Attenzione! Questo articolo è stato scritto più di un anno fa!
!
Esclusiva

Febbraio 24 2022.
 
Ultimo aggiornamento: Febbraio 28 2022
«Forse sarà la mia ultima settimana di vita». Voci dall’Ucraina

Le testimonianze degli ucraini nel giorno in cui si sono svegliati sotto i bombardamenti

«Ho consegnato le mie dimissioni a partire da oggi, perché ho capito che potrebbe essere l’ultima settimana della mia vita». David, project manager per una compagnia IT, vive a Nova Kakhovka la più grande città al confine con la Crimea, caduta nel pomeriggio in mano russa dopo almeno «15 bombardamenti aerei». Inizia con questa tragica consapevolezza la sua giornata e quella di tanti altri ucraini.

Un risveglio, quello del 24 febbraio, che ha il sapore dell’angoscia dopo il rapido degenerare delle circostanze che, la notte scorsa, ha portato all’attacco frontale di Mosca a Kiev. A soli 10 km dalla prima più potente esplosione, David capisce che la sua vita «sarà divisa per sempre da un ‘prima’ e ‘dopo’». Così, dopo l’alternarsi delle dichiarazioni di Putin e Zelensky durante la notte e il fischio sinistro delle sirene all’alba, inizia un nuovo modo di scandire le ore per gli ucraini.

Una pioggia di bombe, raffiche di spari e il rombo degli aerei militari sulle loro teste. «Attaccano da nord e da sud, la situazione è molto pericolosa. Tutte le strade sono occupate, mia cugina voleva scappare e raggiungere la Dacia, ma non è riuscita a lasciare la città. Siamo chiusi in casa e non so nemmeno se avere paura. Per le strade di Kiev non c’è nessuno». Viacheslav nonno di Valentino, uno studente italo-ucraino, racconta così dell’avanzata russa nel Paese e della preoccupazione dei cittadini.

Leggi anche: Ucraina, così è iniziata l’invasione

Kiev, Odessa, Kharkiv, Ivano-Frankivsk, Kramatorsk, Dnipro, Mariupol subiscono l’offensiva di Mosca. Con i soldati avanza anche la paura, che spinge i cittadini a preparare la fuga o a rifugiarsi in luoghi sicuri. Come Alina, studentessa dell’Università di Bologna che ha comunicato con questo messaggio la sua assenza alla lezione online di italiano: «Non sarò presente alla lezione di oggi. Sono ucraina e gli aeroporti vicino a casa mia sono stati bombardati, stiamo andando a nasconderci nei rifugi sotterranei»

«La gente ha paura. Fino a ieri non c’era il panico. Le colonne di macchine in fuga da Kiev adesso sono spiegabili». Così Oles Horodetskyy, presidente dell’Associazione Cristiana degli Ucraini in Italia, secondo cui «anziane, donne e bambini vanno evacuati». A Sumy, nel nord del paese, la direttrice di un orfanotrofio cerca di mettere in sicurezza i bambini che la struttura ospita: «tutte le borse sono già preparate per qualsiasi evenienza. I bambini hanno cibo, acqua e attendono istruzioni per l’evacuazione».

Ma non tutti pensano a scappare. «La mia famiglia resta a Kiev e per il momento non ha intenzione di muoversi» racconta Oksana Amdzhadin, incaricata di affari esteri presso l’Ambasciata Ucraina in Italia, «la pace è molto più difficile ora. Abbiamo speranza, ma capiamo che dobbiamo essere forti, dare una risposta altrimenti le conseguenze peggiori saranno solo rimandate. Il presidente russo ha pronunciato la sua ostilità a tutta la politica dei paesi baltici». A chi fugge si contrappone, dunque, chi sceglie di rimanere in patria a combattere. La fierezza con cui gli ucraini intendono difendere il paese, è trasversale a giovani e anziani. David, dopo le dimissioni, non ha dubbi su cosa farà della sua vita di ventiseienne: «La libertà ha un costo. Non condanno chi decide di lasciare il paese ma io insieme a molti altri sono pronto a combattere. Chi se non i cittadini ucraini possono lottare per il paese?».

Anche la madre di Irina nonostante l’età avanzata non ha intenzione di andarsene: «Vivo in Italia da tanti anni, torno regolarmente per andare a trovare i miei parenti. Mia madre è sempre rimasta in Ucraina non ha mai fatto neanche il passaporto. Nemmeno adesso che le bombe cadono intorno a Kiev». Suo figlio Anatoliy, invece, «è con la moglie incinta che potrebbe partorire da un momento all’altro». Sotto la pioggia di bombe la speranza di una nuova vita sfida la minaccia della morte.

Giorno 2

Dopo i bombardamenti di questa notte, che i civili hanno trascorso in bunker o in rifugi antiaereo di fortuna, questa mattina risuonano di nuovo le sirene di allarme. L’Ucraina è un campo di battaglia.

Ovunque imperversano i tentativi di lasciare il paese, ma nelle regioni che sono state solo sfiorate dal conflitto, c’è chi riesce a conviverci. A Odessa vive Ken, italiano che lavora in Ucraina: «dalle mie finestre si sentono i colpi delle sparatorie, ma c’è comunque chi passeggia tranquillamente con i cani. Le farmacie e i supermercati sono aperti». Nella città sul Mar Nero non si registrano vittime civili per il momento, «ma gira una mappa dei bunker per rifugiarsi in caso di bombardamento. La scorsa notte in molti, presi dalla paura, hanno tentato di entrarvici anche se in gran parte sono ancora inaccessibili».

Diversa la situazione per Kiev, attualmente cuore dell’offensiva russa. I carri armati sono in città, l’attacco è stato senza tregua: nella notte sono state udite diverse esplosioni, i missili sono piovuti dal cielo, distruggendo e incendiando interi palazzi. «Corro avanti e indietro per riuscire a fare i documenti e lasciare il paese». Giulia vive nella capitale ucraina che, circondata dai tank russi, è diventata la sua prigione. «Le immagini che vediamo sui social stanno distruggendo la nostra pace interiore. Abbiamo paura, non parliamo tra di noi. Non eravamo pronti».