Visitando la mostra Guglielmo Marconi. Vedere l’invisibile, allestita a Roma nelle sale del Museo del Vittoriano e di Palazzo Venezia, non si può non rimanere affascinati da ricevitori, trasmettitori, detector magnetici e telegrafi, oggi reperti da museo ma un tempo simboli della corsa al progresso tecnologico. Tutt’intorno poi, teche e pareti ricoperte da fotografie, lettere, cartoline, brevetti e articoli di giornale. Documenti che raccontano una di quelle vite straordinarie, in cui tutti i pezzi del puzzle si sono incastrati in modo perfetto: il talento con la fortuna, la ricchezza con l’intraprendenza.
Guglielmo Marconi nasce in una facoltosa famiglia bolognese. Il padre Giuseppe è un finanziere e proprietario terriero che sposa in seconde nozze la madre Annie Jameson, nipote del fondatore di una famosa distilleria irlandese, la Jameson & Sons. Pur avendo alle spalle una carriera scolastica irregolare, la passione per l’elettrotecnica e la tecnologia lo porta nel 1897, a soli ventitré anni, a brevettare oltre Manica la sua prima invenzione: il telegrafo senza fili, un apparecchio che permette di trasmettere e ricevere a grande distanza onde elettromagnetiche prodotte artificialmente, e con esse messaggi in alfabeto morse.

Questo evento accende l’interesse della comunità scientifica e fa nascere alcune leggende a dir poco sgradevoli sul suo conto, secondo le quali era solo un inventore fortunato che era riuscito a scoprire e vendere al pubblico qualcosa di interessante.
Per Giovanni Paoloni, professore di Archivistica presso l’Università La Sapienza di Roma si tratta di una calunnia. Lo studioso ha partecipato in qualità di esperto alla progettazione scientifica della mostra, scrivendo e supervisionando i testi per il catalogo, i pannelli e le didascalie degli oggetti esposti.
Il suo interesse per Guglielmo Marconi nasce nel lontano 1993 quando, lavorando all’Accademia dei Lincei, scopre insieme ad un collega un archivio appartenuto al padre Giuseppe nei sotterranei della Villa della Farnesina. Tra le carte ci sono anche i libri contabili in cui l’uomo ha annotato tutte le spese fatte per permettere al figlio di approfondire le sue ricerche, e i quaderni in cui l’inventore, ancora adolescente, commentava i propri esperimenti. «Questi documenti ci hanno permesso di ricostruire con precisione il periodo della sua formazione, le sue prime attività e dimostrano quanti sforzi Marconi abbia fatto per raggiungere un tale traguardo» spiega.
Ma nella Londra vittoriana di fine Ottocento, infiammata dalla rivoluzione industriale e da una corsa forsennata al progresso tecnologico, l’italiano si ritrova invischiato nella feroce guerra dei brevetti. In quei mesi scienziati ben più esperti di lui stavano lavorando alla stessa invenzione, come il russo Aleksandr Popov, l’inglese Oliver Lodge, il tedesco Karl Ferdinand Braun e il serbo Nikola Tesla. Lui però è veloce e astuto. Difende la proprietà intellettuale della sua idea e fonda a Londra un’azienda, la Wireless Telegraph and Signal Company, ribattezzata in seguito Marconi Wireless Co, per poter sfruttare commercialmente il suo apparecchio.
«Secondo alcuni Marconi avrebbe rubato l’idea a Tesla. In realtà, il cuore della sua invenzione, il sistema “antenna-terra”, lo ha messo a punto da solo, prima ancora di conoscere i lavori e le attività dell’ingegnere serbo» racconta Paoloni. «E poi il suo concorrente non sarebbe riuscito a trasformare l’invenzione in un’attività redditizia. Non aveva l’intuito imprenditoriale del giovane italiano, che pensò subito a trasformare questo sistema in un servizio da vendere al pubblico».
La scoperta attira l’attenzione del governo inglese per le sue implicazioni civili e militari. Tra tutte la possibilità di far comunicare le navi in movimento con le stazioni di terra, cosa che prima avveniva con i piccioni viaggiatori o tramite altre imbarcazioni. Ma la sua invenzione, considerata oggi l’atto di nascita della tecnologia wireless, sgretola anche teorie consolidate: «Secondo le conoscenze di allora, le onde elettromagnetiche non potevano arrivare oltre l’orizzonte» spiega il professore. «Grazie agli esperimenti di Marconi, invece, i fisici hanno potuto scoprire il funzionamento dell’alta atmosfera e capire che gli strati riflettenti permettevano alle onde elettromagnetiche di viaggiare secondo la curvatura della terra. Una cosa ritenuta impossibile fino a quel momento».

Inutile dire che la fama dell’italiano cresce rapidamente in tutto il mondo, non solo per le sue idee geniali, premiate nel 1909 con il Nobel per la fisica, ma anche per la capacità di trasformare se stesso in un brand. «Se dal punto di vista scientifico era un anticonformista, dal punto di vista sociale era un perfetto bimbo bene della provincia italiana» commenta a questo proposito Paoloni. «Ha sempre badato molto al suo aspetto e alla reputazione. Ebbe molte amanti e due mogli. Gli piaceva correre in macchina. Nel 1912 perse addirittura un occhio in un incidente, ma portava talmente bene la protesi di vetro che nessuno si accorgeva di nulla. E poi, curava molto le pubbliche relazioni. Il suo famoso panfilo Elettra era sia un laboratorio dove conduceva esperimenti, sia un luogo lussuosissimo dove organizzava ricevimenti».
Con l’ascesa del fascismo Marconi viene innalzato a gloria nazionale, a simbolo del primato italiano. «Secondo un’opinione diffusa, lo scienziato-imprenditore costruì con il regime un rapporto di convenienza per ottenere vantaggi economici e societari. Io invece penso che la sua adesione all’ideologia fascista fosse autentica» dichiara l’archivista. «Questo lo prova il fatto che i rapporti con il Duce attraversarono fasi alterne. Quando i due non erano d’accordo, Mussolini finiva sempre per darla vinta a Marconi» sottolinea. «E poi, come Presidente dell’Accademia d’Italia, partecipò attivamente alla fascistizzazione del mondo culturale e accademico».
Nel secondo dopoguerra, come era prevedibile, la sua figura è passata in secondo piano: «Il processo di rimozione è stato potente, ma già a partire dagli anni ’90 si sono susseguite una serie di celebrazioni promosse dalla Fondazione Marconi, che io ho seguito in qualità di esperto», ricorda lo studioso. «Dal centenario della telegrafia senza fili nel 1995 a quelli della prima trasmissione transatlantica nel 2001 e del Nobel nel 2009. Fino all’anniversario dei 150 anni dalla nascita che si ricorda proprio con questa mostra, un’occasione per riscoprire l’uomo che con le sue invenzioni ha cambiato per sempre il corso della storia».
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