Rari Nantes in gurgite vasto. Nel verso 118 del Libro I dell’Eneide di Virgilio, i “rari nuotatori” sono Enea e i suoi compagni, soli in mezzo al mare, dispersi tra le onde e i resti delle navi troiane ormai affondate. Con tanto sforzo, arrivarono sulle rive del Lazio, dove i loro discendenti fondarono Roma. Proprio come Enea, sono tante le famiglie che attraversano il Mediterraneo in cerca di una vita migliore in Italia. Tutto per loro riparte da zero, con storie di sofferenza sulle spalle. Non ci sono più casa, scuola e parenti. Da questa immagine, Liberi Nantes prende il suo nome.
L’associazione sportiva è nata nel 2007 dall’idea di un gruppo di amici, appassionati di calcio e mossi dalla voglia di accogliere i ragazzi migranti. Quale più forte provocazione al razzismo se non una squadra formata da rifugiati e richiedenti asilo. Partirono dai centri accoglienza di Roma e provincia proponendo ai giovani di giocare a calcio. Le adesioni furono subito tantissime e iniziarono a giocare su campi affittati. Fino a quando nel 2010 la squadra si spostò a Pietralata, anno in cui il campo XXV aprile divenne la casa di Liberi Nantes.
Il campetto fu costruito negli anni ’60 su iniziativa popolare. Divenne un punto di riferimento per la zona, in particolare per l’attenzione che c’era nei confronti della storica squadra di Pietralata, l’Albarossa. Ma quando negli anni ‘90 fallì, tutta la struttura venne lasciata in stato di semiabbandono. Dopo vent’anni, l’ATER – l’ente pubblico proprietario – la affidò all’associazione.
«Oggi Liberi Nantes è un’esperienza potentissima. Per chi viene da storie drammatiche e affronta la traversata in mare in cerca di salvezza, c’è bisogno di un posto dove non sentirsi soli» racconta la vicepresidente dell’associazione Paola Varricchio. «Mettere le persone in campo e farle giocare significa restituirle a se stesse, in una dimensione in cui sono fuori dai problemi, dal passato, e dove tutti sono uguali mentre calciano un pallone» prosegue.
La struttura offre attività gratuite non solo per i giovani migranti, ma anche per gli abitanti del quartiere e per tutti coloro che si trovano in situazioni di difficoltà. «Vengono a giocare a calcio e praticano atletica minori dai 6 ai 18 anni. Poi c’è la prima squadra, composta sia da ragazzi dei centri accoglienza che da italiani, un’idea di inclusione che diventa realtà» sorride Paola, mentre saluta le ragazze della squadra femminile di calcio a 5.
Lo sport che insegna a vivere in una comunità ampia e diversificata. Ulrich, 25 anni e originario del Camerun, ne è testimone. Oggi è il capitano della squadra di Liberi Nantes: «Due anni fa ero appena arrivato in Italia e avevo un sogno, giocare a calcio» dice ridendo. «Un mio amico mi ha proposto di iniziare qui e per me è stata un’opportunità bellissima. Ho incontrato tanti ragazzi che vengono dall’Africa come me, integrarmi è stato facile. Abbiamo formato una vera famiglia». Insieme ai compagni, si allenano due volte a settimana. La domenica poi ci sono le partite del campionato nazionale della lega dilettanti di seconda categoria.
I ragazzi e le ragazze vengono preparati anche tecnicamente: «Sul campo noi insegniamo ai ragazzi e loro insegnano a noi» racconta Honba Jean Bosco, allenatore di Liberi Nantes, anche lui camerunese. «Dobbiamo trovare il modo giusto di far uscire i loro talenti, dandogli quello che serve per il calcio. Io sono felice quando si divertono e imparano» prosegue mentre la squadra corre a bordo campo.
Il XXV aprile non è solo calcio. Tante le attività, gli eventi culturali, i concerti e le presentazioni di libri che vengono organizzate qui. Ci si può iscrivere a corsi di fotografia, di street art e di teatro. Uno spazio sugli spalti viene dedicato a un servizio di aiuto compiti, con insegnanti che studiano insieme ai ragazzi. Le famiglie possono rivolgersi anche al salotto di comunità, uno sportello di orientamento coordinato da una psicologa per gestire le situazioni più complesse.
«L’impegno annuale è di oltre centomila euro. Non riceviamo contributi pubblici, è grazie alla progettazione che riusciamo a reperire i fondi per fare tutto questo» racconta la vicepresidente mentre esce dal campo. L’impegno è grande, come è immensa la gioia del cuore nel vedere storie di rinascita passare per Liberi Nantes.
«Qui le persone vanno e vengono. Alcune le vediamo per settimane, altre restano anni. Tu sei parte della loro vita per quel pezzettino. È proprio lì dentro che provi a fare qualcosa per loro, che gli rimanga per sempre».
Paola si prepara, due ragazze le corrono incontro e la abbracciano. Le dicono, forse, la cosa per lei più bella prima di andare a casa: «A domani!».
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