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Esclusiva

Aprile 13 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 15 2020
Coronavirus alla sbarra. Lo scandalo Trivulzio e le implicazioni giuridiche

La clinica milanese di nuovo al centro delle polemiche. Gli esperti: «Giustizia per vittime e medici esposti al rischio contagio». Gli scenari legali

L’epidemia finisce in tribunale. Lo scontro nelle istituzioni va avanti a colpi di polemiche e sospetti, con sindaci e governatori sul piede di guerra. Medici e avvocati si preparano alla battaglia legale, la politica e gli esperti si interrogano su come tutelare il personale sanitario e i cittadini. I familiari delle vittime chiedono giustizia. La norma di riferimento è principalmente l’art. 590sexies del Codice Penale, che disciplina la responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario. Il medico non è punibile per questi eventi avversi se ha agito nel rispetto delle “linee guida”, ponendo in essere le “buone pratiche clinico-assistenziali”. La responsabilità sussiste anche per negligenza o imprudenza.

«Di fronte a una malattia come il Covid-19, riconoscibile da sintomi sufficientemente noti e accertabile con un tampone affidabile, mentre un eventuale errore diagnostico non sembra possa rientrare nei casi di non punibilità, mancano ancora delle “Linee Guida” sia in ambito di diagnosi che di trattamento». A dirlo è Federica Brondoni, Senior Associate presso Giambrone Studio Legale Internazionale, dove si occupa del contenzioso, con particolare riferimento alla responsabilità civile (anche sanitaria).  

Scandalo Trivulzio
Il tribunale di Milano. Photo credits: ANSA

Un soggetto può richiedere un risarcimento per malasanità se ha subito un danno alla salute imputabile a coloro che operano presso una struttura ospedaliera (a qualsiasi titolo) o alla struttura stessa, privata o pubblica.

Molti enti, come la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri e la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, hanno chiesto emendamenti al Decreto Cura Italia. Obiettivo, mitigare la responsabilità penale dei sanitari.

L’emergenza ha colto tutti di sorpresa. «Spesso i protocolli emessi si sono rivelati inadatti, talvolta sono stati consapevolmente violati dal personale medico, pur di evitare danni ulteriori alle vittime. Il che non parrebbe censurabile se si pensa al sacrificio a cui si stanno sottoponendo, anche a rischio della propria vita e in condizioni di lavoro terribili. È possibile però che si siano verificati errori colpevoli, anche rilevanti» continua Brondoni. 

Mascherine

Finita la crisi, gli studi legali avranno un gran da fare. Secondo l’avvocatessa, «tra le cause da aspettarsi ci sono anche quelle intentate da dottori e infermieri, costretti a lavorare senza le dovute precauzioni. Da un punto di vista medico-legale, però, è presto per trarre delle conclusioni. Ciò non toglie che, quando l’emergenza sarà passata, chi ha subito un danno a causa di una grave colpa da parte dei sanitari, dovrà avere il pieno diritto di ottenere giustizia».

La richiesta di risarcimenti «potrebbe comportare ingenti esborsi da parte del SSN anche in relazione a una incongrua copertura assicurativa, conseguenza dell’imprevedibilità dell’evento patologico e della mancanza di tempo per procedere ai necessari adeguamenti contrattuali. In realtà alcune società assicurative stanno proponendo simili modifiche, ma estenderle a tutti gli interessati potrebbe risultare difficile. Si potrebbero verificare ritardi e molte strutture, sperando in un rapido superamento dell’emergenza, potrebbero non tutelarsi in modo opportuno». Così Mario Pergolini, internista e medico del lavoro, già docente di Medicina Interna e Promozione della Salute e Sicurezza all’Università La Sapienza di Roma e membro della fondazione UniRoma1. 

Il problema è serio e non va sottovalutato. «Se si verificasse un ricorso generalizzato alla richiesta di indennizzo, avviando procedure giudiziarie nei confronti di sanitari operanti nelle strutture in cui il numero dei decessi è stato sfortunatamente elevato, si può facilmente capire quali saranno le conseguenze. A tutela della tenuta del nostro SSN e del singolo soggetto, eventualmente citato penalmente, si potrebbe prevedere una moratoria che, partendo dal riconoscimento della eccezionalità e della imprevedibilità dell’evento pandemico, giustificasse il verificarsi di eventi estremi certamente non voluti e imprevisti, seppur legati al ritardo umano nell’approccio corretto alla pandemia» commenta Pergolini.

Scandalo Trivulzio

Secondo il medico, si potrebbe optare per uno scudo sociale con ampie garanzie: «Chi oggi è trattato come un eroe non dovrebbe essere oggetto di indiscriminate azioni legali quando verranno ripristinate condizioni di vita normali, a meno che non si riscontrino delle colpe specifiche».

Il rischio di una protesta da parte del personale sanitario c’è, da qui la necessità di una tutela. «Non va dimenticato che questi operatori hanno dovuto agire, almeno nelle fasi iniziali, in carenza di adeguati dispositivi di protezione individuale di fronte a un elevato rischio biologico, con alta probabilità di contagio (si consideri l’elevato numero di decessi registrato tra i sanitari). Potrebbero venir meno le forti motivazioni di questo “eroismo professionale” e nello stesso tempo si potrebbero innescare meccanismi difensivistici, a scapito della qualità assistenziale».

