Due lunghi baffi neri attorcigliati all’insù, lo sguardo stralunato e una personalità eccentrica e stravagante. Una delle sue frasi più celebri è: «Ogni mattina mi sveglio e guardandomi allo specchio provo sempre lo stesso e immenso piacere: quello di essere Salvador Dalí». Proprio con queste parole si apre la mostra a Roma dedicata al pittore catalano, il più importante esponente del surrealismo – un movimento artistico e letterario di avanguardia del Novecento – che esplora il mondo dei sogni e del subconscio per rivelare i segreti della psiche umana.
L’esposizione Salvador Dalí: tra arte e mito è organizzata dall’azienda Navigare e allestita dal curatore Vincenzo Sanfo al Museo Storico della Fanteria dell’Esercito Italiano, dal 25 gennaio al 27 luglio 2025. Con più di ottanta opere provenienti da collezioni private, il visitatore si ritrova immerso nell’universo daliniano tra litografie, disegni, incisioni, arazzi, ceramiche, sculture, oggetti in vetro e due fotografie che lo ritraggono insieme alla modella e attrice Amanda Lear, sua musa e amante.
«Dalí riusciva a catturare l’essenza dell’incontro tra elementi incongrui, usando uno stile naïf e volutamente di cattivo gusto. Ha esacerbato al massimo la pittura metafisica di Giorgio de Chirico, per poi proporne una versione tutta sua più elegante e raffinata», commenta lo storico dell’arte Christian Caliandro.
Il percorso espositivo è suddiviso in tre sezioni: la prima evidenzia il carattere visionario dell’artista, ispirato dall’incontro con il poeta Federico García Lorca e il regista Luis Buñuel, la seconda mette in risalto il suo contributo alla letteratura italiana, con le illustrazioni della Divina Commedia degli anni Cinquanta, e la terza lo vede protagonista nell’ambito marketing e design del ventesimo secolo.
Molte sono le congetture che i critici hanno avanzato nel tempo sull’amicizia tra Lorca e Dalí, che si conobbero nel 1923 alla Residencia de Estudiantes di Madrid, fino a considerare la possibilità di un vero e proprio rapporto amoroso. Ciò che è sicuro è che i due fossero uniti da un legame profondo, tanto che il poeta scrisse dei versi rivolti al pittore intitolati Ode a Salvador Dalí.
Secondo Caliandro, il linguaggio cinematografico rappresenta la chiave per decifrare il talento daliniano: «Le sue opere più alte sono Un chien andalou, un cortometraggio di cui scrisse la sceneggiatura con Buñuel, e Destino – il film d’animazione mai realizzato con Walt Disney – proprio perché il montaggio riassume alla perfezione la sua idea di assemblaggio e associazione dei concetti».
La parte centrale della mostra è destinata ai cento acquerelli incisi su delle lastre in legno raffiguranti l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso danteschi che – nel 1950 – gli vennero commissionati dal governo italiano, in occasione del settecentesimo anniversario della nascita di Dante Alighieri (che si sarebbe commemorato nel 1965). Reinterpretando l’itinerario del Sommo Poeta in un’ottica psicoanalitica, l’artista pone al centro di ogni tavola un personaggio o un evento significativo del canto. Ne scaturisce una rappresentazione onirica e dissacrante dei passaggi più belli delle tre cantiche.
La decisione di affidare a un pittore straniero le illustrazioni della Divina Commedia fu causa di polemiche molto accese, sia per i costi sia per la scelta stessa di Dalí, che portarono alla revoca del contratto: «Sotto molti aspetti, lui era ed è la persona ideale per disegnare un libro come questo, poiché la Commedia presenta elementi surreali, horror, oggi diremmo perfino “fantasy”. Tuttavia, in Italia, proprio queste caratteristiche sono state storicamente considerate problematiche, perché nella nostra cultura questa opera è un monumento sacro, ritenuto forse poco adatto a uno spirito trasgressivo, scandaloso e così poco istituzionale», conclude il critico.
Grazie a una grande teca di vetro al centro di una sala, si apprende una curiosità sul maestro surrealista. Nella sua vita, infatti, si è cimentato anche nella comunicazione pubblicitaria. Ad esempio, ha ideato il logo degli iconici lecca-lecca Chupa Chups che, dopo un restyle nel 1988, tutt’oggi li contraddistingue. O ancora, negli anni Settanta, ha realizzato tre bottiglie di Rosso Antico, un liquore prodotto dalla distilleria Buton.
Forse non aveva torto Salvador Dalí quando dichiarava: «La sola differenza tra me e un pazzo è che io non sono pazzo» e «Il surrealismo sono io». Una cosa è certa: racchiudeva dentro di sé tutti i pregi e i difetti del classico genio ribelle, ma poliedrico. E proprio in virtù dei suoi mille modi di esprimere arte, è entrato nella storia come una delle figure più popolari e controverse del 1900.