Esclusiva

Marzo 1 2024
I giornalisti a Roma denunciano il massacro a Gaza e difendono la libertà di stampa

I reporter protestano, chiedendo fine al massacro e accesso libero per la stampa nella Striscia. Marcello Frecciaroli di Rai3 ribadisce l’importanza di commemorare i colleghi caduti e di contrastare l’autocensura mediatica

Roma, la pioggia, il freddo. A Largo Argentina, davanti ai resti delle antiche architetture romane, è stato allestito un piccolo chiosco dai giornalisti che sono scesi in piazza per chiedere di cessare il fuoco e aprire un’inchiesta internazionale indipendente sul massacro dei reporter e operatori dell’informazione nella guerra a Gaza.

Un cartellone bianco, con la scritta rossa “basta sangue sui nostri giubbotti” è stato appeso dagli organizzatori della manifestazione. Una squadra di giornalisti con le pettorine blu e la scritta “Press”, il microfono collegato a grandi casse e la voce tremante urlano: “Basta! Basta sangue. Bisogna alzare la voce”. 

Decine di disegni rappresentanti ritratti stilizzati di reporter uccisi a Gaza vengono alzati dalle mani dei manifestanti: Yousef Maher Dawas, Roee Idan, Sead al Halabi e tanti altri. 

“Sono morti più giornalisti a Gaza sotto le bombe israeliane, che in tutta la seconda guerra mondiale”, grida uno dei presenti. Secondo la Federazione internazionale dei giornalisti, dal 7 ottobre sono stati uccisi 120 operatori del settore tra cui 75 palestinesi, 4 israeliani e 3 libanesi. 

Un lungo applauso è scoppiato dopo l’intervento di Marcello Frecciaroli, inviato di Rai3, che ha ribadito il motivo per cui oggi fosse importante scendere in piazza. “Commemorare 120 colleghi che hanno perso la vita a Gaza”, sottolineando l’importanza di utilizzare le parole con attenzione e offrendo sostegno ai giornalisti che svolgono un lavoro eroico. Ha poi menzionato un appello globale, firmato da reporter di tutto il mondo, che esorta l’esercito israeliano a permettere l’accesso a Gaza, ma che non ha mai ricevuto risposta. 

Frecciaroli ha proposto di contrastare le restrizioni al territorio condividendo e sottoscrivendo il lavoro dei giornalisti della Striscia, essenziale per diffondere la verità su quanto sta accadendo secondo l’inviato di Rai3. Ha elogiato la dedizione di coloro che rischiano la vita per riportare le notizie da Gaza e ha criticato la narrazione dei media italiani sul conflitto, notando una preoccupante tendenza all’autocensura per paura del dissenso da parte di editori o superiori.

“Provo molta vergogna perché noi, così, non riusciamo a riportare quello che sta succedendo a Gaza. Senza i giornalisti che sono nella Striscia, noi non sapremmo nulla di quello che succede. Israele vieta a qualsiasi reporter internazionale di varcare quel territorio”, così si esprime, con voce tremante e le lacrime agli occhi, Chiara Cruciati, redattrice de Il Manifesto.

Un giornalista e videomaker della Rai, con la pettorina blu e la scritta “Press” sporca di rosso, ha iniziato il suo discorso così: “Dobbiamo spiegare che ogni pallottola rivolta ad un giornalista nella Striscia di Gaza è una pallottola rivolta contro il diritto dei cittadini di essere informati. Stanno ammazzando il diritto all’informazione”. Ha poi voluto sottolineare che i reporter non partecipano alla guerra, ma si limitano a raccontarla. 

Infine un foglio con due richieste: la prima indirizzata all’ONU, chiedendo norme aggiornate per proteggere i giornalisti nei luoghi di conflitto, simili a quelle fornite agli operatori umanitari e sanitari. La seconda, sempre all’ONU, rivolta più specificatamente al Relatore Speciale per la libertà di stampa, affinché si organizzi una missione internazionale per garantire l’accesso dei giornalisti a Gaza. Ha concluso dicendo: “Cerchiamo di essere noi la loro voce. Diamo voce a chi i luoghi li vive, li consce e li racconta”.