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Esclusiva

Dicembre 12 2023
Vigonovo, il lago e la memoria dei luoghi

Da villaggio dei Sarmati a eccellenza del settore calzaturiero: un paesino di 9000 anime che l’Italia ha imparato a conoscere

Garlasco, Erba, Cogne, Avetrana: nella cronaca nera, i nomi dei luoghi si cristallizzano nella memoria collettiva e diventano marchio del delitto. Lo stesso è avvenuto dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin per il suo paese Vigonovo e il lago di Barcis, dove è stato rinvenuto il cadavere.

Il nome antico di Vigonovo è Sarmazza, eredità dei Sarmati, gruppo etnico iranico proveniente dall’odierna Ucraina, che si insediò nella regione del nord-est Italia nel III secolo d.C., durante un periodo di tensione politica nell’Impero Romano. Le ragioni per il loro insediamento non sono chiare; alcuni storici suggeriscono che i Sarmati fossero ausiliari dell’Impero Romano nelle sue campagne contro i barbari. Dopo la guerra, alcuni di loro potrebbero essersi stanziati nella regione come coloni o presidi armati nelle terre conquistate. Nel periodo medievale il nome diventa quello attuale, “Vicus Novus”, ovvero villaggio nuovo.

Quando i Sarmati raggiunsero l’Italia nord-orientale, il Lago di Barcis, ovvero il luogo dove è stato ritrovato il corpo di Giulia Cecchettin, non esisteva ancora. Di origine artificiale, è nato negli anni ‘50 per produrre energia elettrica, e oggi è una località balneare che offre vela, surf, kayak, canoa. 

“Barcis ti stupirà! All’uscita dal ventre vertiginoso della Forra del Cellina, Barcis regala un respiro verde di natura, acqua e cielo in gradazione” così declama la pagina web dedicata al Lago di Barcis all’interno dei Luoghi del Cuore FAI – censimento del patrimonio culturale dei luoghi da non dimenticare. A 402 metri di altitudine nel cuore della Valcellina (provincia di Pordenone), il lago ha una profondità massima di 45 metri. “Sale per l’ampia valle e si diffonde lento ed eterno il mormorio del fiume che passa. Al fondo d’una conca verde Barcis riposa” scrive Giuseppe Malattia della Vallata, poeta originario di Barcis, a cui è dedicato un Premio letterario.

Come tutto il Triveneto, Barcis e Vigonovo entrano in Italia solo nel 1866, con la Terza guerra d’indipendenza dagli austriaci. La storia di Vigonovo è – come per molti altri comuni del Nord-est – una storia di emigrazione. Molti contadini veneti e friulani, tra l’Ottocento e il Novecento, si sono diretti verso le Americhe, in particolare alla volta del Brasile. Emblematico è il volume “Merica! Merica! Emigrazione e colonizzazione nelle lettere dei contadini veneti e friulani in America latina (1876-1902)” (1979) dello storico Emilio Franzina. Quest’opera raccoglie lettere di contadini del Nord-est emigrati in Brasile nell’Ottocento, evidenziando l’importanza delle testimonianze dirette e memorie autobiografiche. Colpiti da svariate calamità,pessimi raccolti,ed imposte insostenibili, i contadini avevano una sola opzione: la fuga oltreoceano.

Vigonovo oggi è un comune a un’altitudine di 8 metri e si estende per quasi 13 km all’incrocio tra il corso del Brenta e quello del Naviglio del Brenta. Posto al confine tra le due province, è parte della città metropolitana di Venezia, ma afferisce alla diocesi di Padova. La sua festa patronale, dedicata a Santa Maria Assunta – da cui prende il nome una delle principali chiese – è celebrata a Ferragosto. Il sindaco è Luca Martello, appoggiato dalla lista civica “Viviamo Vigonovo”, ha vinto le elezioni comunali dell’ottobre 2021, sconfiggendo le coalizioni di centrodestra e centrosinistra. Martello si è affermato con 1963 voti, ovvero il 47,6% delle preferenze. Vigonovo conta solo 9835 residenti al 1° gennaio 2023, di cui 1180 sono stranieri (fonte: ISTAT). 

Grafico andamento storico popolazione Comune di Vigonovo (VE)
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La crescita demografica ha subito negli ultimi dieci anni un rallentamento che va di pari passo con i trend nazionali e la piramide delle età oggi assomiglia molto a quella nazionale. L’unica anomalia è rappresentata dal restringimento nelle fasce di età dai 20 ai 29 anni, in parte dovuta al numero di studenti e lavoratori fuori sede, categoria in cui rientrava anche Giulia Cecchettin. Ciò si traduce in una partecipazione civica limitata: con 22 associazioni registrate all’albo comunale, Vigonovo si colloca ben al di sotto della media nazionale di 61 istituzioni non-profit ogni 10mila abitanti (Fonte: ISTAT).

La storia di Vigonovo, le sue istituzioni, e le tendenze economiche e demografiche non parlano solo di un paesino del Nord-Est, sono uno spaccato del Paese. Come l’Italia, Vigonovo ha radici antiche, è stata terra di emigranti, con un’economia di tradizione agricola che ha poi virato verso la manifattura di qualità e l’industria. Oggi la maggioranza della popolazione è occupata nella produzione calzaturiera, che domina l’imprenditoria locale da oltre 100 anni. Il fatturato di questo distretto nella Riviera del Brenta ha sfiorato nel 2019, con oltre 10500 addetti, i 2,1 miliardi di euro, realizzando quasi 21 milioni di paia di scarpe, di cui il 92% destinate ai mercati esteri. 

Le scarpe realizzate a Vigonovo per star come l’ex first lady Michelle Obama e le cantanti Mariah Carey e Rihanna, danno respiro internazionale ad una cittadina sconosciuta ai più fino a un mese fa. La ricostruzione storica di questa eccellenza locale del made in Italy parte da “Voltan”, il primo calzaturificio fondato nel 1898 nella Riviera del Brenta da Luigi Voltan. Quest’ultimo ha seguito sin da bambino le orme di suo padre, calzolaio della zona. Egli emigrò negli Stati Uniti, dove entrò in contatto con le innovazioni tecnologiche del settore, sviluppando un metodo nuovo di lavoro.

Dopo il femminicidio, Vigonovo e la famiglia Cecchettin sono diventate il simbolo di proteste e manifestazioni che sono partite dal piccolo centro veneto e si sono propagate in tutta Italia. Sulla scorta di una rinnovata consapevolezza sul tema della violenza maschile, nella giornata del 25 novembre quattro ragazzi di 16 anni hanno fermato e fatto arrestare un uomo nella frazione di Tombelle. Il settantunenne aveva aggredito la moglie, colpendola con calci. Il pensiero dei giovani era subito corso a Giulia Cecchettin: «È stato inevitabile. Quindici giorni fa l’hanno uccisa. E l’altro ieri, sempre qui, sempre nel paesino in cui viveva lei, un’altra donna ha corso un pesante rischio. È una roba davvero brutta».

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