Un paesaggio collinare immerso nella nebbia, ricreata in modo artificiale e attraversabile dai visitatori. Si tratta della Fog Forest della giapponese Fujiko Nakaya. È una delle opere esposte nella Khao Yai Forest, il parco artistico a 3 ore d’auto da Bangkok in Thailandia.
«Sembra naturale ma è il risultato di un’operazione artificiale per creare delle valli in cui la nebbia ritarda a disperdersi. La foschia è prodotta dalle valvole che spruzzano delle particelle che hanno la stessa dimensione della nebbia. Per noi è interessante testare le opere d’arte nella natura» spiega Stefano Rabolli Pansera, curatore dell’istituzione.
La foresta ospita installazioni permanenti, tra cui una dello scultore italiano Francesco Arena. Solo il ragno “Maman”, la statua in bronzo di dieci metri per dieci di Louise Bourgeois, rimarrà fino ad agosto all’ingresso del parco, perché temporanea.
L’opera Maman di Louise Bourgeois
Il progetto, voluto dall’imprenditrice sociale e collezionista d’arte Marisa Chearavanont, è quello di creare una nuova forma di land art in cui l’intervento umano non è imposto sulla natura. Nel 2022 la fondatrice ha acquistato i 65 ettari per creare il museo all’aperto, vicino al più grande parco naturale della Thailandia: «Circa 50 anni fa qui c’era tutta foresta. Dopo un grande alluvione nel nord del paese, gli agricoltori si sono trasferiti in quest’area perché il governo gli ha dato i terreni» racconta Pansera.
I contadini, però, tagliarono gli alberi secolari per piantare tapioca in modo intensivo: «Quando per legge, però, sono diventati proprietari di questi appezzamenti, li hanno venduti. Quello che noi vediamo oggi è un pezzo di natura pesantemente violentato di cui Chearavanont vuole prendersi cura» spiega il curatore del parco.
Per l’architetto, la Khao Yai Forest è un esempio di riforestazione perché «nasce dall’idea che occuparsi della natura significa curare noi stessi. Inoltre, la visione del museo è occidentale, non è spontanea.
La filosofia è ispirata al mondo buddhista, religione praticata da circa il 95% della popolazione thailandese: «Questa è una cosa tipica del paese perché ci sono due scuole di pensiero: i monaci arancioni che chiedono l’elemosina la mattina e quelli che vivono nella foresta. Questi ultimi la usano perché ci vivono in simbiosi» afferma Pansera.
Per il curatore italiano gli interventi artistici di Khao Yai permettono di vivere la natura, non di consumarla: «Come ha detto Giorgio Agamben, noi iniziamo a consumare quando non siamo più capaci di utilizzare le cose. Khao Yai è un invito a integrare il modo di vivere la foresta con la nostra vita».
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