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Esclusiva

Giugno 7 2020
Terapia d’urto o prigione, la ripartenza delle coppie

Un momento per riscoprire la complicità, il pretesto per fare evolvere la relazione, un banco di prova per i genitori o un momento di pausa dai litigi. Come reagisce l’amore allo stress-test della pandemia

«Con Lorenzo siamo fidanzati da diversi anni, ma non avevamo mai convissuto prima del lockdown». Giulia, 27 anni, di Massa Carrara, ha vissuto la pandemia come un pretesto. «Nel momento in cui Conte ha annunciato la chiusura mi trovavo a casa del mio ragazzo e lì mi sono fermata. È stato un test, obbligati al contatto 24 ore al giorno, ma senza la pressione di aver compiuto una scelta irreversibile». Per le coppie più giovani, preoccupate di poter trasmettere il virus ai propri genitori, a volte si è trattata di una scelta obbligata. «Una scelta che ci ha unito e ha esorcizzato la paura del ‘grande passo’».

Manuel, un designer romano trentenne, non è convinto che il virus abbia funzionato da terapia d’urto: «Tutti gli argomenti di attrito sono venuti meno, è vero. Come una livella, questa pandemia ci ha fatto riconsiderare le priorità. Abbiamo rispolverato vecchi puzzle non fatti, ci siamo improvvisati fornai, organizzato webcam di gruppo con gli amici per fare giochi di ruolo. Molto lo devo al mio ragazzo, Manuel e alla sua pazienza. Sì, si chiama come me. È stata dura perché abbiamo iniziato l’isolamento due settimane prima dell’8 marzo, perché siamo venuti indirettamente a contatto con un positivo al Covid in tempi non sospetti. Così, ci siamo imposti l’isolamento, almeno all’inizio. Cercavamo di scherzarci su, “non ti avvicinare”, gli dicevo. Il sorriso nascondeva una seria preoccupazione, ma l’abbiamo presa così. Ora che è finito, però, i problemi di prima sono riemersi. Me l’aspettavo».

Terapia d’urto o prigione, la ripartenza delle coppie

Ilaria è un’italiana che vive a Bristol, ha 29 anni e lavora part-time in una caffetteria per mantenere il figlio Nihall, di tre anni. In Inghilterra, il lockdown è arrivato a fine marzo. Chi ha parenti in Italia sapeva quanto fosse pericoloso sottovalutare il problema. «Ero già separata dal padre di mio figlio da qualche mese, ma qui non abbiamo aiuti da nonni o zii quindi abbiamo deciso di trascorrere questo periodo nella stessa casa. Ci siamo concentrati sul bambino, per tenerlo il più possibile occupato. Non è stato facile fargli capire perché non poteva più giocare con gli altri o andare al parco. Sono fortunata, Nihall è un bimbo molto intelligente e ha capito. Ammetto che stare così a contatto abbia rimesso in discussione le nostre scelte, ma alla fine con il mio ex compagno abbiamo convenuto che fosse meglio separarci di nuovo finita l’emergenza».

Caterina è un giovane medico veterinario di 26 anni e un mese prima della zona rossa si era trasferita a Milano per ragioni lavorative con il ragazzo, suo collega e coetaneo. «Alla novità del trasloco e della convivenza si è sommata la situazione del lockdown. È stata una prigione. Neanche il tempo di ambientarci e ha chiuso tutto. Per tenere il conto delle sigarette mettevamo le tacche con pennarello sullo specchio, come i carcerati sul muro. Noi veterinari abbiamo continuato a lavorare, penso sia stato il fattore più stressante. Ero impreparata a turni di 12 ore con colleghi irascibili e la paura di essere contagiata. Non sono stata capace di lasciare fuori di casa le mie frustrazioni, che si sono ripercosse sulla vita di coppia. Abbiamo litigato tanto, il problema più banale creava una discussione. Per uscirne, ci siamo confrontati continuamente, tante serie tv e sperimentazioni culinarie».

Che la pandemia abbia amplificato lo stress e la percezione dei problemi, minando l’equilibrio e la tenuta delle relazioni più stabili, è confermato anche dall’andamento delle ricerche su Google. Un’evidente insofferenza nei confronti del proprio partner è svelata dal picco delle ricerche in Italia per la frase ‘odio mio marito’, che coincide con una netta decrescita della query ‘amo mio marito’, nello stesso periodo di riferimento del lockdown. «Abbiamo valutato di terminare la relazione, ma ora posso dirti che fosse il contesto a pesare su ogni considerazione. Qualsiasi scelta fatta in quel momento sarebbe stata sbagliata», spiega Caterina.  

Confronto della frequenza di ricerca, in relazione alle frasi “odio mio marito” e “amo mio marito”

I risulti, sebbene parziali, di uno studio dell’Istituto Kinsey dell’università dell’Indiana, “Sex and Relationships in the Time of COVID-19“, sembrano confermare la tendenza. Attraverso sondaggi online, i ricercatori osservano che la metà degli adulti intervistati lamenti una diminuzione dell’attività sessuale. Se, da una parte, si fa meno sesso, dall’altra alcune coppie mostrano una resilienza particolare. Secondo uno dei membri del team, Justin Lehmiller, «Le persone stanno creando nuove e uniche opportunità per perseguire la realizzazione sessuale. Molti di loro interpretano le circostanze attuali come un’opportunità per espandere il proprio repertorio e provare qualcosa di nuovo». Se i single e le coppie a distanza – il 17 % secondo lo studio – hanno dato sfogo alle proprie fantasie con il sexting, scambiandosi messaggi o immagini sessualmente esplicite sulla chat del proprio cellulare, gli altri che, invece, hanno vissuto una relazione di coppia nella convivenza del lockdown, hanno tratto nuova linfa dalla sperimentazione. Manuel non è d’accordo e confessa, senza imbarazzo: «Non siamo una coppia particolarmente promiscua, in questa situazione non è cambiato molto. Sesso sì, ma niente di nuovo».

Marco 45 anni, da cinque anni è sposato con Katia, 43 e, al contrario, hanno colto l’occasione per aggiungere un po’ di pepe alla loro relazione: «Abbiamo avuto molto tempo libero. Lei in cassa integrazione e io disoccupato. Ne abbiamo approfittato per divertirci. Senza entrare nei particolari, direi che lo shopping su Amazon ci ha salvato».