Esclusiva

Febbraio 24 2025
Speciale Caravaggio. Il realismo onirico del «pittore valent’huomo»

Colloquio con il grande storico dell’arte Claudio Strinati tra passato e presente

«Caravaggio è entrato nella storia per il fascino della sua vita. Per la sua fama di uomo che non teme nulla, che non ha bisogno di niente e di nessuno, che disprezza le convenzioni sociali. Eppure ciò che crea è un supremo beneficio per l’umanità. In fondo, rappresenta ciò che, a livello subconscio, ognuno di noi vorrebbe essere», spiega Claudio Strinati, uno degli esperti d’arte più autorevoli e noti in Italia. 

Nella sua stanza nell’Accademia di San Luca nel centro di Roma, circondati da libri, si respira cultura. E parlare con lui di Caravaggio significa spaziare dal passato al presente. Paragona al grande pittore lombardo, vissuto tra la fine del Cinquecento e il Seicento, il celebre cantautore americano Bob Dylan, a cui è dedicato il film A Complete Unknown, candidato agli Oscar 2025.

Entrambi rappresentano il «prototipo del grande artista che sembra non cercare la gloria e proprio per questo ce l’ha», sostiene Strinati. «Dylan non è andato a ritirare il Nobel per la Letteratura. Caravaggio, dopo essere stato nominato Cavaliere dell’Ordine di Malta, uno dei più alti riconoscimenti per il tempo, dopo poco ha litigato con tutti ed è stato incarcerato sull’isola». 

La vera grandezza

Per spiegare il valore di Caravaggio, Strinati prenderebbe in prestito le parole di Eraclito, filosofo greco vissuto duemilacinquecento anni fa: «Chi non si aspetta l’inaspettato non scoprirà mai nessuna verità». Secondo lo studioso, il vero artista sa intercettare l’inaspettato che è già in noi e dargli forma. Porta alla vista i lati oscuri della psiche. Ed è quello che ha fatto Caravaggio. 

Lui stesso dà una definizione di chi sia un «pittore valent’huomo». Troviamo le sue parole nel verbale del processo che subì nel 1603 insieme ad altri artisti accusati di diffamazione da Giovanni Baglione. Il bravo pittore è colui «che sappi depinger bene et imitar bene le cose naturali», dice Caravaggio al giudice che lo sta interrogando. 

Molti storici dell’arte però si sono chiesti quale sia il significato del termine ‘naturale’. Guardando i quadri di Caravaggio infatti non sembra di trovarsi davanti a scene realistiche. Al contrario, sono quasi artificiali. «Caravaggio, quando usa il termine ‘naturale’, probabilmente si riferisce a ciò che appartiene alla totalità della natura, tra cui l’inconscio. Tanto è vero che si ha la sensazione che lui in realtà rappresenti una dimensione onirica», riflette Strinati.

L’autoritratto in due quadri

Secondo Strinati, questo tipo di realismo di Caravaggio è visibile soprattutto in due dipinti, realizzati per la Cappella Contarelli nella Chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma tra il 1599 e il 1600.

Speciale Caravaggio. Il realismo onirico del «pittore valent’huomo»

Ne La Vocazione di san Matteo, Caravaggio rappresenta Gesù che indica Matteo, chiamandolo a diventare suo discepolo. «L’uso della luce, quasi cinematografico, e lo schema di rappresentazione hanno stupito tutti fin da subito». Ma qualcosa di più profondo si nasconderebbe in questa tela. «È un’espressione dell’inconscio dell’artista. Il quadro in realtà rappresenta la vocazione di Caravaggio, la sua chiamata all’arte». 

Speciale Caravaggio. Il realismo onirico del «pittore valent’huomo»

Nel dipinto di fronte, Il martirio di san Matteo, Caravaggio rappresenta anche se stesso nella schiera di coloro che assistono alla morte del santo. «Mai nessun pittore aveva fatto il suo autoritratto come fuggitivo dalla scena che sta rappresentando». Conclude Strinati: «È chiaro che i due quadri sono il suo autoritratto. E questo deve aver sconvolto le persone, pur non essendone consapevoli».

Roma, Silicon Valley del Seicento

Il genio di Caravaggio, come spiega Strinati, ha trovato terreno fertile nella Roma del Seicento, una città in pieno fermento. «Tutto il mondo andava a Roma perché lì c’erano i grandi scienziati, la grande attività della Chiesa, un centro economico florido e internazionale. Venne fondata, per esempio, l’Accademia dei Lincei, una sorta di Silicon Valley di quei tempi».

Con il Giubileo del 1600, il papato e le famiglie cardinalizie hanno commissionato ad artisti come Caravaggio opere d’arte che hanno fatto la storia. Anche ora Roma si trova a vivere l’anno giubilare, «ma non è possibile fare paragoni, sono due mondi troppo diversi», afferma Strinati. Non resta che godere di questi capolavori del passato, soprattutto grazie alla nuova mostra Caravaggio 2025 che inaugurerà il 7 marzo a Palazzo Barberini.  

Leggi l’articolo sul Periodico di Zeta.