Attenzione! Questo articolo è stato scritto più di un anno fa!
!
Esclusiva

Dicembre 14 2021.
 
Ultimo aggiornamento: Gennaio 10 2022
Avana, lo spazio di tutti alla Garbatella

La storia dei volontari del quartiere romano che, sfidando la pandemia, hanno costruito un luogo inclusivo all’insegna della città dei quindici minuti

Là dove c’era un magazzino vuoto e abbandonato, ora c’è Avana, spazio inclusivo e polivalente del quartiere Garbatella. Gli attivisti Francesca Zanza e Luciano Ummarino hanno immaginato per quelle stanze spoglie una nuova vita, con l’intento di restituire alla comunità un piccolo cinema di quartiere. L’ultimo, che si chiamava proprio Avana, era stato abbattuto negli anni Ottanta. Per realizzare questo progetto, i volontari si sono messi al lavoro. Alcuni hanno posato il parquet, altri hanno rimesso a nuovo i soffitti con lampade trovate al mercatino dell’usato.

Il periodo non è stato dei più fortunati: l’avvento della pandemia, che ha peggiorato le condizioni economiche e negato la socialità, ha frenato l’entusiasmo del progetto. Tuttavia, spiega il volontario Roberto Moretti, «Il lungo isolamento ha aumentato il bisogno di uscire e ritrovarsi. Abbiamo scoperto che il valore del contatto era fondamentale» .

Avana spazio inclusivo Garbatella

Così si è sviluppata un’idea più ambiziosa, ispirata al concetto della città dei quindici minuti dell’urbanista Carlos Moreno, secondo cui i cittadini devono disporre in massimo un quarto d’ora, a piedi o in bicicletta, di tutti i servizi. Non solo quelli essenziali, ma anche culturali e sociali, per rafforzare il senso di comunità anche nelle grandi città.

Un’esigenza particolarmente sentita nel quartiere Garbatella, sinonimo di collettività vivace, come dimostra la capillare rete sociale che include, oltre ad Avana, anche Casetta Rossa, spazio pubblico autogestito, Casetta Verde, attenta alle tematiche di sostenibilità, e Casetta Solidale, nata durante la pandemia per assistere persone in difficoltà alimentari, psicologiche o legali.

L’estate scorsa la squadra dei volontari di Avana si è rimboccata le maniche, come sottolinea Roberto, senza finanziamenti esterni: «Abbiamo fatto da soli, secondo lo spirito che chi può fare, fa quello che può».

Oggi la comunità partecipa, e finanzia così il progetto. La sala imbiancata di fresco di Avana ospita un cinema, una sala da concerti, una palestra di yoga, un palco di teatro, una parete di arrampicata per bambini, uno spazio di co-working, un laboratorio di fotografia, un caffè letterario e una scuola di danza.

La vocazione di Avana è quella di essere «una comunità nella comunità, uno spazio di riferimento nel quartiere», un punto di incontro e condivisione che accoglie storie diverse. Quella di Gabriele, insegnante di teatro, che condivide i valori di Avana e si identifica «Nell’esperienza dei volontari che con lavoro e fatica hanno piantato un piccolo seme per fare qualcosa per gli altri». Tra le sue allieve anche una professoressa di latino e greco della scuola del quartiere, appassionata di opera.

C’è poi Nadir (nome di fantasia), di origine afghana, che ha conosciuto Avana durante la pandemia, quando ha avuto bisogno di aiuto. Racconta Roberto: «Prima eravamo due cose diverse: il volontario che serviva la cena e l’utente che usufruiva di un servizio. Adesso abbiamo superato quei ruoli, è lui a dare una mano a noi».

Il viaggio di Avana è appena iniziato, e prosegue nella giusta direzione, nella quale uno diventa tutti, e tutti diventano uno, senza differenze.