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Esclusiva

Aprile 13 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Maggio 13 2020
«Perché non posso uscire?» L’Alzheimer nei giorni di quarantena

Nino soffre di demenza, come lui più di un milione e duecentomila persone in Italia. In oltre il 50% dei casi la causa è l’Alzheimer. In quarantena lo stato di molti pazienti si è aggravato, il cambiamento del mondo intorno ha causato disorientamento e spezzato la loro indispensabile routine

«Perché le persone hanno un cappello davanti alla bocca?» ha chiesto Nino a suo nipote dopo essersi affacciato alla finestra. «È la mascherina nonno. Dobbiamo metterla per la nostra salute perché l’aria è malata». Leonardo, detto Nino, ha 80 anni, gli occhi piccoli e la risposta sempre pronta: «ah la mascherina… l’avevo in tasca ma ora non c’è più». Alza le spalle mentre parla.

Difficoltà Alzheimer quarantena
Foto di Massimo Pellone

Da quando è morta sua moglie, cinque anni fa, Nino vive da solo, cavandosela. Nel frattempo, però, è arrivata la malattia di Alzheimer, la causa più comune di demenza. «Prima del lockdown – racconta la figlia Anna che lo accoglie in casa sua durante il giorno – Nino passeggiava per ore ed ore lungo il paese, percorreva la strada che arriva fino al palazzo dove vivono i miei fratelli, raggiungeva l’abitazione della sorella e si dirigeva verso il bar a prendere il caffè». Da quando è iniziata la quarantena il suo ritmo è sconvolto. Ha perso i punti di riferimento spaziali e temporali, non ha più una routine. «Sto facendo conti, i soldi sono pochi – risponde senza esitazione al nipote che lo osserva incuriosito – devo fare domanda per andare via dall’Italia». La mente di Nino non è nel salone di casa di Anna, è tornata a tanti anni fa. Si sente di nuovo un ragazzo e ricorda quando andò via dal suo paese per cercare un buon lavoro e mantenere la famiglia.

Difficoltà Alzheimer quarantena
Foto di Massimo Pellone

Demenza è il termine usato per descrivere il processo degenerativo che colpisce le cellule cerebrali e provoca l’alterazione progressiva di alcune funzioni come la memoria, il pensiero, il linguaggio, l’orientamento ed i comportamenti quotidiani. «La demenza non ha confini socio-economici, etnici o geografici» dice la dottoressa Francesca Arosio, psicologa della Federazione Alzheimer Italia. «Si stima che nel nostro paese ne soffrano circa un milione e duecentomila persone e nel 50 percento dei casi è causata dall’Alzheimer. Sono trascorsi più di cento anni da quando lo psichiatra e neuropatologo tedesco Alois Alzheimer descrisse la malattia ma è ancora difficile comprendere le cause. Si concatenano una serie di fattori e la diagnosi è un percorso complesso».

Il dottore Antonello D’Attoma, medico neurologo, spiega che i pazienti che soffrono d’Alzheimer vivono di distorsioni visive e allucinazioni. Sono figure da curare con attenzione, soprattutto in questo periodo, perché comprendono con difficoltà la gravità della situazione in cui si trovano. A causa del deterioramento della memoria a breve termine chiedono continuamente che venga spiegato loro perché il mondo di questi giorni appare diverso da quello a cui sono abituati. «Il decadimento cognitivo dei pazienti rende più ardua la comprensione dell’elevata possibilità di essere contagiati dal Covid19: la realtà è troppo complessa per essere pienamente compresa da chi soffre di Alzheimer. 
Inoltre, è molto frequente il fenomeno del wandering, la necessità di vagabondare per le strade. Impedirlo è un’ulteriore fonte di sofferenza per i pazienti».

Difficoltà Alzheimer quarantena
Foto di Massimo Pellone

Anna accompagna Nino ogni giorno a fare brevi passeggiate intorno a casa. È permesso uscire a tutti coloro che soffrono di demenza ed ai loro accompagnatori. «Ma a volte mio padre si spaventa perché non vede nessuno lungo le strade – racconta mentre un accenno di sorriso le addolcisce il volto – “Il tempo è cattivo, dobbiamo andare” mi dice deciso, ma il suo sguardo resta perso nel vuoto».

Per la dottoressa Arosio uscire, fare ginnastica, svolgere attività per attivare la memoria, come riprendere fotografie ed oggetti del passato o cantare vecchie canzoni, sono azioni utili per aiutare chi soffre di demenza. L’irritabilità dei pazienti è spesso dovuta al fastidio per la mancata comprensione della realtà, perché scompaiono dalla mente informazioni che sarebbero importanti per capire cosa sta succedendo. Il tramonto è uno dei momenti peggiori: l’atmosfera in casa prima di accendere la luce si fa fioca ed il disorientamento cresce. Potrebbe bastare una passeggiata per liberare la mente di chi soffre di Alzheimer dalla confusione e riportare la tranquillità.

Difficoltà Alzheimer quarantena
Foto di Massimo Pellone

Nino non sembra diverso dal solito mentre chiacchiera con il nipote ma la quarantena sta aggravando il suo stato. «Ha perso il senso del tempo e dello spazio e le allucinazioni sono più frequenti: il caffè dopo pranzo diventa la colazione, cammina per casa raccogliendo verdura come se fosse in un campo e borbotta mentre cerca tra i cuscini del divano oggetti che dice persi ma che non ha mai tenuto in mano. Questi momenti prima erano sporadici, adesso sono all’ordine del giorno. Ogni tanto cerca mia madre ed io con un nodo alla gola devo ripetergli che non c’è più». Anna abbassa lo sguardo mentre racconta.  A volte chi soffre di demenza manifesta tratti di aggressività e non è semplice per coloro che se ne prendono cura mantenere solida la consapevolezza e soddisfare appieno le esigenze di persone vulnerabili.
«In questi mesi di isolamento abbiamo ricevuto molte chiamate di familiari preoccupati e stanchi che non sapevano come comportarsi di fronte alla mancata comprensione della realtà e a gesti di nervosismo immotivato. Sono rimasti da soli, noi abbiamo fatto il massimo per dare loro assistenza a distanza» dice la dottoressa Arosio.

Dopo cena Nino deve tornare a casa sua a dormire. Indossa il berretto, la giacca e la mascherina ma ogni volta, prima di uscire, si blocca sulla porta e dice «Che fate allora? Restate a dormire da me stasera?». È convinto di essere già nella sua abitazione e che sono i figli ed i nipoti ad essere ospiti. «Il problema, paradossalmente, sarà dopo – riflette Anita – noi dovremo tornare al lavoro e romperemo di nuovo la sua quotidianità».