Esclusiva

Maggio 10 2023.
 
Ultimo aggiornamento: Maggio 17 2023
«Impossibile trovare un altro come Arman Soldin» Il ricordo dei colleghi

Il 9 maggio è rimasto ucciso in Ucraina un videoreporter dell’agenzia France Presse durante un attacco russo

«I 30 secondi più lunghi della mia vita» aveva scritto Arman Soldin in un tweet di inizio maggio in cui raccontava di una ventina di esplosioni di fila a 50 metri da dove una squadra di soldati ucraini stava scavando una trincea. «È un miracolo che nessuno si sia fatto male. Non stavamo andando in un “luogo particolarmente pericoloso”, ma era molto probabile che fossimo stati avvistati da un drone di osservazione russo, nonostante il tempo».

Originario di Sarajevo ma cresciuto in Francia, Arman Soldin è stato ucciso mentre si trovava sul fronte nell’est dell’Ucraina. Aveva iniziato a lavorare come stagista per Agence France Presse (Afp) a Roma nel 2015 per poi trasferirsi nel bureau centrale di Londra. 

«Si dice che nessuno è insostituibile, ma Arman sì, è davvero impossibile trovare un altro come lui» ha raccontato a Zeta Marc-Henri, suo collega e amico della France Presse. «Lui era sempre spericolato, cadeva sul motorino a Roma, io mi preoccupavo sempre per lui perché guidava come un matto e mi faceva paura. Lui viveva la vita così, era spericolato ma non matto, non uno che cercava la morte ma uno che si voleva godere la vita appieno. E poi aveva questo grande talento di farsi voler bene da tutti».

Il bombardamento in cui è rimasto vittima è avvenuto verso le 16.30 (ora locale) nei pressi di Chasiv Yar, vicino a Bakhmut. È stato colpito da uno dei razzi partiti da un lanciatore Grad, come riferito dai suoi colleghi, rimasti tutti illesi, che al momento dell’esplosione si trovavano insieme a un gruppo dell’esercito ucraino.

Arman si trovava ormai da un anno e mezzo al fronte, avendo seguito il conflitto fin dall’inizio. Il 24 febbraio 2022 era stato scelto nel team in partenza per l’Ucraina. Da settembre era diventato coordinatore video dell’agenzia.

«Lui non è mai andato lì per i motivi sbagliati, per narcisismo o per far vedere di essere in Ucraina, lui stava li perché era un racconto personale dentro di sé, della guerra da cui era sfuggito quando era piccolo e poi perché era coraggioso e in gamba. Però ha tirato troppo la corda: un anno e mezzo è veramente troppo». Queste le parole del suo amico Marc-Henri che stanotte non è riuscito a chiudere occhio pensando che la mattina dopo si sarebbe svegliato senza Arman.

«Il lavoro di Arman inglobava tutto quello che ci rende fieri dei nostri giornalisti in Ucraina», ha dichiarato il direttore del notiziario Afp, Phil Chetwynd, in un comunicato. «Era un giornalista pieno di energia, coraggioso ed entusiasta, pronto sempre a lavorare nei posti e nelle situazioni più difficili», ha aggiunto la direttrice della France Presse sezione Europa, Christine Buhagiar.

Arman Soldin, 32 anni, era conosciuto per i suoi lavori come videogiornalista e reporter, ma è stato ricordato da tutti per il suo coraggio e la sua capacità di farsi volere bene. Sul suo profilo Twitter, intervallata dai suoi reportage sul campo in Ucraina, c’è la storia di Lucky, un piccolo riccio che ha trovato ferito e ha tenuto con sé per giorni. Così come la foto più usata da tutti i notiziari che gli è stata scattata dall’amico e collega Bulent Killic, che lo ritrae con il caschetto in testa e la scritta Press mentre sorride con un gatto rosso sulla spalla.

«L’intera agenzia è devastata dalla perdita di Arman», ha dichiarato Fabrice Fries, presidente di France Presse. «La sua morte ci mette in guardia dai rischi e dai pericoli che corrono i giornalisti che stanno coprendo la guerra in Ucraina». 

Il conflitto russo-ucraino si è distinto fin dall’inizio come rischioso per i giornalisti, che in alcuni casi sono stati bersagli precisi. Gli ultimi dati riguardo il numero di giornalisti vittime di questa guerra risalgono a marzo, quando la polizia ucraina aveva riferito che dallo scoppio dell’invasione russa nel suo territorio erano stati individuati almeno 54 casi che possono essere considerati crimini di guerra contro i giornalisti. A marzo erano 29 i giornalisti morti, 17 quelli rimasti feriti e 12 i reporter ritrovati in territori controllati dalla Russia a cui è stato impedita la libertà di movimento, a quanto riferito dal vicecapo della polizia nazionale ucraina, Maxim Tsutzkiridze. Per la maggior parte dei casi sopra citati sono stati avviati procedimenti penali sulla base di questi ipotetici crimini.

Con la morte di Arman Soldin il numero di reporter che ha perso la vita in un anno e mezzo, cioè dallo scoppio di questo conflitto, salirebbe a 30. 

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