La moderazione dei contenuti sui social media non potrà più essere lasciata all’arbitrio delle grandi piattaforme digitali. Con l’approvazione del rapporto “Regulating Content Moderation in the Digital Age”, il Consiglio d’Europa, organismo internazionale che promuove la democrazia, i diritti umani e lo Stato di diritto nei suoi 46 Stati membri, ha fissato nuovi paletti per colossi come X di Elon Musk, Meta di Mark Zuckerberg, YouTube e TikTok. Un segnale in direzione di maggiore trasparenza, equità e tutela della libertà di espressione.
Il documento, redatto dalla deputata di Azione e rapporteur per i media Valentina Grippo, introduce linee guida precise: le piattaforme dovranno garantire una moderazione chiara e trasparente, con il diritto per gli utenti di ricevere spiegazioni adeguate quando un loro contenuto viene rimosso. Inoltre, viene sancito un principio chiave: il compito non può essere affidato esclusivamente agli algoritmi, ma deve prevedere il controllo umano come elemento imprescindibile.
«Il digitale non può essere una zona franca priva di regole, né un luogo in cui la regolazione diventa pretesto per limitare il dibattito», sottolinea Grippo. Con questo rapporto «le piattaforme dovranno garantire trasparenza, equità e diritto di contestazione per gli utenti. Non potranno più decidere in modo opaco cosa può restare online e cosa no, senza un sistema di garanzie democratiche».
Tra le misure previste, la creazione di organismi indipendenti di supervisione e una maggiore trasparenza sugli algoritmi, affinché gli utenti comprendano le logiche che regolano la visibilità dei contenuti. Viene inoltre rafforzato il diritto di ricorso per chi ritiene di essere stato ingiustamente penalizzato da una decisione delle piattaforme.
L’assemblea parlamentare ha approvato il rapporto con 44 voti a favore, uno contrario e 12 astensioni, tra cui tre deputati di Fratelli d’Italia. Bocciato invece l’emendamento che proponeva la cancellazione dei contenuti solo a seguito della decisione di un tribunale. Con il via libera al testo, spiega Grippo, anche il Consiglio d’Europa si muove verso un modello di regolamentazione digitale che tenti di «bilanciare diritti fondamentali e responsabilità delle piattaforme».
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