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Esclusiva

Maggio 1 2022.
 
Ultimo aggiornamento: Maggio 5 2022
A lezione di «Italiano per la sopravvivenza»

Corsi base di “pronto soccorso linguistico” per i profughi che hanno trovato ospitalità a Roma

«In una delle sale in cui si tengono le nostre lezioni di italiano c’è un pianoforte un po’ scordato. Alla fine del primo giorno di corso, una ragazza di vent’anni ha incominciato a suonarlo diffondendo tra i compagni le note della Cumparsita. È un brano al quale sono affezionata e quindi già questo mi aveva spiazzata. Quando la ragazza è stata raggiunta da una signora distinta, che avevo già notato per i suoi modi di interagire eleganti e cortesi, l’emozione è esplosa definitivamente. Aiutandomi con l’interprete ho scoperto che la prima è una studentessa di conservatorio originaria dell’Ucraina occidentale mentre l’altra è un’insegnante di pianoforte proveniente dall’Ucraina orientale. Erano 1000 i chilometri a separarle prima della guerra. Adesso si ritrovano sotto lo stesso tetto, in una terra straniera. L’una ha bisogno dell’altra». La voce di Felicia D’Alessandro si scioglie in un sorriso. Di ucraini colpiti ma non piegati dall’orrore delle armi ne ha visti tanti tra i banchi della parrocchia di Santa Sofia. È lei la coordinatrice dei corsi di lingua italiana organizzati dalla Fondazione Migrantes. L’organismo della Cei, che per la diocesi di Roma fa riferimento a Monsignor Pierpaolo Felicolo, sta lavorando in collaborazione con Atena Formazione e Sviluppo negli spazi sociali della basilica del rettore don Marco Yaroslav Semehenun.

«Le classi di italiano per i profughi ucraini sono iniziate il 4 aprile con una presenza di circa 150 alunni, prevalentemente donne e bambini, che abbiamo diviso in 6 gruppi. Si tratta di un corso base di sopravvivenza linguistica. Vogliamo dare a queste persone gli strumenti per poter vivere in autonomia la loro quotidianità: che sia fare la spesa, andare in farmacia, chiedere informazioni alla fermata dell’autobus o nelle segreterie delle scuole». Mentre D’Alessandro parla, nel piazzale della parrocchia dei bambini giocano ad acchiapparella baciati dal sole primaverile. Le loro mamme, invece, ripassano concentrate gli appunti presi a lezione. «Noi qui in aula abbiamo delle odontoiatre, delle giornaliste, delle manager e delle avvocatesse. Ma anche delle casalinghe, delle parrucchiere, delle badanti e delle inservienti. La guerra le ha portate a condividere gli stessi spazi e le stesse paure. L’approccio alla lingua italiana si sta dimostrando molto difficile per loro che hanno un alfabeto, una fonetica e un’impostazione diversa dalla nostra».

In Italia di profughi ucraini ne sono arrivati già oltre 100mila, per quasi il 90% donne adulte e minori. Il governo italiano ha stanziato 500 milioni di euro per aiutarli, stimando che queste risorse basteranno per il loro sostegno nei prossimi tre mesi. Matteo Villa, ricercatore Ispi, sulle colonne del settimanale “Oggi”, ha calcolato che questi soldi però non saranno sufficienti a garantire le spese minime per più di 115mila di loro. A Roma fino a Pasqua sono state registrate 10.836 persone in fuga dal conflitto. Di queste, quasi 2.500 sono state ospitate grazie all’intervento delle istituzioni cittadine: 2.100 in strutture residenziali e 48 in case di romani. Altre 602 famiglie si sono rese volontarie per l’accoglienza in casa propria, 251 delle quali sono state già dichiarate idonee. Per il resto i profughi hanno trovato ospitalità da amici e parenti che già vivevano nella capitale. «Qui a Santa Sofia la maggior parte delle persone alle quali insegniamo le basi della nostra lingua vogliono tornare in Ucraina al più presto possibile per ricostruire il paese. I loro affetti e le loro radici sono lì. Ma non per tutte sarà possibile. Specialmente per quelle che sono scappate dai territori dell’est».

Con una crescita costante di circa 1000 profughi al giorno, è previsto che a settembre nelle scuole italiane verranno iscritti 30 mila bambini e ragazzi ucraini. Lo scorso 21 aprile il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, in audizione davanti alla commissione parlamentare per Infanzia e Adolescenza sui minori provenienti dall’Ucraina, ha dichiarato: «Il governo si impegnerà a fare un piano estivo molto corposo che punta soprattutto all’integrazione sociale dei ragazzi ucraini ma non alla completa integrazione linguistica nelle scuole. In questo finale di anno scolastico abbiamo dovuto reinventare la didattica in aula, vista la presenza di bambini che parlano un’altra lingua e usano un altro alfabeto. Gestire questa situazione d’emergenza è una sfida che abbiamo potuto sostenere anche grazie al personale speciale del Covid, che però a settembre non avremo più. Non si possono affrontare le emergenze contando solo sui volontari».

