Esclusiva

Maggio 10 2023
Non è lontano il cinema dell’AI

Da ChatGPT agli effetti speciali in AI, le prospettive dell’industria audiovisiva che supera i limiti umani

Lo sciopero degli sceneggiatori a Hollywood entra nella seconda settimana, rivelando più criticità di quelle prospettate a inizio maggio. I grandi studi di produzione, da Warner a Hbo hanno già inviato lettere di sospensione dei contratti a tempo indeterminato agli sceneggiatori che manifestano da ormai sette giorni a New York e Los Angeles (fonte Deadline). Per provare a risolvere in breve tempo il blocco dell’industria, si è rivelato necessario persino l’intervento del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che si è espresso durante una proiezione speciale della nuova serie Disney American Born Chinese (con lo stesso cast del trionfatore agli Oscar Everything Everywhere All at Once).

 «Spero che lo sciopero si risolva e che agli autori venga garantito un accordo più giusto possibile. Questa (della televisione, ndr) è un’industria americana iconica e ricca di significato e abbiamo bisogno che gli sceneggiatori, tutti gli sceneggiatori, raccontino le storie della nostra nazione e le storie di tutti noi», ha affermato il presidente.

Uno dei punti ancora irrisolti, anzi uno dei più spaventosi per l’intera professione in sciopero, è la mancanza di una legislazione in grado di tutelare gli sceneggiatori nell’era di ChatGpt e simili generatori di testo e immagini. L’intero processo del cosiddetto filmmaking, infatti, non è lontano dall’essere automatizzato. Quando arriverà il primo film realizzato dall’intelligenza artificiale? È la domanda che circola sempre più negli ambienti dell’industria. La risposta, in realtà, è arrivata già il 17 dicembre 2022 con The Safe Zone, distopia futuristica scritta e diretta da ChatGpt e non solo. La chat di OpenAi, infatti, è stata usata anche per creare l’intera lista di inquadrature, comprese le preferenze di luce e lente della camera, l’elenco dei prop (gli oggetti di scena) e lo storyboard, o meglio, i prompt da usare con il generatore di immagini Dall-E per creare delle bozze di inquadrature.

Sono tutti elementi che appartengono alla tecnica, all’artigianalità e alla manualità del cinema e che per questo creano malcontento soprattutto all’interno di un’industria da milioni di lavoratori, come quella del cinema e della televisione statunitense.

È una rivoluzione, tuttavia, che riguarda allo stesso modo anche attori e attrici ormai da diversi anni. Si ricorderà il caso creato da Martin Scorsese con The Irishman, quando per avere per la prima volta insieme in un suo film Robert De Niro, Joe Pesci, Harvey Keitel e Al Pacino fece ringiovanire De Niro attraverso gli effetti speciali per assegnargli un ruolo lontano dalla sua età anagrafica.

Dal 2019 a oggi i progressi della computer grafica e del deep fake sono stati esponenziali. La tecnica si è affinata nei dettagli fino a non permettere in alcuni casi – a occhi non esperti – di distinguere un volto reale da uno modificato in digitale.

Il cinema ne guadagna in termini di spendibilità di volti e ruoli che ormai sembravano persi per sempre. Chi avrebbe potuto immaginare che nel 2023 Harrison Ford avrebbe indossato di nuovo il cappello di feltro e l’iconica frusta di Indiana Jones a 80 anni?

Nel quinto capitolo della saga, che verrà presentato la settimana prossima a Cannes, Ford non dimostra più di quarant’anni, la stessa età che aveva ne I predatori dell’arca perduta (1981) e l’attore ha già dichiarato in diverse interviste negli Stati Uniti che l’intelligenza artificiale ha avuto un ruolo cruciale nella fattibilità di Indiana Jones 5 (Il quadrante del destino).

Il suo vero volto è stato ringiovanito a partire da una rielaborazione di tutte le immagini e le riprese in possesso della società di produzione Lucasfilm (di George Lucas), dai film precedenti di Indiana Jones fino allo Star Wars del 1977.

«Non so come abbiano fatto, ma quella è la mia vera faccia», ha detto Ford al Late Show di Stephen Colbert. È un processo che richiede molta preparazione tecnica, ma per l’attore non comporta alcun cambiamento nella recitazione, l’aveva spiegato su Zeta il regista Giacomo Spaconi (l’intervista a questo link).

Per la prima volta dopo anni di sperimentazione il risultato del deep fake su un volto riconoscibilissimo è credibile e questo apre a nuove possibilità oltre i limiti dell’umano stesso.

Se la prossima volta, al posto di Harrison Ford ci fosse James Dean in una nuova Gioventù bruciata? La tecnologia lo permette già e, forse, la curiosità è troppa per non provarci almeno una volta.

Dalla rubrica Effetto Cinema leggi anche: Le piattaforme non temono più lo sciopero degli sceneggiatori