«Dopo due anni di pandemia mi sento di dire che l’ottimismo razionale dell’Italia è stata la via giusta». Sono di soddisfazione e fiducia le parole di Francesco Vaia, direttore generale dell’Ospedale Lazzaro Spallanzani di Roma, durante la cerimonia indetta per ricordare i due anni dai primi casi di covid in Italia e fare il punto sull’emergenza. Il professore ha poi sottolineato come il lavoro di ricerca di questi due anni sia stato efficace grazie al mantenimento di due libertà fondamentali, la libertà di stampa e di ricerca. Interrogato sull’ondata di Omicron, il professor Vaia si è detto sicuro che il covid si stia trasformando in un virus stagionale, e sarebbe quindi il caso di mettere fine al bollettino giornaliero e concentrarsi solo sui tassi di ospedalizzazione. «Questo però», ha precisato, «a patto di vaccinare tutto il mondo».
Oggi ci sono sorrisi e aria di festa nel cortile dello Spallanzani e i giornalisti che arrivano per la conferenza stampa sono accolti dalla banda dell’Arma dei carabinieri che suona una melodia gioiosa. Un’immagine ben diversa da quella che deve essersi vissuta nell’ospedale romano il 29 gennaio di due anni fa, quando intorno alle 18 giunse ai centralini del 112 una telefonata dall’hotel Palatino di via Cavour, in cui vennero pronunciate due parole che già allora significavano emergenza: “Hubei” e “febbre”. Poco dopo un’unità di biocontenimento sarebbe giunta al pronto soccorso con a bordo i due coniugi cinesi che sarebbero diventati i primi pazienti Covid in Italia. L’ospedale che li ebbe in cura ha voluto organizzare una manifestazione per ripercorrere quegli eventi, mentre la coppia cinese ci ha tenuto a mandare una lettera di ringraziamento a chi la accolse e se ne prese cura, sottolineando che se non si fossero trovati in Italia probabilmente non ce l’avrebbero fatta.
Una celebrazione che da un lato ha voluto ricordare quei momenti che misero per la prima volta in moto la macchina dell’emergenza che nei due anni successivi avremmo imparato a conoscere fin troppo bene, ma dall’altro intende mandare anche un messaggio positivo in vista dei prossimi mesi. «Da “non abbiate paura” a “Primavera di speranza”», recita infatti il cartellone sistemato accanto al tavolo della conferenza.
Alla celebrazione avrebbero dovuto essere presenti anche il ministro degli Esteri Di Maio e quello della Salute Speranza, trattenuti però dalle operazioni di voto per il Presidente della Repubblica. A rappresentare le istituzioni è stato dunque l’Assessore alla Sanità della regione Lazio Alessio D’Amato, che ha voluto ricordare con orgoglio come a Roma vennero messe in moto per la prima volta, un mese prima del lockdown, le attività di contact tracing. «Oggi invece», ha dichiarato l’assessore, «è lo stesso Spallanzani a lanciare un messaggio di speranza». Da qui anche la richiesta delle Regioni di allentare le restrizioni e snellire le procedure di isolamento, almeno per i vaccinati con terza dose. «Sono sicuro che nei prossimi giorni si andrà in questa direzione», ha aggiunto l’Assessore, pur ammettendo che lo stallo sul Quirinale ha ritardato le decisioni politiche in merito. «Ma il lavoro dei tecnici non si è mai fermato», ha concluso.
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La giornata di festa si conclude con i medici dello Spallanzani schierati tutti insieme, come li volle il premier Draghi al G20 di Roma, e la banda che suona l’inno di Mameli. Ma a ricordarci che l’emergenza non è ancora conclusa sono le continue sirene delle ambulanze in arrivo, che sembrano volersi unire alle note dell’orchestra.