Esclusiva

Aprile 18 2025.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 28 2025
«Harvard è una barzelletta», la retorica anti-intellettuale della galassia MAGA

Dietro l’attacco di Trump nei confronti di Harvard e delle altre università d’élite, c’è una narrazione anti-intellettualista

«Troveremo qualcos’altro per te, Linda». Dopo aver firmato un ordine esecutivo che prevede lo smantellamento del Dipartimento dell’Istruzione, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha rassicurato la ministra appena nominata. McMahon sapeva a cosa andava incontro quando ha accettato l’incarico. L’ex CEO della WWE (World Wrestling Entertainment) era stata scelta con un compito chiaro: «Voglio restituire l’istruzione agli stati, dove appartiene, e liberare gli studenti americani dalla burocrazia educativa attraverso la libertà di scelta scolastica».

Fondato nel 1979, il Dipartimento sovrintende al finanziamento delle scuole pubbliche, gestisce i prestiti studenteschi e coordina programmi a sostegno degli alunni a basso reddito. Trump e i suoi alleati hanno accusato l’agenzia di indottrinare i giovani. Le stesse accuse rivolte ad Harvard, uno dei simboli dell’istruzione d’eccellenza in America. 

«Non può più essere considerata nemmeno un luogo decente di apprendimento e non dovrebbe più comparire in nessuna lista delle Grandi Università o College del mondo. Harvard è una barzelletta, insegna odio e stupidità, e non dovrebbe più ricevere fondi federali», ha scritto Donald Trump sul suo social Truth.  La rabbia del presidente deriva dal rifiuto dell’università di accettare una supervisione governativa su criteri di ammissione, assunzioni e orientamento politico. Trump ha quindi ordinato il congelamento di 2,2 miliardi di dollari in fondi federali. Il Dipartimento per la Sicurezza Interna (DHS) ha annullato anche 2,7 milioni di dollari in finanziamenti per la ricerca e ha minacciato di revocare la possibilità per l’università di iscrivere studenti stranieri, a meno che non consegni i registri sulle presunte “attività illegali e violente” di alcuni titolari di visto. Il presidente di Harvard, Alan Garber, ha risposto che l’università rifiuta qualsiasi negoziato che metta in discussione la propria indipendenza o i propri diritti costituzionali. Allo stesso ricatto hanno dovuto sottostare altri atenei, tra cui la Brown University, Columbia, Princeton, Cornell, Northwestern e l’università della Pennsylvania.

Le ragioni ideologiche della guerra alle università 

Donald Trump ha costruito il suo potere sulla dissoluzione dell’autorità epistemica, cioè sulla sfiducia nei soggetti e nelle istituzioni che definiscono ciò che è vero, verificabile o affidabile. Questi sistemi vengono delegittimati e ridicolizzati attraverso strumenti e linguaggi tipici del populismo americano. Infatti, nel tycoon, l’attacco al sapere si manifesta in una prassi comunicativa distruttiva basata sul caos informativo. Sin dalla sua prima campagna elettorale, ha promosso una visione del mondo binaria, in cui i “veri americani” si oppongono a un’élite corrotta composta da politici, giornalisti, scienziati e professori. Un approccio, questo, che ha prodotto effetti non indifferenti. Durante la pandemia da Covid-19, il presidente USA al suo primo mandato ha diffuso teorie infondate su cure e vaccini, andando contro il parere degli esperti. Ha inoltre promosso campagne contro la lotta al cambiamento climatico, tagliando fondi alla ricerca ambientale. Ha attaccato pubblicamente scienziati come Anthony Fauci, direttore dell’Istituto nazionale per le malattie infettive, e docenti universitari, accusandoli di “woke indoctrination”, cioè di indottrinamento progressista e radicale. 

Dopo la rielezione, l’imprenditore e consigliere Elon Musk ha pubblicato su X una statistica in cui emerge che il presidente Trump ha ottenuto un numero maggiore di voti dalle zone con il tasso di istruzione più basso, facendone motivo di vanto e sottolineando: «Qualcosa non va con le nostre università più “prestigiose”».  Pochi giorni fa, il segretario alla salute Kennedy Jr e il presidente USA hanno annunciato un piano per individuare le cause dell’autismo, da ricercare, secondo loro, nei vaccini, considerati «fattori artificiali» che possono contribuire all’apparizione della sindrome di Asperger. Tesi diventata popolare online, ma priva di fondamenti scientifici. Questa retorica, l’anti-intellettualismo che alimenta la cultura del sospetto verso la conoscenza complessa, è diventata un pilastro della nuova destra.

