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Esclusiva

Febbraio 23 2023
«Niente armi alla Russia, la Cina tifa per il compromesso»

Kerry Brown, direttore del Lau China Institute del King’s college di Londra, spiega a Zeta il significato del crescente coinvolgimento di Pechino nella guerra tra Mosca e Kiev

«Non credo che la Cina possa essere così sconsiderata da fornire armi in maniera massiccia alla Russia, sarebbe controproducente. Penso che il sostegno di Pechino a Mosca si manifesti soprattutto dal punto di vista morale e ideologico, al massimo economico, ma non in termini militari». Kerry Brown, sinologo e direttore del Lau China Institute del King’s College di Londra, commenta così i sospetti che vedrebbero Pechino sostenere e armare direttamente Mosca nel conflitto in Ucraina. Pochi giorni fa il Segretario di Stato Usa Antony Blinken ha detto che gli Stati Uniti sono preoccupati che la Cina possa fornire equipaggiamenti all’esercito di Vladimir Putin.

Nel frattempo, mercoledì il capo della diplomazia cinese Wang Yi è stato in visita a Mosca, a conclusione del suo tour in Europa e, secondo il professore, «c’è la possibilità che anche il presidente della Repubblica Popolare Xi Jinping decida di recarsi in Russia a breve». Alla fine dell’incontro con Putin, Yi ha voluto sottolineare che il rapporto tra Mosca e Pechino è «solido come una roccia». 

Per Brown l’obiettivo principale di Pechino è che nessuna delle due parti vinca, ma che entrambe siano disposte a scendere a compromessi. «Xi Jinping non è contento di come gli Stati Uniti e la Nato stanno gestendo la guerra. Allo stesso tempo, però, la Cina non sta prendendo una posizione netta, anche se ha un lungo rapporto con la Russia, fatto di legami economici e storici molto importanti». L’obiettivo della Cina sarebbe quello di riuscire a portare entrambe le parti a negoziare e a rinunciare a qualcosa. Pechino ha una visione multilaterale e non bilaterale delle relazioni internazionali. «Se la Russia perdesse la guerra sarebbe un fatto dal significato simbolico importantissimo. L’America e l’Unione Europea potrebbero essere in grado di dire di aver vinto. Lo stesso presidente statunitense Joe Biden ha rimarcato che c’è in gioco un vero e proprio scontro di valori per quanto riguarda la libertà e la democrazia. La vittoria ucraina sancirebbe il fatto che i valori incarnati dall’Occidente sono quelli vincenti. Credo che la Cina non sarebbe felice se questo accadesse», continua Brown. 

«L’Europa e gli Stati Uniti vogliono che la guerra finisca con un vincitore chiaro: l’Ucraina. La Cina, invece, è sospettosa perché sa che, nel caso la Russia subisse una rovinosa sconfitta, ci sarebbe un gran risentimento da parte sua e un atteggiamento antagonista sempre crescente di Mosca sul campo internazionale. Sarei davvero sorpreso, però, nello scoprire che la Cina abbia dato il suo benestare per la spedizione di armi. Questo creerebbe instabilità, un’escalation che Pechino non vuole. La Cina si schiererà sempre di più con la Russia e contro la Nato, anche se non credo che lo farà mai dal punto di vista militare». 

I rapporti tra Pechino e Washington non sono mai stati così tesi come oggi. «A causa dei problemi dovuti all’abbattimento del pallone spia che nelle scorse settimane ha sorvolato i cieli statunitensi, di quelli riguardanti le sanzioni economiche imposte dall’America e dei problemi di export tecnologico, la relazione tra Usa e Cina è estremamente complessa. Per questo motivo non mi sorprende che l’incontro tra Blinken e Wang Yi alla conferenza per la sicurezza di Monaco di questa settimana non sia stato particolarmente amichevole. È comunque positivo che i due abbiano parlato, ma deve essere riconosciuto che i contatti non stanno avvenendo in maniera amichevole. Tutti questi fattori si sommano e impattano sul loro rapporto, ma anche sulla posizione delle grandi potenze sulla guerra».

«Per la Cina sarebbe razionale non armare la Russia. La decisione di Putin dello scorso anno di invadere l’Ucraina ci ha insegnato, però, che non sempre le grandi potenze fanno la cosa più razionale. Dovremo attendere per vedere che cosa Pechino deciderà di fare contro o per la pace», conclude Brown.