Nel frattempo, un’ombra di scandali si staglia sulla Lombardia. Per il Pio Albergo Trivulzio la storia potrebbe ripetersi. Nel 1992 l’arresto di Mario Chiesa, presidente della struttura, aveva contribuito a scoperchiare un vaso di Pandora fatto di imprenditori e politici collusi. La Tangentopoli che ne seguì sancì il crollo della Prima Repubblica. 

Scandalo Trivulzio
Il bollettino del Trivulzio del 4 marzo 2020

La Procura di Milano ha aperto un’indagine nei confronti della casa di cura, che si occupa soprattutto di assistenza agli anziani. L’accusa è di aver omesso a ospiti e personale sanitario la presenza del Covid-19 nella clinica e di aver poi nascosto le vittime alle autorità. 

Le analogie con il processo di ventotto anni fa continuano. Il primo indagato è proprio il presidente del Trivulzio, Giuseppe Calicchio, colpevole secondo i magistrati di epidemia colposa e omicidio colposo. Gli investigatori chiariranno se l’azienda ospedaliera fosse davvero in grado di «costituirsi quale Centrale unica regionale dimissione post ospedaliera», quale era stata designata nelle prime fasi dell’emergenza.

È il 4 aprile. Sulle colonne di Repubblica compare un’intervista di Gad Lerner a Luigi Bergamaschini. Il medico denuncia di essere stato esonerato dal servizio il 3 marzo. La sua colpa? Aver autorizzato l’uso delle mascherine da parte di medici e infermieri, contribuendo a terrorizzare i pazienti. La testimonianza, poi l’apertura del fascicolo. La direzione sanitaria annuncia una diffida nei confronti del quotidiano: i decessi del trimestre sarebbero compatibili con quelli dell’anno precedente. Secondo Il Messaggero, le anomalie potrebbero riguardare anche i referti e le menzogne ai familiari degli ospiti.

Il personale sanitario non ci sta e si difende con una lettera, pubblicata dall’agenzia di stampa Adnkronos: «Come operatori della struttura siamo indignati. Lamentare una presunta macchinazione ai danni dei pazienti che ci vedrebbe implicitamente coinvolti […] riteniamo sia di una gravità inaudita e ci sconforta profondamente. […] Anche oggi vorremmo poter dedicare tutte le nostre energie ai nostri pazienti e invece ci troviamo subissati da telefonate dei loro parenti, allarmati per quanto hanno letto». 

Sarà una commissione di inchiesta ad accertare le responsabilità del Trivulzio. Tra i partecipanti, il Comune di Milano e una vecchia conoscenza della struttura. Si tratta di Gherardo Colombo, il magistrato che trent’anni fa, come membro del pool di Mani Pulite, travolse le istituzioni partendo proprio dalla casa di cura milanese. Il Ministero della Salute, intanto, invia gli ispettori, mentre la Guardia di Finanza acquisisce documenti negli uffici regionali per fare chiarezza.

I Sindaci di Bergamo, Brescia, Cremona, Lecco, Mantova, Milano e Varese rivolgono le seguenti domande al Presidente…

Geplaatst door Beppe Sala op Woensdag 1 april 2020

Regione Lombardia e amministratori locali arrivano allo scontro. Sette sindaci, tra cui Giuseppe Sala (Milano) e Giorgio Gori (Bergamo), tutti del Partito Democratico, inviano una lettera al governatore Attilio Fontana. È il 1 aprile e si cercano spiegazioni sulla disponibilità di mascherine e dispositivi di protezione individuale (Dpi) e sulle misure a tutela del personale sanitario e delle case di riposo. Dubbi anche sulle procedure di somministrazione dei tamponi e sulla sperimentazione di nuove forme di test. Fontana affida a Facebook la sua replica: i comuni stanno facendo «bieca speculazione politica» e la loro condotta è «irresponsabile».

❌❌❌ Rispondo alle domande dei sindaci di Bergamo, Brescia, Cremona, Lecco, Mantova, Milano e Varese. Cari…

Geplaatst door Attilio Fontana op Donderdag 2 april 2020

La polemica infuria anche a livello nazionale. «Se la Lombardia avesse voluto, avrebbe potuto fare di Alzano e Nembro zona rossa», si legge in una nota del 6 aprile firmata da Giuseppe Conte. Nessun intento provocatorio, ha poi precisato il Presidente del Consiglio. Fontana risponde con tono piccato: «Non ritengo che ci siano delle colpe in questa situazione […]. Ammesso che ci sia una colpa, […] è di entrambi». 

«Fanno lavorare gente con la febbre e nascondono le tac. Qui se fanno i tamponi siamo tutti positivi e devono chiudere». Sono le parole di un uomo che lavora al Trivulzio, contenute in un audio che Repubblica è riuscita a ottenere. Nelle residenze sanitarie assistenziali lombarde i decessi sono quasi il 20% del totale regionale. Numeri alti, destinati ad aumentare. Così come i toni della polemica.