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Esclusiva

Febbraio 28 2023
Usa e Ue alla prova TikTok

La pervasività cinese in materia di innovazione tecnologica preoccupa Washington e Bruxelles. In corso discussioni per il trattamento dei dati dell’azienda di Pechino

Il 9 marzo 2000 Bill Clinton, presidente degli Stati Uniti da quasi otto anni, parla alla Nitze School of Advanced International Studies della John Hopkins University. Internet è ancora in fase di sviluppo, ma l’inquilino della Casa Bianca non ha dubbi su come la rete sconvolgerà le consuetudini del Partito Comunista cinese: «Nel prossimo secolo la libertà si trasformerà attraverso il telefono cellulare e il modem. Sappiamo quanto Internet abbia cambiato l’America, immaginate quanto potrà cambiare la Cina». E ancora: «La Cina ha provato a controllare internet, be’, buona fortuna».

A quattordici anni di distanza è Joe Biden a lanciare la sfida alla Repubblica Popolare davanti all’accademia di aeronautica. «Vi sfido a trovare un solo progetto o idea innovativa proveniente dalla Cina. Non ci preoccupano».

Sono passati ventitré anni dal discorso di Clinton, nove da quello di Biden, ma con TikTok la Cina ha dimostrato di saper innovare e far presa con le proprie invenzioni anche al di fuori dei propri confini. TikTok, controllato dalla cinese ByteDance, provider in patria di Douyin, un social analogo, ha più di 140 milioni di utenti mensili negli Stati Uniti e 125 milioni nell’Unione Europea. Una questione che tormenta da anni l’amministrazione americana, visto che già Trump nel 2020 aveva dato mandato esecutivo, tramite l’International Emergency Economy Powers Act, di ridurre le capacità di mercato dell’azienda negli USA. Decisione poi ribaltata dalle corti federali. Mentre in Europa, il 23 febbraio 2023, la Commissione Europea ha ordinato ai propri dipendenti di disinstallare il social.

Che in Occidente TikTok costituisca un problema per come tratta i dati personali è adesso evidente, dopo che da mesi molti stati americani hanno optato per la rimozione del social dai dispositivi statali. Venticinque in particolare hanno coinvolto tutti i tipi di apparecchi elettronici di ogni dipartimento governativo, mentre tre (West Virginia, Pennsylvania e Florida) hanno chiesto di eliminare l’app a coloro che lavorano nel dipartimento del Tesoro e negli uffici dei governatori. Dal 28 febbraio, inoltre, l’amministrazione guidata da Biden ha deciso che i lavoratori federali dovranno disinstallare l’applicazione entro 30 giorni.

Interrogati da Zeta, i rappresentanti della piattaforma hanno detto di dirsi «preoccupati che, invece di incoraggiare il governo a concludere la revisione sulla sicurezza nazionale di TikTok, alcuni membri del Congresso abbiano deciso di spingere per un divieto dettato da motivazioni politiche, che non farà nulla per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Continueremo a informare i membri del Congresso sui piani che sono stati sviluppati sotto la supervisione delle più importanti agenzie di sicurezza nazionale del nostro Paese – piani che siamo in procinto di implementare – per rendere ancora più sicura la nostra piattaforma negli Stati Uniti».

TikTok visto da Bruxelles

«La Commissione europea è un’istituzione e come tale ha un forte focus sulla protezione della sicurezza informatica ed è per questo che abbiamo preso questa decisione», ha spiegato il commissario Ue per il Mercato interno Thierry Breton. «Siamo estremamente attenti a proteggere i nostri dati». La risposta della piattaforma non si è fatta attendere: Giacomo Lev Mannheimer, che si occupa della supervisione di TikTok nell’area del Sud Europa, ha affermato che «mai Pechino ci ha chiesto dati sensibili e anche se lo avesse fatto non lo avremmo accordato».

Alessandro Aresu, autore del libro “Il dominio del XXI secolo”, ha parlato del blocco imposto dall’Unione Europea, molto in linea con quello US: «Il contesto che io ho studiato meglio è quello degli Stati Uniti. Da diversi anni esiste un procedimento che va avanti nel CFIUS (The Committee on Foreign Investment in the United States). Una security review dove l’azienda e il governo US stanno discutendo le condizioni dell’operatività di TikTok negli Stati Uniti. Un’azienda che resta molto importante perché ha riscosso grande successo di utenti negli Stati Uniti e in Europa, dove era relativamente atteso un trattamento della vicenda simile a quello americano. Sicuramente tra i decisori europei in materia di garanzia e privacy e l’azienda vi saranno ulteriori discussioni nel prossimo futuro».

Sulla questione si è espresso anche Ben Scott, direttore di Luminate ed ex consigliere di Barack Obama: «TikTok rappresenta una grande minaccia dal punto di vista del trattamento dei dati. Negli ultimi anni la piattaforma ha acquisito milioni di informazioni degli utenti».


I rapporti con l’Oriente

Nel 2022, da quando la House of Representitives è passata in mano al partito repubblicano, le commissioni d’inchiesta sono diventate sempre più frequenti. In particolare, i repubblicani, trovando sostegno anche di una larga fetta di deputati democratici, hanno istituito una commissione sui rapporti commerciali tra Cina e Stati Uniti. Una preoccupazione che rasenta la paura, e che nelle ultime settimane è stata resa ancora più concreta dallo scandalo dei palloni spia cinesi.

Il fatto che la proprietà di TikTok sia cinese ha giocato un ruolo decisivo nella vicenda, come afferma Alessandro Aresu: «Non è semplice giudicare tutti gli aspetti legati alle dinamiche dei dati. Un tema che sicuramente ha caratterizzato le operazioni negli Stati Uniti è la proprietà di TikTok, che è del gruppo cinese ByteDance».

Di certo c’è che la Cina, e in generale tutto il blocco orientale, si relazionano meglio con il mondo digitale di quanto si aspettasse Clinton e, adesso, guidano il mercato di molte filiere della tecnologia: «Quel discorso di Clinton era fuori bersaglio, lo ha dimostrato la storia, perché la rete e le tecnologie legate ad Internet, è evidente a tutti, possono essere utilizzate sia per fini di libertà che per fini autoritari e di controllo. Una cosa, poi, che si è molto sottovalutata è stata la risposta cinese alla grande recessione. Per loro è stata l’occasione con cui si è investito sempre di più su tecnologie di frontiera, questioni di cui noi non ci siamo nemmeno accorti, come le batterie. In particolare, dal 2009 al 2015».

Guardando dall’Italia può sembrare che la Cina occupi un ruolo monopolistico all’interno dello scenario asiatico. Ma non è così: «È interessante vedere cosa hanno fatto e faranno vari Paesi dell’Asia orientale. È uno spazio che per l’innovazione, il capitale umano, le nuove tecnologie è importante nel suo complesso – spiega Aresu – Per Taiwan c’è tutta la filiera della microelettronica, ma anche per Paesi come la Corea del Sud e il Giappone, che sono importantissimi in alcune filiere tecnologiche. Poi c’è l’interrogativo sul ruolo di quello che oggi è il Paese più popoloso del mondo, ovvero l’India, che ha bandito TikTok da qualche anno. Vedremo come anche loro entreranno in queste dinamiche».