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Esclusiva

Gennaio 16 2023
«È la fine di un incubo», parla il cugino di Messina Denaro

Giuseppe Cimarosa ha rinnegato il parente mafioso e spinto il padre a pentirsi

«Non ci speravo quasi più, oggi è una giornata di liberazione e di grande felicità». È incredulo Giuseppe Cimarosa, quarantenne di Castelvetrano, città natale di Matteo Messina Denaro, dove gestisce e dirige un teatro equestre. Sua madre, Rosa Filardo, è cugina in primo grado del boss di Cosa Nostra rimasto latitante per 30 anni. Essere cugino di Messina Denaro a Giuseppe ha segnato la vita, nonostante da anni abbia rinnegato quelli che lui definisce «parenti scomodi». «Sono sempre stato ostile alla mafia», dice Cimarosa, «il mio punto di riferimento è sempre stato Peppino Impastato e non Messina Denaro, come accadeva spesso dalle mie parti». Il legame di parentela, però, è bastato perché la figura del boss divenisse «un’ombra, un incubo» nella sua vita.

Messina Denaro, in realtà, Giuseppe non l’ha mai incontrato ma «oltre a esserne un parente, la storia che mi lega a lui riguarda mio padre». Lorenzo Cimarosa è stato condannato per associazione mafiosa, ma poi si è pentito, rompendo per primo l’omertà intorno alla famiglia dei Messina Denaro. «Al pentimento lo hanno spinto anche le mie pressioni e quella è stata una piccola rivoluzione. Il suo ruolo è stato determinante e ha portato anche all’arresto di esponenti di picco della famiglia». Dopo che il padre è morto nel 2017 a causa di un cancro, Giuseppe ha raccolto «questa sua eredità».

«Una volta che lui si era reso degno ai miei occhi, io mi sono sentito in dovere di proseguire quello che aveva iniziato e ne ho fatto una ragione di vita». Si è esposto, ha ribadito la sua estraneità e la condanna alla mafia, accettandone le conseguenze e l’isolamento. Nonostante suo padre fosse un collaboratore di giustizia, la sua famiglia ha rinunciato al programma di protezione per non lasciare la Sicilia. «Vivo da anni nella paura di ripercussioni, di diventare strumento di vendetta a causa della collaborazione di mio padre e delle mie prese di posizione, dell’esposizione mediatica che mi ha portato rinnegare tutti i parenti scomodi e dire ad alta voce che la mafia mi fa schifo».

Per questo l’arresto storico del capo di Cosa Nostra, per lui è «un dono enorme, è ossigeno, è una carezza sul cuore». Nel tempo, dice Cimarosa, si era quasi abituato alla sensazione di insicurezza, «la paura era diventata come un callo». Dopo la notizia dell’arresto, invece, ha sentito ripagati tutti i sacrifici e le insicurezze. «Certo, che entrasse e uscisse indisturbato da una clinica per un anno, forse di più, lascia perplessi – aggiunge – ma oggi non importa, conta solo che l’hanno preso».

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