«Parliamo di bambini, non parliamo di madri, e i bambini in carcere non ci devono stare», afferma così Giovanna Longo, presidente dell’associazione “A Roma Insieme” che dal 1991 si occupa di tutelare i diritti dei figli, minorenni, delle donne detenute. Eppure oggi in Italia sono 26 i bambini al di sotto dei sei anni che vivono all’interno degli istituti di detenzione con le loro madri, nonostante i tentativi e le proposte di legge presentate per modificare la normativa vigente.
In estate era stata la caduta del governo Draghi a fermare l’iter della proposta di legge dell’On. Paolo Siani (Pd), già approvata alla Camera e interrotasi poi al Senato nel giugno 2022. Nell’attuale XIX legislatura il Pd, all’opposizione, ha riproposto le medesime “Disposizioni in materia di tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori” (Atto Camera 103) per modificare la normativa vigente e ridurre al minimo, fino a eliminare, la possibilità che bambini molto piccoli siano costretti a vivere la realtà del carcere insieme alle loro madri.
A ripresentare la proposta di legge alla nuova legislatura è stata la prima firmataria On. Debora Serracchiani (Pd), ma lei stessa, insieme al partito, il 23 marzo ha ritirato la firma, interrompendo l’iter, dopo la conclusione dell’esame in commissione Giustizia della Camera, a causa degli emendamenti presentati dalla maggioranza di governo. Le proposte di Fratelli d’Italia e Lega, secondo il Pd, hanno infatti modificato l’obiettivo iniziale, che è sempre stato quello di tutelare i minori e non di favorire le condizioni delle madri detenute: «Sono due cose distinte, le condizioni dei bambini che si trovano già in carcere e la condizione delle donne, per questo insistiamo almeno sulla necessità delle case-famiglia protette», continua Longo.
La maggioranza (FdI-Lega) aveva infatti contestato, fra le diverse modifiche proposte dal testo originario, il “differimento automatico della pena”, ossia il rinvio della detenzione per donne incinte o con figli di età inferiore a un anno. Proprio sul differimento della pena è intervenuto con un tweet anche il ministro e vicepremier Matteo Salvini, orientando il dibattito pubblico verso una deriva decontesualizzata, contro le “borseggiatrici deliquenti”, che nelle fotografie del suo tweet sono di etnia rom, pur non qualificate come tali in modo esplicito:
«Mentre il PD difende vergognosamente borseggiatrici e delinquenti, la Lega sta dalla parte della sicurezza di milioni di italiani».
Un riferimento che, secondo Longo, presume che i bambini in carcere siano soltanto o quasi tutti di etnia rom e che inoltre serve da diversivo, impedendo di affrontare «con reale volontà politica» la questione delle madri in carcere.
«Adesso si ricomincia daccapo ma non daremo tregua», afferma Longo anche a nome dell’associazione “A Roma Insieme” che da oltre trent’anni lotta proprio per garantire misure alternative al carcere per i bambini costretti a nascerci o viverci per anni interi insieme alle madri. In poche ore sono state già attivate le prime forme di partecipazione dal basso, come raccolte firme e manifestazioni, ma è soprattutto in Parlamento che si dovrà reagire.
La maggioranza e in particolare la Lega, attraverso l’onorevole Jacopo Morrone, primo firmatario, e il sottosegretario alla Giustizia Sen. Andrea Ostellari, ha da subito annunciato l’intenzione di ripresentare la proposta di legge in Parlamento, comprensiva degli emendamenti che hanno sancito il ritiro delle firme da parte del Pd. Secondo Longo, se l’opposizione risponderà a breve con un’ulteriore proposta di legge sull’argomento, come è probabile, «si arriverà allo scontro» in Parlamento, su una questione che, nonostante sia sulle pagine dei giornali e dei settimanali di inchiesta da anni, adesso inizia sul serio ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica.
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