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Esclusiva

Febbraio 28 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 7 2020
Quella libreria che non c’è più

In dieci anni a Roma hanno chiuso 223 punti vendita. La Capitale perde pezzi mentre langue in Senato la nuova legge sul libro

C’è odore di disinfettante nella Feltrinelli di via Emanuele Orlando a Roma. Solo in quella del civico 79, perché l’International, civico 84 pochi metri prima, ha appena abbassato per sempre la saracinesca. Il disinfettante serve a pulire gli scaffali vuoti, di ferro bianco, pronti ad accogliere i libri da trasferire che aspettano nei cartoni “international”.

A Roma, la prima libreria Feltrinelli aprì il 10 dicembre 1964, in via del Babuino, pieno centro storico, e chiuse il 31 dicembre 2013. La seconda aprì nel 1976 ed era proprio quel civico 84, affacciato su piazza della Repubblica, diventato poi, vent’anni dopo, la sede dell’International.

Chiude un fondamentale melting pot, un riferimento non solo per i turisti, ma anche per le migliaia di studenti stranieri che vivono nella capitale. Una finestra sul mondo, col più vasto assortimento di libri da leggere in lingua originale, improvvisamente sbarrata a causa dei costi di gestione troppo elevati, come dichiara Francesca Manco, responsabile dell’ufficio stampa della Feltrinelli.

Un altro segno di come cambia la città. Come in via Margutta non abitano più i pittori che ne erano la fortuna, come non ci sono più intellettuali e scrittori, ad esempio Elsa Morante e Alberto Moravia, che passeggiano per librerie, oggi l’area di piazza del Popolo è stata conquistata da un’altra vocazione, quella turistica, e gli stabili sono stati travolti da prezzi che possono pagare (forse) solo le griffe del lusso.

Vediamo i dati. Secondo l’indagine di Confcommercio, sono 223 le librerie chiuse a Roma nei dieci anni dal 2007 al 2017. Dei 414 negozi che si contavano all’interno del Grande Raccordo Anulare ne sono rimasti 191. Va detto che, se per il 2017 si è potuta fare una verifica, telefonica o sul sito web dell’attività commerciale, per accertare che i negozi in questione fossero delle librerie, non vale lo stesso per l’anno 2007, in cui si parla di «punti vendita trattanti i libri»: è possibile quindi ipotizzare che il dato sia sovrastimato.

Ma anche altri dati sembrano interessanti. Le pagine di carta dei libri non sono affatto intenzionate a sparire dal palcoscenico del mercato. Secondo il Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia 2019, pubblicato dall’Ufficio studi della Associazione Italiana Editori (AIE) tre mesi fa, il bilancio del mercato del libro si chiude positivamente. Cresce, infatti, il numero delle case editrici attive, aumenta il numero di titoli pubblicati in cartaceo e si conferma il calo della produzione di titoli di e-book.  

E se l’Italia, rispetto alle principali editorie europee, è il Paese che ha i più bassi indici di lettura, collocandosi, inoltre, all’ultimo posto per il livello di comprensione dei testi, soprattutto nelle fasce giovani della popolazione, resta il fatto che la libreria continua ad essere il principale canale attraverso cui gli italiani comprano i libri.

È dunque un periodo di commemorazioni librarie, però le librerie, anche e soprattutto quelle indipendenti, non sono mai state così attive e vitali. E lo ha dimostrato, inoltre, la straordinaria affluenza, tre mesi fa, alla Fiera Nazionale della Piccola e Media editoria a Roma, a La Nuvola dell’Eur: più di centomila presenze.

Proprio a “Più libri più liberi”, nell’incontro introdotto da Annamaria Malato, amministratore delegato della Salerno Editrice,dal titoloemblematico Le librerie che tengono assieme le città, si è guardato da vicino a quei librai tra i più vivaci portatori di aria di cambiamento, in particolare Alessandro Alessandroni di Altroquando e Davide Vender di Odradek.

Accanto (e in seguito) a stime e sovrastime, alcuni nomi da commemorare toccano le corde dell’emozione. Basti pensare, tra gli altri, oltre alla già citata International da cui si è partiti, a The Lion Bookshop, Remainders, Fandango incontro, Coliseum o la libreria del Viaggiatore, storiche librerie, e anche luoghi di incontro con gli autori, che non ci sono più. E si ricordi poi che a Centocelle molti libri sono stati bruciati, stavolta non nei roghi dell’Inquisizione, ma in quelli dei delinquenti che hanno per due volte dato fuoco alla libreria La Pecora Elettrica, i cui proprietari, dopo il secondo incendio, hanno dovuto chiudere i battenti.

Spostandosi da Roma, un riferimento speciale va alla Paravia di Torino, nata nel 1802: la seconda più antica d’Italia. Chiusa il 28 dicembre per le feste di fine anno, non ha più riaperto. Le due sorelle che avevano ereditato dal padre la storica libreria hanno scritto un messaggio di congedo sulla loro pagina Facebook ringraziando gli appassionati.

Il settore librario arranca, come emerge dai dati e dalle preoccupazioni soprattutto di piccoli e medi librai. E la mano tesa che offre il suo aiuto non è ancora quella delle istituzioni, dal momento che il testo di una proposta di legge per promuovere la lettura, e che aiuterebbe il settore anche dal punto di vista economico, è fermo in Senato dall’estate scorsa.