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Esclusiva

Ottobre 23 2022
Il terzo mandato di Xi Jiping: «Si mette sullo stesso piano di Mao e Deng Xiaoping»

Il sinologo Francesco Sisci commenta la conclusione del XX congresso del partito comunista cinese, da cui il presidente esce rafforzato ma parla con prudenza

Per la terza volta a uscire in prima fila dalla porta dorata della Sala del Popolo di Pechino è Xi Jinping, confermato leader del partito e guida assoluta del gigante cinese per un inedito terzo mandato da segretario generale del Partito Comunista Cinese che lo terrà al potere fino al 2027. Xi ha rafforzato la sua presa sul partito e sul paese, divenendo il “nucleo” del partito, una dicitura che era stata inserita nella costituzione cinese già nello scorso congresso, come ricorda Francesco Sisci, Sinologo e professore di relazioni internazionali, che da anni segue da vicino le vicende di Pechino.

Professor Sisci, cosa significa questo terzo mandato per Xi? È un fatto storico?

Sì e no. Prima di Xi Jinping, Mao Zedong, il fondatore del partito comunista cinese, ha mantenuto il potere dagli anni Trenta alla sua morte, avvenuta nel 1976. Deng Xiaoping dal 1978 al 1995. Ciò che è diverso è la forma, comunque significativa in un paese come la Cina. Mao tenne il potere da presidente del partito, Deng da presidente della Commissione Militare Centrale. Xi lo mantiene come Segretario Generale del partito, presidente della Commissione Militare e presidente della Repubblica. Se i primi due rimasero al comando in maniera informale, lui lo fa con nuove leggi e regolamenti e restando a capo delle istituzioni chiave del paese. Si smarca dai suoi predecessori immediati come Hu Jintao, ma vuole essere in continuità con i due leader storici: ha diviso la storia cinese in tre periodi di trent’anni ciascuno: quello di Mao, quello di Deng e il suo, cancellando gli altri. Nel discorso di apertura ha fatto riferimento alla democrazia popolare che è un sistema di consultazioni dal basso verso l’alto che i cinesi sostengono essere il più efficace del mondo, intendendo implicitamente migliore delle democrazie occidentali.

Come si lega la conferma di Xi Jinping al tema della proteste contro la politica zero Covid, in particolare a Shangai?

Le proteste non sono mai state massicce, solo sporadiche, non hanno mai raggiunto un “effetto d’onda”. Tra l’altro non sappiamo se le proteste a Shangai siano state maggiori di altre città. Shangai è un centro più internazionale con un’ampia comunità estera, quindi ne abbiamo saputo di più. Non è chiaro se in altre città con meno stranieri le cose siano andate peggio o meglio.

Quali sono i cambiamenti più importanti nel Politburo, l’organo di governo centrale del partito, e come possiamo leggerli?

Sia nel Politburo ristretto (il comitato permanente di 7 membri) che in quello allargato (205 membri rinnovato per due terzi) sono stati premiati gli uomini che da lungo tempo si sono dimostrati fedeli a Xi, che dunque ne esce largamente rafforzato. Il cambio più importante è la sostituzione di Li Kequiang con Li Qiang, ex segretario di partito di Shangai. Li Kequiang per quindici anni era stato un pari grado di Xi Jinping, entrambi erano entrati come futuri leader nel 2007, poi dal 2012, l’anno dell’inizio della presidenza Xi, quest’ultimo ha accumulato sempre più poteri. Ora il primo ministro è in tutto e per tutto un uomo di Xi, non più un pari grado e potenziale rivale interno. L’altro elemento interessante è la permanenza nel Politburo ristretto di Wang Huning: si tratta del capo ideologico del partito, segnale che lo sforzo filosofico di strutturazione del paese rimane molto importante per Xi.

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Come legge la rimozione a favore di telecamera dell’ex presidente della Repubblica Hu Jintao, portato via dalla sala da due commessi prima della cerimonia conclusiva?

Sono usciti altri filmati che mostrano che stava male già quando è stato portato nella sala. Quindi le interpretazioni cospiratorie non mi sembrano stare in piedi. La domanda vera è: se tutti sapevano e si vedeva che stava male perché l’hanno portato lì lo stesso? Questo indica la volontà di mostrare come Xi sia appoggiato dai veterani del partito, che sono una constiunecy molto potente. Tra i veterani ci sono malumori verso Xi e quindi avere Hu Jintao in prima fila a suo sostegno mostrava compattezza del partito. Perciò doveva esserci anche se stava male.

Dopo il congresso la situazione di Taiwan è più preoccupante?

Su Taiwan non noto grandi cambiamenti, anzi ho visto un atteggiamento prudente. Nel discorso iniziale si è parlato di far avanzare i rapporti, ma non si sono dati termini massimi per riprendere il controllo dell’isola.

Cosa significa questo congresso in relazione alla crisi tra Russia e Ucraina e come deve porsi l’Occidente?

L’impressione è che la Cina abbia sbagliato nel valutare il decorso della crisi Ucraina e ora sta cercando di allontanarsi dalla Russia per non essere coinvolta nella sua sconfitta. È ragionevole che Putin si sia affrettato a fare gli auguri a Xi, ma nel discorso di chiusura il presidente cinese ha parlato di collaborazione e apertura con tutti i paesi del mondo, quindi offre un ramoscello d’ulivo all’Occidente e non c’è alcun accenno a Russia e Ucraina. Qui per me si può intravedere un possibile inizio di un cambiamento sulla politica internazionale, ma ovviamente dobbiamo aspettare i fatti e vedere cosa succederà.