Esclusiva

Giugno 9 2025.
 
Ultimo aggiornamento: Giugno 11 2025
«Questa Mafia non ha vinto», storia della lotta a Cosa Nostra

Parla Roberto Afeltra, avvocato penalista impegnato in prima persona nel pool del primo maxi processo del 1986

Falcone libera il suo assassino. Lo scorso 5 giugno, Giovanni Brusca, l’uomo che uccise Giovanni Falcone facendo saltare in aria l’autostrada Palermo-Messina all’altezza dello svincolo di Capaci, è stato scarcerato proprio grazie alla legge sui collaboratori di giustizia voluta dal celebre magistrato. Era il il 23 maggio 1992, lo stesso anno nel luglio morirono Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta nell’attentato di via d’Amelio. Il Presidente della Repubblica Mattarella ha detto: «La Mafia non ha vinto». L’avvocato penalista Roberto Afeltra, impegnato in prima persona nel 1986 nel pool del primo maxi processo aggiunge: «La Mafia non ha vinto, ma solo questo tipo di Mafia non ha vinto».

Cosa Nostra, sottolinea Afeltra, non dà più risalto alla violenza visibile, ne ha diminuito l’enfasi, è cresciuta infiltrandosi nell’economia, negli appalti pubblici e negli immobiliari. «Premettiamo che la Mafia è una realtà di armi, pizzo e droga, che uccideva, distruggeva ville, oggi si è inserita nei massimi sistemi, arrivando sino ai vertici del nostro governo, delle multinazionali e dei colossi industriali. La Mafia non esercita più il pizzo, non commette più azioni eclatanti».

Per il penalista del pool del primo maxi processo è imprescindibile distinguere la Mafia da Camorra, Ndrangheta e Sacra Corona Unita: «La Mafia nasce, vive e si sviluppa in Sicilia, poi negli anni ’80 inizia l’emigrazione con alcuni esponenti dell’associazione a delinquere semplice insidiatisi nelle regioni di Veneto e Lombardia. È solo nell’’82, con la legge La Torre, che viene introdotta l’Associazione a delinquere di stampo mafioso e riconosciuto il relativo reato. Per Riina, Bagarella, Provenzano, Inzerillo, Badalamenti e Salvo Lima la semplice associazione a delinquere il giorno dopo diviene associazione di stampo mafioso».

«Una svolta nella lotta alla Mafia arriva con la grande intuizione di Dalla Chiesa, reduce dall’esperienza con le Brigate Rosse, quando blocca tutti i conti siciliani, “seguendo i soldi si arriva ai reati e a chi li ha commessi”», parole della sua ultima intervista nell’’82 concessa a Giorgio Bocca sulla Repubblica Come combatto la mafia.

Importante svolta fu «l’intuizione che ebbe Giovanni Falcone, magistrato unico e ineguagliabile, che pure in aula ho spesso attaccato durante il maxi processo dell’’86 per motivi tecnici e giuridici», continua Afeltra, «fu capire che il fenomeno necessitasse di uno sguardo unitario da parte della giustizia inquirente, non per filoni, altrimenti non si sarebbe mai potuto comprendere il valore unitario e pericoloso di questa Associazione». In questo contesto, la legge sui collaboratori di giustizia, voluta da Falcone stesso e che tanto clamore ha causato per la liberazione di Brusca, «si è rivelata uno strumento fondamentale per penetrare il muro di omertà e segretezza che difendeva le organizzazioni mafiose».

«La Mafia di oggi è un fenomeno diverso da quella plateale del passato ha una grande potenza economica e aggredisce la società civile. Che oggi inconsciamente ci vive senza accorgersene».