Un deserto di notte, esplosioni che tolgono il sonno, sirene e barriere anticarro. Ugo Poletti, direttore del The Odessa Journal, un giorno è stato svegliato dalle bombe. Non era più l’ordinario residente di una città portuale nel sud dell’Ucraina, ma un civile in uno Stato invaso.
Poletti è originario di Milano e vive a Odessa da cinque anni. «Mi sono trasferito per motivi di lavoro. Dopo due anni nel settore del turismo e dell’organizzazione di eventi, mi sono accorto che la mia attività era penalizzata dalla mancanza di una comunicazione regolare sulla città. Allora ho fondato il mio giornale online per raccontare ai viaggiatori Odessa, i suoi splendori e la sua storia».
Sette porti sul Mar Nero, l’architettura ottocentesca, passeggiare per le strade della città voleva dire incrociare turisti, entrare in locali affollati, essere accompagnati dal brusio incessante di uno dei maggiori poli commerciali dell’Ucraina. Oggi si incontrano solo silenzio e barricate improvvisate nel tentativo di rallentare l’avanzata dei russi.
«Se Odessa venisse bombardata non ci sarebbe riparo. Qui, a differenza di altre aree urbane, non ci sono le metropolitane costruite nel periodo sovietico, pensate anche come rifugi antiaerei. Non abbiamo neanche parcheggi sotterranei» riferisce Poletti, aggiungendo che ci sono circa trecento bunker sparsi per la città, ma non sono più stati aperti dalla fine della Seconda guerra mondiale. «Se ci rifugiassimo lì, moriremmo soffocati in poco tempo perchè non sono in funzione gli impianti di aerazione. L’unica alternativa sarebbero le cantine sotto le chiese, che in ogni caso non potrebbero accogliere quasi un milione di abitanti».
A più di tre settimane dall’inizio dell’invasione, le forze armate russe non sono riuscite a raggiungere la città ma stanno tentando di prendere Mikolaiv, centro urbano nella parte meridionale dell’Ucraina e base strategica da cui avanzare verso Odessa. Se il piano avesse successo e i russi conquistassero tutta la costa, l’Ucraina non avrebbe più accesso al Mar Nero, fondamentale per l’esportazione dei prodotti agricoli di cui il Paese è ricco.
Leggi anche: Sfida allo zar
Secondo il direttore Poletti, per la Russia sarebbe una conquista importante anche per un altro motivo. «Odessa, nell’immaginario russo, è come la nostra Firenze: un luogo di valore dal punto di vista storico e artistico. I russi la amano, ci venivano spesso in vacanza, qui si parla russo. Forse è per questo che non è stata ancora colpita dai bombardamenti».
Nonostante la città non sia stata coinvolta nello scontro armato allo stesso modo di altre come Kiev, Mariupol, Leopoli, gli odessiti mostrano la stessa determinazione del resto della popolazione. «Fino a poco tempo fa, pensavo agli ucraini come caratterizzati da forti divisioni interne – dice il direttore di Odessa Journal – . Il Paese è un mosaico di tante etnie, con lingue e religioni diverse, eppure, davanti all’invasione, ogni differenza è stata messa da parte».
Questa guerra, sottolinea Poletti, non viene combattuta solo dai soldati. «I civili fanno cose straordinarie. Alcuni preparano cibo per chi va a combattere, altri aiutano a costruire le difese. Nelle campagne, i contadini si sono piazzati davanti ai carri armati per impedirne l’avanzata. Tutti partecipano al conflitto dando informazioni sugli spostamenti dei russi attraverso gruppi Telegram».
Uno dei simboli di Odessa è l’imponente scalinata che fu il set di una scena del film “La corazzata Potëmkin”, in cui civili in rivolta vennero massacrati dai soldati dello zar, nel 1905. In cima a essa, si trova una scultura in bronzo raffigurante un antico governatore, il duca di Richelieu, che nell’Ottocento diede un contributo fondamentale allo sviluppo della città. «La statua è scomparsa – riporta Poletti –. Gli abitanti l’hanno coperta di sacchi di sabbia per proteggerla dagli scontri. Non importa che si tratti di un aristocratico francese, gli odessiti difendono la loro storia e sono legati a chiunque abbia fatto qualcosa per la città. Io qui mi sento a casa e sono convinto che restare sia stata la scelta giusta. Amo Odessa e rimango per dimostrare ai suoi abitanti che non sono un turista di passaggio, ma uno di loro».