Attenzione! Questo articolo è stato scritto più di un anno fa!
!
Esclusiva

Febbraio 26 2020
Il Coronavirus blocca Milano

L’economia del capoluogo lombardo è bloccata dalla paura ma i residenti non si arrendono all’isteria

«Il nostro albergo era al completo per le prossime due settimane» dice Roman Dagner, responsabile di un boutique hotel di lusso a pochi passi dal Duomo di Milano «ma negli ultimi due giorni è stato cancellato circa 80% delle prenotazioni. Otto su dieci. Anche chi aveva già prepagato la camera, e quindi ha perso i soldi della prenotazione, non ha avuto dubbi. Le cancellazioni arrivano soprattutto da turisti stranieri spaventati dalla diffusione del Coronavirus in Italia e – abbiamo saputo da loro – che spesso sono gli stessi governi a sconsigliare un viaggio a Milano».

«L’isteria collettiva sta uccidendo la capitale economica d’Italia» aggiunge Maurizio Naro, presidente dell’Associazione Albergatori di Milano. «Il settore dell’ospitalità è in ginocchio, gli albergatori si organizzano come possono ma è difficile. Alcuni stanno pensando di chiudere per i prossimi giorni e di mandare in ferie anticipate il personale».

Milano, però, non è in quarantena e non è una città blindata. Fa parte, come il resto della Lombardia, della zona gialla, perché è vicina al focolaio di Coronavirus che ha spinto le autorità ad isolare dieci comuni nel Lodigiano. Le attività a Milano sono aperte e le sue strade non sono deserte ma meno affollate del solito. Qualcuno passeggia con la sciarpa che copre il volto sperando di limitare le possibilità di contagio, molti lavorano da casa grazie alle politiche di smart working attuate dalle grandi aziende, in metro c’è sempre gente «e negozi e supermercati sono stati riapprovvigionati dopo la corsa agli acquisti dello scorso weekend dovuta perlopiù ad un fattore psicologico» dichiara Marco Barbieri, segretario generale Confcommercio di Milano, Lodi, Monza e Brianza, preoccupato per l’impatto economico, destinato a crescere, che il Coronavirus sta avendo sulle attività della ristorazione, del turismo e dello spettacolo.

L’ordinanza emanata lo scorso 23 febbraio dal ministro della Salute d’intesa con il presidente della Regione Lombardia, invita bar, locali notturni e qualsiasi altro esercizio di intrattenimento aperto al pubblico a chiudere tra le 18 e le 6 di mattina. «Sta incidendo per circa il 15% sull’attività economica delle imprese» commenta il segretario generale Confcommercio. A cui si deve aggiungere il calo fisiologico dell’affluenza in bar e ristoranti dovuta alla paura generalizzata del virus e la flessione del settore turistico già in atto (sempre a causa del Covd19) da qualche mese.

Federico lavora al Mag Cafè, in zona Navigli, che chiuderà anticipatamente fino a domenica 1 marzo. Condivide le precauzioni prese dal Governo per circoscrivere la diffusione del virus «ma l’aperitivo è il nostro core business» dice «e questa limitazione è pesante per il volume d’affari. Per i piccoli locali, già due giorni in discesa possono rappresentare una perdita consistente».

Luca vive a Milano da quasi 10 anni, è un designer. È abituato ad incontrarsi con gli amici per un cocktail dopo il lavoro «ora che i bar chiudono presto organizzo le feste a casa» racconta ridendo. «Non sono spaventato dalla diffusione del Coronavirus, sto attento e mi lavo spesso le mani ma continuo a vivere la mia vita normalmente. Guardare il Tg, però, mi mette ansia. Credo che la paura collettiva sia stata la motivazione dell’assalto ai supermercati dello scorso weekend. Mettetevi nei panni di un lavoratore, abituato a fare la spesa soltanto nei fine settimana o in tarda serata, trovare i negozi vuoti diventa problematico, per questo si sono formate le code».