A lezione di «Italiano per la sopravvivenza»
Le alunne del corso romano organizzato dalla Società Dante Alighieri
(credits: https://www.dante.global/it)

Finora lo sforzo di quest’accoglienza senza precedenti è stato sobbarcato da tanti di loro. Gli esempi non mancano. Lyubov Partola, trasferitasi a Roma 25 anni fa dopo aver conseguito una laurea in lettere a Leopoli, si sta dando molto da fare per i suoi 30 connazionali ospiti delle suore carmelitane del Divin Cuore di Gesù. Con il marito si è occupata per tanti anni di gestire una società di tour operator che organizzava pellegrinaggi e visite in Vaticano dall’Ucraina. La pandemia e quindi la guerra hanno interrotto ogni viaggio culturale spingendola a tornare alle origini, quando insegnava lingue latine in un liceo della sua città. «A Villa Monte Mario insegno italiano ogni pomeriggio. Abbiamo svolto la prima lezione tre settimane fa. Ne faccio una con i bambini e una con i ragazzi e gli adulti. Le persone hanno iniziato ad aprirsi con me soltanto negli ultimi giorni. Prima erano gli occhi a parlare per loro. Vengono dal Donbass e dalle zone là vicine: hanno perso tutto sotto le bombe». Lyubov, che in italiano significa amore, non è una semplice insegnante. È diventata per queste persone una confidente e un punto di riferimento. «Nessuno di loro ha fatto richiesta per lo status di rifugiato politico. Vogliono un regolare permesso di soggiorno. Il loro desiderio più grande adesso è quello di poter lavorare e mantenersi da soli. Non si illudono, sanno di non poter tornare in Ucraina. È per questo che si sono messi subito ad imparare l’italiano».

A settembre partirà il nuovo anno scolastico e Lyubov sta cercando di preparare i più piccoli al meglio possibile. Mentre parla delle difficoltà incontrate finora, specialmente nella costruzione delle frasi e nella declinazione dei verbi, un bambino accanto alla sua mamma inizia a contare divertito fino a 20 ad alta voce in italiano. Partono gli applausi dei suoi compagni di sventura, che si lasciano un po’ andare ridendo fra loro. «Con l’Associazione Umanitaria Luca Grisolia e Manalive Onlus lavorerò affinché questi bambini vengano integrati nei centri estivi. È fondamentale che si abituino a stare con i bambini italiani. Solo ascoltandoli sapranno assorbire la lingua. I bambini sono delle spugne: sono convinta che così a settembre sarà più facile per loro interagire in classe». In questa emergenza a mobilitarsi è stata anche la Società Dante Alighieri, presieduta da Andrea Riccardi, che diffonde dal 1889 la lingua e la cultura italiane in Italia e nel mondo. «Siamo stati tra i primi ad attivarci. Per senso di responsabilità rispetto al ruolo che ricopriamo, ci siamo sentiti in dovere di farlo. Qui a Roma, dopo quello iniziato il 5 aprile in collaborazione con il comune, partiranno altri due corsi per i rifugiati ucraini. Le nostre sedi di Firenze, Bologna, Milano e Torino stanno iniziando a loro volta uno o due cicli di lezioni. Tutta la Dante si è messa a disposizione». Carlo Pirozzi, responsabile didattico della scuola di Roma, è entusiasta del lavoro svolto fino ad oggi. «Cerchiamo di offrirgli un intervento di primo soccorso linguistico e, se consideriamo ciò che stanno vivendo, per me stanno facendo dei miracoli nell’apprendimento».

Questo perché per loro è più che un corso. «Andare in un posto bello, prendere i mezzi, uscire, vestirsi bene; è come se si preparassero ogni volta per un grande evento. È la loro bolla di normalità». E se la godono dibattendo su quale sia il loro cantante italiano preferito («Conoscono i classici, ma anche gli ultimissimi di Sanremo»). Unica regola: non si parla di guerra. «È come se da entrambe le parti avessimo deciso di rimuoverla. Questo è uno spazio per immaginare un futuro e divertirsi». Il primo corso partito ad inizio aprile è tenuto dalla docente Daniela Correr e si avvale del supporto da remoto di Nataliia Checkykova, storica dell’arte e docente originaria di Odessa, che attualmente vive in Italia. Il percorso formativo segue la metodologia indicata dal Consiglio d’Europa in termini di didattica focalizzata all’agire attraverso la lingua per soddisfare bisogni comunicativi basilari. Viene proposto un supporto linguistico che utilizza gli strumenti messi a punto nell’ambito del progetto LIAM (Linguistic Integration of Adult Migrants), secondo criteri rivolti all’inclusione sociale, alla valorizzazione della pragmatica e ad un approccio orientato all’intercultura e al plurilinguismo. La platea, anche qui, è vasta, lontana dallo stereotipo delle ucraine-badanti: «Si va dalla politologa all’informatica, passando per l’avvocato e l’insegnante di Yoga». Chissà se metteranno le loro professionalità a servizio dell’Italia. «Molte di loro hanno voglia di tornare, alcune vogliono rimanere, altre preferiscono non parlarne: è un argomento delicato».

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