«Non ci sono state reazioni particolari, Hong Kong è un luogo nel quale fino al 2018 in milioni manifestavano, ma da quando è entrata in vigore la legge per la sicurezza nazionale la gente ci pensa due volte prima di scendere in piazza.» Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, commenta così la reazione dei cittadini a pochi giorni dall’inizio del processo contro i 47 politici e attivisti arrestati per cospirazione e sovversione tra luglio 2020 e gennaio 2021.
Gli indagati sono accusati di aver organizzato una votazione – come una primaria non ufficiale – per i candidati pro-democrazia nel luglio del 2020. Poche settimane prima, il 30 giugno 2020, è stata emanata una legge sulla sicurezza che prevede fino a tre anni di reclusione per coloro che sono accusati di associazione per delinquere, da tre a dieci anni per “partecipazione attiva” alle attività sovversive e fino all’ergastolo per chi è ritenuto fra i “principali colpevoli”.
La scelta del leader politico di Hong Kong spetta a un gruppo di persone da Pechino, solo in parte marginale dipende dalla decisione dei cittadini. In occasione delle elezioni organizzate nel 2020, più di 600 mila persone hanno preso parte alle votazioni, ma i risultati sono stati prontamente annullati e le forze di polizia hanno catturato i 47 imputati che, a causa delle rigide restrizioni dovute al Covid, non hanno potuto avere contatti con l’esterno, né con i familiari, né con i legali.
«Si tratta di un processo gravissimo, gli imputati sono stati costretti a un lungo periodo di detenzione preventiva e la cauzione, estremamente onerosa, era un ostacolo alla loro liberazione», continua Noury. «È una situazione drammatica, le persone vengono arrestate e condannate per aver esibito striscioni e cantato slogan durante una manifestazione.»
Secondo quanto riporta Al Jazeera, ad alcuni degli imputati è stato precluso l’accesso alle dichiarazioni dei fatti che riportano dettagliatamente le accuse mosse contro di loro. Per questo motivo, i loro avvocati sono stati costretti a procedere nell’incertezza, privi di indicazioni precise.
«Le accuse contro i 47 si basano interamente su presunte minacce alla sicurezza nazionale. Tutti coloro che sono ancora detenuti dovrebbero essere immediatamente rilasciati e le accuse contro tutti ritirate.» Hana Young, vicedirettrice regionale di Amnesty International, spiega le condizioni dei detenuti che si trovano nel limbo, costretti a scegliere tra dichiararsi colpevoli di un crimine non commesso, per ottenere uno sconto della pena, oppure combattere una incerta battaglia contro l’ingiustizia sociale.
Nel 2020 l’allora capo dell’esecutivo aveva dichiarato illegali le “primarie” auto-organizzate sostenendo che avrebbero violato la legge sulla sicurezza nazionale mettendo a repentaglio l’integrità e l’indipendenza territoriale di Hong Kong. Non solo politici e attivisti sono stati arrestati «c’è tutta l’espressione della società civile» dice Noury, «chi ha provato a manifestare è stato arrestato.»
Molti tra attivisti e giornalisti sono scappati per evitare di essere accusati a loro volta ma, nonostante ciò, le organizzazioni a tutela dei diritti umani perseguono il vigile monitoraggio non solo delle condizioni dei detenuti, ma anche delle violazioni delle libertà. «Amnesty prende una posizione decisa sul processo 47. Non sono stati abbandonati al contrario continuiamo a seguirli e sostenerli da lontano in questa drammatica situazione.»