Esclusiva

Maggio 23 2025
Majed lascia Gaza: «Divento padre e poi torno in Italia»

Dal 7 ottobre era rimasto bloccato nella striscia nonostante lo status di rifugiato. Insieme alla moglie incinta è ad Amman, in Giordania

Majed Al-Shorbaji sorride finalmente. Ce l’ha fatta. Il ventisettenne palestinese, rifugiato in Italia dal 2019, è riuscito a lasciare la striscia di Gaza. Insieme a lui c’è la moglie Lasim, che sta per dare alla luce il loro primo figlio. Da martedì sono all’ospedale italiano di Amman, in Giordania.

«Grazie al consolato, grazie al sindaco di Fidenza, grazie a Marco (ndr, Marco Romeo di Potere al Popolo Fidenza, che ha organizzato tante iniziative per il suo rientro) e grazie a tutti». Majed viveva nella cittadina in provincia di Parma, dove lavorava come magazziniere. Nel settembre del 2023 era tornato a Gaza ad assistere il padre, colpito da un infarto. Pochi giorni prima della nuova partenza, però, l’attacco di Hamas del 7 ottobre aveva cambiato tutto e l’enclave palestinese era stato sigillato. 

Diciotto mesi di bombardamenti, morti e fame, in cui, però, conosce Lasim. Poi lunedì 19 maggio arriva la chiamata del consolato italiano: Israele ha dato l’autorizzazione all’evacuazione. Da Jabalya si spostano a Deir al Balah, più a sud. Qui trovano rifugio presso un centro dell’Unicef, che mette anche a disposizione un autobus che li porta al valico di Kerem Shalom. Un lungo viaggio in ambulanza fino in Giordania: «Siamo partiti alle 2 del mattino. Abbiamo potuto portare solo i documenti e un piccolo sacco con alcune cose. Niente vestiti». 

Ad Amman sono al sicuro: «È come se fossi nato un’altra volta». Con Lasim stanno girando la città, «perché serve anche a lei per far nascere il bambino». Non riesce a spiegare quello che sente all’idea di diventare padre: sorride e scuote la testa. «Sono contento di non dovermi preoccupare di cosa dargli da mangiare, anche perché mia moglie, magari, non riuscirà a dare il latte». A fine marzo è stata male a causa di una febbre alta e della malnutrizione.

Il trasferimento è anche l’occasione per tornare a mangiare veramente. «Dopo tanto abbiamo mangiato del pollo e dell’altra carne». In Giordania riesce anche a comprare quello che gli serve. A Gaza, a causa del blocco degli aiuti umanitari, un sacco di farina da 25 chili era arrivato a costare circa 350 euro. 

«Appena il bambino starà bene ci prenderanno dei biglietti aerei». Dovrebbe nascere introno al 29 maggio e si chiamerà Maher, «come mio padre», dice Majed. Il nonno è rimasto nella striscia insieme agli altri tre figli e alle due figlie. Gli ultimi giorni a Jabalya sono stati difficili. Una bomba ha distrutto la casa a fianco alla loro e uno dei fratelli di Majed e la moglie sono rimasti feriti. «Adesso sono a Gaza City, ma Idf ha detto che dovranno andare ancora più a sud». Con l’operazione di terra “Carri di Gedeone”, Israele sta spingendo i gazawi verso la zona di al Mawasi, sulla costa a ovest di Khan Younis. «Appena arrivo in Italia cerco un avvocato per capire come aiutare anche loro ad uscire».

L’attesa per il ritorno è tanta: «Vorrei andare a Fidenza e trovare un appartamento per la mia famiglia», racconta. Il lavoro non lo ha più, «ma sono sicuro che ne trovo un’altro. L’esperienza ce l’ho». Nel mentre, ci sarà anche tempo per la gioia.