Esclusiva

Febbraio 6 2025.
 
Ultimo aggiornamento: Febbraio 14 2025
Tarfusser sul caso Almasri: «Dall’Aia nessun pasticcio»

L’ex vicepresidente della corte penale internazionale commenta l’informativa di Nordio e Piantedosi al Parlamento. Per il giudice i ministri si sarebbero dovuti scusare per la loro inefficienza

«Quello che è successo è veramente molto grave». A dirlo è Cuno Tarfusser, magistrato italiano e vicepresidente della Corte penale internazionale dal 2012 al 2018. Ieri il ministro della giustizia, Carlo Nordio, e il ministro dell’interno, Matteo Piantedosi, hanno riferito in Parlamento sul caso Almasri, il capo della Polizia giudiziaria libica arrestato il 19 gennaio a Torino, scarcerato 48 ore dopo e rimpatriato a bordo di un volo di Stato italiano. 

Su Osama Njeem Almasri c’era un mandato d’arresto internazionale emesso dalla stessa Corte penale, il principale tribunale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità. L’uomo è accusato di omicidi, torture e stupri, anche su bambini. 

Nell’informativa di ieri, fortemente voluta dalle opposizioni, il ministro Nordio ha accusato la Corte di aver commesso «errori grossolani» nella richiesta di consegna del capo delle carceri libico: il guardasigilli ha sottolineato che l’atto è stato trasmesso «in lingua inglese, senza traduzione e con una serie di discrasie notevoli».

Cosa pensa di ciò che è successo ieri durante l’informativa sul caso Almasri?

«In un paese normale, che evidentemente non è il nostro, mi sarei aspettato che due ministri venissero in Parlamento a scusarsi di tutto quello che è successo. Dalle omissioni, fino alle loro deficienze. Invece ho visto Nordio che con arroganza, mista a compiacenza, cercava di giustificare l’ingiustificabile. L’Italia ha palesemente violato le norme dello statuto di Roma sulla cooperazione, è questo il punto. Quando il ministro dice che chiederà conto alla Corte penale di quello che è successo sbaglia, perché è il tribunale che chiederà a lui. L’articolo 87, settimo comma, lo dice chiaramente: è la Corte che deve chiedere allo Stato che non ha cooperato il perché della non cooperazione». 

Il ministro Nordio ha detto che c’è stato un pasticcio da parte della Corte, con un «complesso carteggio arrivato in inglese senza traduzione».

«Quella della traduzione è un’altra follia perché io pretenderei che ci sia qualcuno al ministero che conosca le lingue, siamo nel 2025. Quello che loro chiamano pasticcio è un provvedimento che, per motivi di urgenza, si è dovuto emettere velocemente. Ma questo è successo anche in passato, quando c’ero io. Non c’è stato nessun pasticcio da parte della CPI: la norma impone a colui che solleva un problema sull’arresto, in questo caso il ministro della giustizia, di mettersi in contatto con la Corte, non di liberare il soggetto come è stato fatto con Almasri». 

Cosa è andato storto nel caso Almasri, secondo lei?

«Non ha funzionato nulla di ciò che è successo dopo l’arresto da parte della Digos. La legge, seppur fatta malissimo, non permette tutto questo. Una volta che c’è il mandato di arresto della Corte, il pallino passa al ministro che entro 20 giorni deve dare esecuzione e quindi consegnare l’imputato al tribunale internazionale. In questa fase Nordio potrebbe, per ragioni superiori, non consegnare. Ma rifiutarsi di procedere è comunque una violazione dello Statuto di Roma. Questa è una decisione politica più che giudiziale. In ogni caso, se non consegna l’imputato, il ministro ne deve rispondere davanti alla Corte».

Nordio in aula ha detto che il ruolo del ministro non è quello di passacarte delle richieste della corte penale internazionale.

«Sono estremamente critico su quello che è successo. Una volta che il procedimento giudiziario è finito, con la decisione del mandato di arresto da parte della Corte, Nordio ha 20 giorni per consegnare il soggetto. Mi spiace per lui ma prima di quei 20 giorni è un passacarte, ognuno ha i suoi tempi. Il suo sarebbe stato dopo i canonici 20 giorni». 

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