Esclusiva

Gennaio 22 2025
Il caso del cooperante Alberto Trentini rapito in Venezuela arriva all’Onu

Arrestato il 15 novembre, sarebbe detenuto a Caracas, mentre un nuovo rapporto delle Nazioni Unite denuncia l’uso sistematico di sparizioni forzate e detenzioni arbitrarie da parte del governo venezuelano

C’è un italiano in Venezuela di cui non si hanno notizie certe da più di due mesi. Stava viaggiando per una missione da Caracas a Guasdualito il cooperante Alberto Trentini quando è stato fermato a un posto di blocco e da lì portato in carcere. Era il 15 novembre 2024. Tuttora non sono noti i motivi dell’arresto e le autorità venezuelane non hanno formulato nessuna accusa nei confronti dell’italiano. Al suo caso sta lavorando anche il Gruppo di Lavoro sulle sparizioni forzate delle Nazioni Unite. È uno dei “mandati tematici” del Consiglio per i diritti umani dell’Onu e ha appena pubblicato un documento di accusa generale sulle scomparse e le detenzioni arbitrarie in Venezuela a partire dalle elezioni presidenziali del 2024. La vicenda del cooperante italiano rientra nello schema individuato e documentato dal Gruppo.

La denuncia dei familiari e la risposta di Tajani

Trentini lavorava per Humanity & Inclusion, organizzazione impegnata nell’assistenza umanitaria alle persone con disabilità ed era arrivato nel Paese il 17 ottobre, notando subito un clima di ostilità, come aveva raccontato a un collega. Dopo due mesi di silenzio e trattative sottotraccia non andate a buon fine, i familiari del cooperante hanno pubblicato un comunicato martedì 14 gennaio in cui hanno chiesto al governo di impegnarsi per la sua liberazione: «Dalle scarse informazioni ricevute sembrerebbe che Alberto sia stato trasferito a Caracas e a oggi ci risulta ‘prigioniero’ in una struttura di detenzione. Nulla sappiamo sulle sorti di Alberto, tenuto anche conto che soffre di problemi di salute e non ha con sé le medicine né alcun genere di prima necessità. Dal suo arresto a oggi, a quanto sappiamo, nessuno è riuscito a vederlo, né a parlargli. Neppure il nostro Ambasciatore è riuscito a comunicare con lui né ad avere sue notizie nonostante plurimi tentativi».

La risposta delle istituzioni è arrivata tramite il ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani che ha dichiarato che «l’Italia sta lavorando sin dal giorno dell’arresto, abbiamo ribadito la richiesta di liberazione del nostro concittadino e di tutti gli altri prigionieri politici. Ci è stato confermato che è detenuto, abbiamo chiesto che venga trattato nel rispetto delle regole e abbiamo chiesto una visita consolare. Lavoriamo in tutti i modi per venire a capo di questa situazione».

L’indagine Onu e la situazione in Venezuela

Trentini è un cooperante navigato, ha oltre dieci anni di esperienza nel settore umanitario e conosce bene l’America Latina e il Venezuela. Tra il 2017 e il 2020, ha lavorato con la ong Coopi – Cooperazione Internazionale in diversi Paesi, tra cui il Perù, dove ha coordinato nel 2019 l’accoglienza di 650.000 migranti venezuelani scappati per la crisi politica ed economica che aveva colpito il Paese.

Quella crisi non è stata l’ultima. Le scorse presidenziali, vinte da Nicolás Maduro nel luglio del 2024, hanno cambiato la storia recente del Venezuela. L’esito del voto è stato contestato e molti osservatori hanno segnalato un significativo arretramento sul rispetto dei diritti umani. «Dall’anno scorso hanno iniziato a impennarsi i casi che ricadono sotto la nostra competenza», racconta a Zeta Gabriella Citroni, ricercatrice e presidente del Gruppo di Lavoro sulle sparizioni forzate delle Nazioni Unite. «L’obiettivo non sono più gli oppositori, basta essere stati avvistati durante proteste o vicino alla frontiera con la Colombia. Chiunque venga percepito come minaccia, reale o ipotetica, rischia di essere coinvolto in sparizioni forzate».

Il metodo con cui agisce il regime di Caracas, spiega Citroni, ha messo in discussione la definizione stessa di sparizione forzata nel diritto internazionale: «I tre elementi principali sono la privazione della libertà, il coinvolgimento di agenti di stato o gruppi paramilitari e la negazione o l’occultamento attivo della sorte delle persone scomparse. Nei casi che abbiamo preso in analisi spesso c’è stata ammissione, ma non sono stati forniti dettagli sulla detenzione, sulle accuse, non è stata data la possibilità agli arrestati di avere contatti con i loro familiari. Una serie di omissioni che fanno rientrare le situazioni che abbiamo esaminato nella definizione di sparizione forzata, oltre che di detenzione arbitraria».

Il Gruppo di Lavoro presieduto da Citroni, insieme a quello che si occupa di detenzione arbitraria, ha già indirizzato al governo venezuelano delle comunicazioni ufficiali che denunciano violazioni dei diritti umani legate alle proteste post-elettorali del luglio 2024 in Venezuela. Dopo le elezioni del 28 luglio 2024, migliaia di cittadini hanno protestato pacificamente contro i risultati elettorali. Le forze di sicurezza hanno effettuato almeno 1.503 arresti arbitrari, tra cui 129 adolescenti, 14 indigeni e 200 donne. Le persone detenute non avrebbero avuto accesso ad avvocati di fiducia, essendo obbligate a utilizzare difensori pubblici che, secondo le denunce, hanno offerto rappresentanze inadeguate. Gli avvocati di organizzazioni come Foro Penal sarebbero stati oggetto di minacce e aggressioni. Uno di loro, Kennedy Tejeda, è stato arrestato e trattenuto senza accesso a un difensore scelto.

«E ciò che arriva a noi», continua Citroni, «non è che la punta dell’iceberg. In un clima di terrore come quello che è stato creato, le famiglie delle persone scomparse sono più restie a rivolgersi alle Ong o all’Onu, per paura di ritorsioni, ma le nostre investigazioni possono iniziare soltanto dopo una denuncia ufficiale».

La storia di Alberto Trentini è emersa proprio in seguito alla denuncia dei suoi familiari, ma delle sue condizioni si sa ancora poco e le notizie non sono confortanti. Il documento di Accusa Generale redatto dai gruppi di lavoro sulle sparizioni forzate e sulle detenzioni arbitrarie denuncia violazioni dei diritti umani sistematiche nelle prigioni venezuelane. Tra queste, ci sono arresti senza trattamento differenziato per i minori, con impatti psicologici gravi e limitato contatto con le famiglie. È stata documentata una carenza generale di cibo, acqua potabile, servizi igienici e medicine, anche per detenuti con patologie croniche. In alcune strutture, è stata riportata anche la mancanza di elettricità. «È facile comprendere che, in queste condizioni, con temperature elevate e un sovraffollamento significativo, i rischi per la salute e la sicurezza dei detenuti siano estremamente elevati», racconta Ana Lorena Delgadillo Perez, che, come Gabriella Citroni, fa parte del Gruppo di Lavoro sulle sparizioni forzate. «Il documento di Accusa Generale», conclude, «è stato pubblicato dopo un periodo di sessanta giorni in cui abbiamo atteso le risposte del governo, ma non ne abbiamo ricevute».

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