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Esclusiva

Aprile 22 2020
«Sensibilizzare i dipendenti per lavorare in sicurezza», così Burioni aiuta il made in Italy

Gucci e Ferrari sono due delle aziende che si sono avvalse della consulenza di Roberto Burioni per proteggere i dipendenti dal rischio di contagio. Kit, questionari, auto aziendali da una parte. Test sierologici, app per il contact tracing e assistenza medica dall’altra.

Conciliare la ripresa del lavoro con la tutela della salute dei dipendenti. È la sfida delle prossime settimane. Grandi marchi del made in Italy hanno iniziato ad attrezzarsi con misure di sicurezza specifiche per integrare il “Protocollo” dello scorso 14 marzo che già prevede distanziamento, sanificazione, kit specifici e misura della temperatura per i lavoratori.  

Gucci e Ferrari si sono avvalse della consulenza di esperti e virologi. Tra questi, Roberto Burioni, professore di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. 

Contattato da Zeta, il professor Burioni ha premesso che le misure adottate sono diverse da azienda a azienda. «Noi puntiamo alla sensibilizzazione dei dipendenti perché possano prendere tutte le precauzioni per lavorare in sicurezza. In certi casi si prevedono anche i test sierologici».

Kit, questionari e auto aziendale. Così riparte Gucci

Il primo a riaprire i battenti, lunedì 20 aprile, è stato il laboratorio di Gucci a Scandicci, in provincia di Firenze. A riprendere le attività è stato l’ArtLab, che realizza prototipi e campioni per le scarpe e le borse. 

«Azienda e sindacati hanno lavorato insieme per l’istituzione di un comitato di sicurezza e la sottoscrizione di un protocollo di sicurezza, realizzato con la consulenza di Roberto Burioni», ci spiega Massimo Bollini, segretario del sindacato Filctem Cgil Toscana. I lavoratori coinvolti sono al momento 120 degli oltre 1600 dipendenti di Gucci nella cittadina toscana. 

«All’ingresso gli infermieri misurano la febbre, prima di entrare ciascun lavoratore è chiamato poi a compilare un questionario di autovalutazione con domande mediche: se ha avuto febbre, diarrea, spossatezza, perdita dell’olfatto e del gusto».

Tutti i giorni viene consegnato un kit con gel, guanti, occhiali protettivi e 3 mascherine da cambiare ogni 4 ore. Ogni reparto ha un percorso a sé stante, i dipendenti lavorano a 1,80 m. di distanza l’uno dall’altro. In mensa, ciascun lavoratore ha un proprio tavolo, a seconda del reparto di riferimento. Per chi non sa come arrivare a lavoro, Gucci mette a disposizione un’auto aziendale che trasporta un solo dipendente alla volta. È l’azienda a pagare per tutto. 

«È un protocollo che gestisce ogni minuzioso aspetto. Come sindacato chiediamo che le aziende madri vigilino affinché anche le aziende più piccole della filiera rispettino quanto meno i protocolli nazionali vigenti». 

«Sensibilizzare i dipendenti per lavorare in sicurezza», così Burioni aiuta il made in Italy

Test, App e assistenza sanitaria. La strategia di Ferrari

Gli stabilimenti di Maranello e Modena, dove circa 4000 persone lavorano per realizzare le fiammanti Ferrari, riapriranno con molta probabilità dopo il 3 maggio. Il progetto “Back on Track”, messo in campo per ricominciare in sicurezza, nasce dalla collaborazione di Ferrari con un pool di esperti ed è patrocinato dalla regione Emilia Romagna. Oltre a potenziare il protocollo nazionale, l’azienda realizzerà test sierologici (con un prelievo di sangue) per monitorare lo stato di salute dei lavoratori. In un secondo momento il test sarà effettuato anche sui fornitori e sui familiari dei dipendenti.

I lavoratori positivi al coronavirus potranno ricevere assistenza da medici e infermieri pagati dall’azienda. Ferrari metterà a disposizione una struttura apposita per passare la quarantena in sicurezza. 

Finora sono stati già eseguiti circa 500 test sierologici. Per il 4 maggio l’azienda prevede di testare tutti i dipendenti. Il personale potrà infine scaricare volontariamente una App per tracciare i contagi. Per chi non vorrà seguire tutte queste misure non dovrebbero esserci conseguenze o provvedimenti alternativi. Contattata da Zeta, l’azienda assicura tuttavia che al momento c’è stata grande collaborazione da parte dei lavoratori.