Le radici storiche dell’anti-intellettualismo

La narrazione portata avanti dai sostenitori del “Make America Great Again” (MAGA) non è inedita. Già negli anni Sessanta gli studiosi si interrogavano sulla tendenza, ricorrente nella storia americana, a diffidare degli intellettuali e delle élite culturali. Nel 1963, lo storico Richard Hofstadter ha pubblicato Anti-intellectualism in American Life, saggio che gli valse il Premio Pulitzer. Il libro è stato da poco ristampato e tradotto in italiano con un’introduzione di Sergio Fabbrini, ex direttore della School of Government dell’università Luiss di Roma. 

«Quello che sta succedendo oggi in America» spiega Fabbrini «è qualcosa che Hofstadter non avrebbe mai immaginato all’inizio degli anni Sessanta. Per la prima volta nella storia degli Stati Uniti c’è un attacco del governo federale alle maggiori università. Trump usa i finanziamenti per condizionare in modo radicale le scelte educative e scientifiche».

Gli attacchi agli atenei, secondo il professore, sono frutto di «un anti-intellettualismo che vuole rendere l’America un Paese isolazionista». Il pluralismo delle istituzioni universitarie rappresenta uno dei due pilastri dello sviluppo e dell’ascesa della democrazia americana. «Ad esempio», prosegue «tacciare tutti coloro che criticano il governo israeliano di antisemitismo vuol dire impedire che si possa creare un contropotere. L’università, proprio per la sua forza intellettuale, è un contropotere in una democrazia liberale». Per il politologo, le chiavi per comprendere quello che sta succedendo sono il nazionalismo americano e la cultura WASP, White Anglo-Saxon Protestant, «una cultura di supremazia bianca che con Trump ha preso il potere come non era mai avvenuto, neppure nel periodo maccartista degli anni Cinquanta che aveva impressionato Hofstadter. Dietro il maccartismo c’era l’elemento anticomunista. Qui non siamo di fronte a un nemico esterno, anzi, Trump ha creato rapporti con nemici esterni all’America come la Russia»

Le analogie con il pensiero di Alexander Dugin e il futuro del nazionalismo

La strategia di Trump trova un parallelo nel pensiero di Alexander Dugin, filosofo russo considerato l’ideologo dell’eurasiatismo e, di fatto, uno degli architetti della visione geopolitica del presidente Vladimir Putin. Il suo pensiero rigetta la scienza come metodo universale, sfociando in un nichilismo postmoderno. Nel suo scritto “Manifesto del movimento eurasiatista”, Dugin scrive che la conoscenza non è universale e che, al contrario, l’universalismo scientifico è solo un’illusione occidentale. La sintesi è una delegittimazione dell’intellettuale moderno, considerato complice del potere globale e della “decadenza morale” dell’Occidente.

Secondo Fabbrini, le similitudini tra il trumpismo e il pensiero di Dugin sono notevoli. «Il nazionalismo è antiscientifico, esprime un sentimento anti-elitario diffuso in Russia come negli Stati Uniti e credo che sia anche la base della sintonia tra i due Paesi oggi, tra Trump e Putin». La lezione di Hofstadter, oltre a descrivere il background ideologico della galassia MAGA, dà indicazioni preziose sul futuro della destra americana e sulle conseguenze dell’isolazionismo. «Una cosa che mi ha colpito del saggio è che l’anti-intellettualismo degli anni Cinquanta negli Stati Uniti ha dovuto fare i conti con il fatto che i russi erano riusciti a mandare il satellite Sputnik nello spazio prima degli americani, e a quel punto è scemato». Ci si è presto accorti che nella chiusura si rischiava di perdere la competizione con l’altra grande superpotenza, l’Unione Sovietica. «E questo è il problema che si porrà oggi anche con la Cina», aggiunge Fabbrini. «Prima o poi le ideologie nazionaliste dovranno fare i conti con la realtà. Crolleranno, ma lungo la strada avranno causato molti problemi. Il dopo Trump sarà la ricostruzione di un sistema, non solo di un’amministrazione».

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