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Esclusiva

Febbraio 1 2022
«Ora va cambiata la legge elettorale» Intervista a Roberto D’Alimonte

«Il metodo per l’elezione del sindaco è quello vincente» parla il docente Luiss e fondatore del Cise

«Bisogna modificare il sistema elettorale». É deciso, il professor Roberto d’Alimonte, all’indomani della rielezione a Presidente della Repubblica di Sergio Mattarella. «La legge dovrebbe assomigliare al sistema elettorale dei comuni» afferma nell’intervista a Zeta, commentando l’attuale scenario politico.

Centrodestra e centrosinistra non sembra saranno più gli stessi. Cosa succederà ora?

«Viviamo un momento di incertezza. Qualcuno dice che le coalizioni scompariranno, ma questo non è detto. Lo faranno solo se il sistema elettorale verrà modificato. Se, come molti vogliono, si passa a un proporzionale, allora le coalizioni scompariranno. Se invece rimane l’attuale sistema elettorale, quindi il rosatellum, non penso che smetteranno di esistere. Potranno cambiare nella composizione e nel numero ma non spariranno.»

Il centrodestra diceva di avere i numeri, i fatti lo hanno smentito. Può ora Giorgia Meloni considerarsi il nuovo leader dello schieramento?

«Come ho detto nel mio intervento sul Sole 24 ore, il centrodestra non aveva i voti, ma non sono stato creduto. Giorgia Meloni non può ancora aspirare ad essere il nuovo personaggio aggregatore del centrodestra, di nuovo tutto dipenderà dal sistema elettorale. Con un sistema elettorale maggioritario è possibile, mentre con un sistema elettorale proporzionale è certo che la Meloni non sarà premier.»

Enrico Letta, segretario Pd, ha adottato una strategia difensiva. Può essere considerato un vincitore strategico?

«Per Letta, in realtà, la prima scelta era che Draghi andasse al Quirinale. Mattarella è un second best anche per il Pd. Il segretario dem si è comportato bene, perché, come è nella sua natura, ha temporeggiato. In questo caso giocare in difesa è stata una mossa vincente.»

L’esito delle elezioni al quirinale può influenzare il dibattito sulla legge elettorale?

«Adesso si apre un dibattito sulla riforma elettorale. Molti pensano che questo sistema elettorale non vada bene. In effetti non è un buon sistema elettorale ma, a mio parere, ce ne possono essere di peggio. La mia preferenza sarebbe avere un sistema elettorale simile a quello dei comuni. In quel caso i sindaci vengono eletti direttamente dai cittadini e al sindaco viene garantita nella maggior parte dei casi una maggioranza nel Consiglio. Il sindaco può essere sfiduciato dal Consiglio e, se succede, si torna a votare immediatamente. Questo modello favorisce la stabilità dell’esecutivo e la rappresentatività del Parlamento.»

È necessaria una riforma costituzionale che regoli la rieleggibilità del Presidente della Repubblica?

«No, io preferisco che rimanga flessibilità su questo punto. Ci sono delle situazioni in cui, avendo la possibilità di rieleggere il Presidente, sblocchiamo situazioni di stallo. Si può immaginare di ridurre la durata del mandato del Presidente, da sette a cinque anni, ma restando fermo che possano essere rieletti.»

È davvero tornato centrale il ruolo dei singoli parlamentari a dispetto dei leader di partito?

«Questo è vero, ma alla fine i parlamentari hanno votato come i leader hanno detto loro. Quando è stato detto «votate Mattarella», i parlamentari lo hanno fatto. Alla fine, nonostante tutto, la disciplina di partito c’è stata.»

Centrale nel dibattito, fino a pochi giorni dalla fine, è stato il possibile trasferimento di Mario Draghi da Palazzo Chigi al Quirinale. Che cosa dobbiamo aspettarci ora?

«Draghi continuerà il suo lavoro. Qualcuno dice che, dopo la brutta figura che hanno fatto la maggior parte dei partiti, ad esempio il Movimento 5 stelle, il premier avrà più spazio di manovra. È possibile, dobbiamo aspettare. Io credo che il governo continuerà fino alla scadenza della legislatura.»

«Avere una legge elettorale che garantisca governabilità e rappresentatività, questa è l’urgenza del Paese». Un’impellenza resa ancora più evidente dagli eventi dell’ultima settimana. Le elezioni del Presidente della Repubblica pongono di fronte a un bivio: o si passa al proporzionale consapevoli che la configurazione attuale dei partiti in coalizioni esploderà o si fa una legge elettorale che garantisca stabilità al governo.