loro versione, il medico, Oneda, passato di lì per caso, l’ha aiutata perché aveva male a questo neo. Nelle motivazioni c’è un passaggio che mi preme riprendere, anche se dolorosissimo, che dice che “anche se messa di fronte a una diagnosi” Roberta “non si sarebbe curata”. Questo, secondo me, è fuori da ogni commento, cosa ne sanno i giudici di come avrebbe reagito mia sorella di fronte a una diagnosi certa? Insomma, hanno assolto il medico riconoscendo che ha fatto quell’operazione e sostenendo che mia sorella già avesse le sue idee di medicina alternativa che lui non avrebbe mai potuto cambiare. E per me tutto questo è di una disumanità allucinante.

Quanti soldi ha donato sua sorella al Centro Anidra?

Si tratta di 120mila euro stando alle indagini della Guardia di Finanza. Il prossimo 4 luglio prenderà il via un nuovo processo, il pubblico ministero ha chiesto 1 anno e 6 mesi di reclusione per Maria Teresa Cuzzolin, ex legale rappresentante del Centro Anidra. Io spero che si possa arrivare in fondo, perché mia sorella – secondo la Procura e secondo le perizie dell’accusa – è stata portata a credere che investendo in quel progetto la sua vita sarebbe cambiata. Ma ho i miei dubbi che si possa ottenere qualche tipo di giustizia, anche in questo caso.

Perché?

Perché non essendoci una legge che tutela chi cade vittima di manipolazione mentale, credo che anche questo processo possa finire con un’assoluzione. 

Lei dopo la morte di sua sorella ha fondato un’associazione, “la Pulce nell’orecchio”, per aiutare chi cade nella rete settaria e le loro famiglie.

Sì, sensibilizzare è importantissimo, lo facciamo anche nelle scuole. Fino a poco tempo fa andavo solo negli istituti secondari di secondo grado, ultimamente sono stata anche dai ragazzi delle medie e delle elementari. Insinuare il dubbio è fondamentale già a quell’età, così come aiutarli a ragionare e a riconoscere un vero amico da qualcuno che non vuole davvero il tuo bene. Imparare quindi l’importanza di pensare con la propria testa. Chiunque di noi nella vita può avere un momento di fragilità e, se in quel momento incontriamo una personalità carismatica che ci fa stare meglio, ci affidiamo. Non perché siamo sciocchi, stupidi o sprovveduti, ma perché la voglia di tornare a stare bene prevale. Ed è importante imparare a conoscere le tecniche di adescamento, il love bombing. Ci sono molti campanelli d’allarme. 

A livello politico ci si sta muovendo?

Sì, l’onorevole Stefania Ascari è un sostegno importantissimo, ci sta aiutando molto. Sta cercando di far partire un’indagine conoscitiva sul fenomeno settario, quindi siamo in attesa di istruzioni.

Si è sentita sostenuta dalle istituzioni nella sua battaglia?

Così così. Qualcuno mi ha sostenuto ma forse si poteva fare di più. Ho parlato con tante persone, molti Comuni hanno organizzato convegni che avevano come tema la manipolazione mentale. Questo è importante perché purtroppo c’è molta ignoranza culturale, che era anche la mia prima che accadesse tutto questo. Si pensa sempre che le sette siano composte da persone incappucciate, vestite di nero e che le vittime siano solo sciocche e sprovvedute. Non è così. Quindi parlarne più che si può è importante. 

Qual è stato per lei il momento più difficile?

Quando ho sentito dai giudici le parole “il fatto non sussiste”. Prima per uno, poi per l’altro. Sono veramente dei colpi al cuore. Spero che queste possano diventare delle sentenze pilota che aiutino a capire che qualcosa in tema di manipolazione mentale va fatto, perché gli imputati continuano a dirsi innocenti, la giustizia lo conferma: mia sorella ha fatto tutto da sola. Però io, da sorella, non posso non dire che so benissimo che Roberta non voleva morire, lei voleva vivere. E ha cambiato il suo modo di vivere, di pensare e di percepire la malattia solo quando è entrata in quel posto e ha iniziato a frequentare determinate persone. Questa convinzione non me la toglierà mai nessuno, come non l’ha tolta alla Procura di Genova e agli esperti del fenomeno che hanno letto tutti gli scritti e ascoltato le testimonianze. Mia sorella non voleva morire, voglio che questo sia chiaro.