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Esclusiva

Dicembre 6 2021.
 
Ultimo aggiornamento: Dicembre 22 2021
Martina Ucci

Il primo giorno di Erasmus a Parigi, Martina Ucci ha fatto cadere le chiavi di casa nella tromba dell’ascensore. La coinquilina era in vacanza e lei si è ritrovata a vivere con una sconosciuta per dieci giorni.

“Sono cresciuta in una famiglia allargata, con sei sorelle e quattro fratelli acquisiti. E forse da qui nasce la mia disorganizzazione e il caos col quale convivo”. Martina riserva bellissime parole per il suo nucleo familiare. “Penso che i miei genitori abbiano realizzato l’atto di altruismo più grande, scegliendo di vivere con le famiglie dei loro amici di sempre”. Cresciuta in questa piccola comunità nella campagna bolognese, ha capito che cosa significa amare come fratelli persone con cui non condivide legami di sangue. Un’esperienza di vita, che ha reso la sensibilità un suo tratto distintivo.

Martina Ucci

L’attenzione e la cura che rivolge agli altri trovano spazio anche nello scoutismo e nelle attività di volontariato cui si è dedicata negli scorsi anni. “Loro mi hanno aiutata più di quanto li abbia aiutati io”. Perché il tempo trascorso in Africa, nelle mense, nei centri di accoglienza e a contatto con il mondo della prostituzione le ha permesso di toccare con mano delle realtà che altrimenti non avrebbe conosciuto e di capire qual è il suo obiettivo nella vita. Raccontare le storie di chi non ha i mezzi per farlo da solo.

L’idea di intraprendere un “servizio civile” è nata durante gli anni del liceo, a Bologna. Il clima culturale e politico della città l’ha spinta ad essere curiosa, a prendere consapevolezza di sé come cittadina e a voler trasmettere questa consapevolezza anche agli altri.

“Ho il desiderio di fare un certo tipo di giornalismo. Un giornalismo che sia partecipante”. Conclusione alla quale è giunta anche grazie ai suoi studi universitari in Antropologia Culturale. Ha capito, infatti, che tutto è relativo e che bisogna imparare a vedere le cose da punti di vista diversi dal proprio, per poterle comprendere davvero.

Martina vorrebbe abbattere le barriere presenti tra chi vive una storia e chi la racconta. Vorrebbe rimuovere quel filtro, legato a ragioni culturali o al contesto da cui si proviene, che spesso caratterizza la scrittura di alcuni, e immergersi con tutta sé stessa nelle storie che descrive.

A Parigi, ad esempio, ha avuto modo di verificare in prima persona la disgregazione che caratterizza la città. “Ogni volta che prendevo la metro, capivo quale classe sociale mi sarei ritrovata di fronte solo dal colore della linea e dalla condizione dei treni su cui salivo”. E questo, insieme alle manifestazioni dei Gilets Jaune, di cui è stata testimone diretta, ha rappresentato uno dei dati antropologici più interessanti, tra quelli scovati da Martina durante il suo soggiorno parigino. Un’esperienza, che, insieme alle altre della sua vita, la rende in grado di osservare e comprendere ancor meglio le mille sfaccettature della realtà che la circonda.