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Esclusiva

Marzo 30 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 7 2021
California «State of mind» ai tempi della pandemia

«Spesso dicono che la California è uno stato d’animo, oltre che uno Stato». La Silicon Valley, l’ambientalismo e l’emergenza Coronavirus raccontate da Dawn Garcia, direttrice del John S. Knight Journalism Fellowships di Stanford

«Sono californiana e amo il mio Stato» dice Dawn Garcia, direttrice del John S. Knight Journalism Fellowships di Stanford, durante la nostra conversazione telefonica.

La voce allegra, squillante, e il sottofondo delle dita che si muovono sulla tastiera del computer che emerge a tratti durante la nostra conversazione, lasciano pensare a una donna impegnata che, a seguito dell’ordine di shelter-in-place dato dal Governatore Newsom in California, passa le ore lavorative nel salotto di casa sua davanti allo schermo del computer parlando ad alta voce con interlocutori sparsi per gli Stati Uniti o nel resto del mondo, come nel mio caso.

Il 20 marzo 2020 il governatore del cosiddetto Golden State (in riferimento al periodo, a metà dell’800, in cui lo Stato era meta della “corsa all’oro”) ha emanato un ordine di shelter-in-place:

«significa che non si può uscire eccetto che per fare la spesa, aiutare qualcuno che ha bisogno o per fare benzina. Ma a parte questo è meglio restare a casa e non assembrarsi» spiega Garcia.

Il governatore Newsom è stato spinto a questa decisione dopo che alcune previsioni hanno riportato come il 56% della popolazione dello Stato– 25 milioni e mezzo di persone- potrebbe venire infettato nel giro di due mesi dal nuovo Covid-19.

Al 29 marzo 2020 i casi accertati di Coronavirus in California sarebbero 4.643 e ci sarebbero 101 morti.

«La California sta rispondendo in modo molto progressista alla diffusione del Coronavirus. Abbiamo infatti anticipato tutti gli altri Stati nel prendere misure come lo shelter-in-place, dicendo alle persone di lavorare da casa e praticare il social distancing, ovvero non assembrarsi o fare feste o altre cose del genere» dice Garcia, ma la cosa non sorprende visto che lo Stato è considerato il più progressista dell’Unione in una varietà di temi, soprattutto in materia ambientale, ed è particolare sotto vari punti di vista.

Ha una superficie circa del 40% più grande di quella italiana, un PIL superiore a quello dell’intera Finlandia o Arabia Saudita e nella sua Silicon Valley hanno sede alcune delle maggiori e più prestigiose aziende al mondo che producono la tecnologia da cui dipendiamo ogni giorno: Apple, Amazon, Facebook, eBay, Google, LinkedIn, Intel, Adobe, Tesla, Visa, Yahoo!, Netflix, PayPal, Xerox, Microsoft.

La sola Apple contribuisce ogni anno al bilancio californiano per oltre 200 miliardi di dollari, l’equivalente del PIL della Grecia.

«Politicamente [la California] è più progressista, più liberale. Siamo persone a cui piace stare all’aria aperta e interessate a combattere il cambiamento climatico, cosa a cui alcune persone in altre parti del Paese sono meno interessate o non la ritengono vera.

Spesso dicono che la California è uno stato d’animo oltre che uno Stato. Lo stato d’animo è quello dell’innovazione e dell’ottimismo e di stare all’aria aperta per godersi le spiagge e le montagne e i bei paesaggi che abbiamo qui. Quindi politicamente siamo più che altro ambientalisti, in più questo è un luogo dove la gente ha provato, creato e inventato molte delle tecnologie che alla fine sono diventate globali».

D’altra parte Garcia riconosce come il cuore pulsante in termini economici e d’innovazione del Paese, la Silicon Valley, sia proprio la parte della California che, nonostante l’impatto negativo della pandemia, ha comunque ampi margini di guadagno durante questa crisi:

«Per esempio, io e il mio staff è la seconda settimana che lavoriamo da casa, per cui abbiamo ogni giorno riunioni su Zoom, io e te in questo momento stiamo parlando su Whatsapp, in più usiamo tutti Slack. La tecnologia è molto utilizzata e sta avendo una grande espansione in questo periodo» – e aggiunge ridendo- «certo Internet ha avuto molti alti e bassi, vorrei fosse un po’ più stabile se dobbiamo andare avanti così!»

L’altra grande particolarità dello state of mind californiano è l’ambientalismo che si palesa, fra le altre cose, anche nelle frequenti lotte con il governo federale di Donald Trump riguardo agli standard per le emissioni dei veicoli a motore. Newsom e Trump si sono spesso scontrati sulle tematiche ambientali e sulla gestione delle foreste californiane che ogni anno, nella stagione estiva e autunnale, vengono divorate da violenti incendi.

https://twitter.com/realDonaldTrump/status/1190995034163892226

Il più letale incendio nella storia dello Stato, che ha mietuto 86 vittime ed è ancora impresso nelle menti e nei cuori dei californiani, è il Camp Fire, originatosi nella cittadina di Paradise nel novembre 2018. A causa del Camp Fire sono andati bruciati 600 km2 di territorio con danni per oltre 15 miliardi di dollari.

Quanto al fenomeno degli incendi, la Garcia, essendo cresciuta in California, ha un bel po’ da raccontare:

«Abbiamo avuto molti più anni cattivi, rispetto agli incendi, negli ultimi 5 anni che in passato, almeno a quanto ricordi io. Una delle ragioni è sicuramente il cambiamento climatico. Con l’aumento della temperatura le piante e gli alberi diventano più secchi e bruciano più facilmente. A ciò si aggiungono venti molto forti che creano i cosiddetti “vortici di fuoco”, che sono difficili da domare e davvero spaventosi. Non è vero dunque quello che dice il presidente Trump» aggiunge ridendo fragorosamente «che i californiani non sanno rastrellare le foglie nelle foreste!».

Il riferimento è a una famosa uscita di Trump durante un sopraluogo dei territori devastati dal Camp Fire: «Gli altri Paesi fanno diversamente. È tutta un’altra storia» e, riferendosi al modo in cui in Finlandia si prendono cura delle foreste, avrebbe detto «i funzionari lì rastrellano e puliscono le cose, e non hanno problemi!». Sempre nella stessa occasione avrebbe poi confuso il nome della città dove si è originato il Camp Fire, chiamandola “Pleasure” anziché Paradise.

Sul finire della nostra telefonata Dawn Garcia assume un tono di voce più pacato e riflessivo e, probabilmente pensando alla bellezza della sua terra natale, si abbandona a una riflessione:

«Vorrei dire soltanto che uno degli aspetti positivi riguardanti il clima in questo periodo in California è che ci sono meno automobili in giro e così l’aria è incredibilmente dolce e quando cammino all’aperto mi ricorda di quando ero bambina. Abbiamo molti alberi da frutto in questa zona e i fiori stanno sbocciando in questo periodo, come pop-corn sugli alberi, e hanno un odore magnifico. E quando cammini, nell’aria non c’è più l’odore delle macchine, ma profumo di fiori».

Foto in evidenza di patrick Blaise da Pixabay