Ottant’anni fa, la Liberazione portava la fine della guerra e l’inizio di un nuovo capitolo della storia italiana. Eppure, dietro i festeggiamenti e il ricordo della Resistenza, permane ancora oggi una verità difficile da affrontare: quella delle responsabilità italiane nella Shoah. Un capitolo doloroso, spesso trascurato, che lo storico Carlo Spartaco Capogreco affronta nel suo libro, I campi di Salò edito da Einaudi.
L’intento del libro è porre luce sull’autonomia con cui la Repubblica Sociale Italiana (RSI) partecipò in modo attivo alla persecuzione degli ebrei, andando a mettere in discussione l’idea dell’“italiano brava gente”, complice di un autoassolvimento nazionale durato decenni.
I campi di Salò porta alla luce luoghi dimenticati dal grande pubblico: i “campi provinciali” istituiti tra il 1943 e il 1945 per concentrare gli ebrei in vista della deportazione verso Auschwitz e altri lager nazisti. Questo sistema mostra come, lungi dall’essere semplici esecutori degli ordini tedeschi, le autorità fasciste della Repubblica di Salò avessero inserito la persecuzione degli ebrei al centro del loro programma politico.
Capogreco ricostruisce la realtà di questi campi di concentramento istituiti e voluti dalla Repubblica dopo l’8 settembre 1943, portando alla luce dettagli trascurati o minimizzati dalla storiografia ufficiale. Nel libro vengono mappati i cosiddetti campi provinciali, istituiti tra il 1943 e il 1945. Questi luoghi, tra cui Fossoli, Borgo San Dalmazzo, Bolzano e la Risiera di San Sabba, in cui fame, malattie e torture erano quotidianità per migliaia di internati, vengono esaminati dall’autore mostrando come il regime fascista repubblicano abbia avuto un ruolo attivo nelle persecuzioni contro gli ebrei.
Nel testo emergono due date-chiave che segnano la persecuzione ebraica italiana: il 14 novembre 1943, data del Manifesto di Verona che definì gli ebrei “stranieri nemici”, e il 1° dicembre dello stesso anno, quando un’ordinanza istituì formalmente i campi provinciali per internare gli ebrei e confiscare i loro beni.
I campi di Salò è una ricerca storica che non si limita a restituire fatti ma va oltre, offrendo una narrazione che rimettere al centro della riflessione pubblica una verità storica, scomoda, in cui i fascisti non furono semplici pedine dei nazisti, ma complici autonomi e convinti.