Esclusiva

Giugno 16 2025
Cibo che seduce, corpo che risponde

Nella letteratura e nella cinematografia il potere del cibo è sempre immenso. La cultura ci rende impossibile non notare quanto agli esseri umani piaccia parlare di nutrimento

Siamo quello che mangiamo, il nostro corpo è un tempio e il cibo è un culto ma anche una medicina, dipende dalla filosofia dei nostri interlocutori. Nella letteratura e nella cinematografia il potere del cibo è sempre immenso; a volte è amore, altre è successo, per Proust è nostalgia e poi c’è chi nesce a soddisfare perversi desideri di sofferenza come Daniel Day-Lewis ne “Il filo nascosto”. La cultura ci rende impossibile non notare quanto agli esseri umani piaccia parlare di nutrimento. Un tema estremamente complesso che si intreccia tanto da non capire più con certezza da cosa nasce il nostro piacere.

I circuiti del piacere

«Cibo e sessualità attivano gli stessi circuiti di piacere nel cervello, principalmente nell’ipotalamo e nell’ipofisi, spiega la sessuologa Lucrezia Giuliani. Sebbene ci siano differenze ormonali tra uomini e donne, entrambi sperimentano una gratificazione simile quando si tratta di mangiare o fare sesso». Per questo motivo quando ci sono disturbi alimentari, queste vie di piacere possono essere “bloccate” e diventa difficile provare soddisfazione in entrambi i casi. Anche la depressione può influenzare solo una di queste vie, come quella legata al cibo. Per quanto riguarda i cibi ‘afrodisiaci”, come cioccolata, fragole o aragoste, «non hanno effetti magici sulla sessualità, ma alcune pietanze, che stimolano il rilascio di dopamina possono aumentare la sensazione di piacere, afferma Giuliani. Insomma, cibo e sesso sono legati al piacere. ma non c’è una formula segreta. E quando completiamo un compito, la neocorteccia si attiva e ci gratifica, senza niente a che fare con la sensualità. Ma la questione non è così semplice e la filosofia che esiste dietro le creazioni culinarie lo dimostra.

Un polpo d’amore

Il sapore e la bocca, il naso a sentirne l’odore, la bellezza colta dagli occhi, le mani che afferrano un frutto o un corpo. Sesso e cibo sono intrinsecamente legati anche nell’arte «Non posso separare l’erotismo dal cibo, e non vedo nessun buon motivo per farlo» scriveva la scrittrice cilena Isabel Allende in “Afrodita” e così anche Salvador Dali che nel “Les Diners de gala”, ricettario illustrato pubblicato nel 1973, dipinge il piacere sessuale nel gusto. Dodici capitoli di ricette corredati da dipinti e incisioni a sfondo erotico. All’inizio del libro c’è anche un avvertimento scritto dal pittore stesso: «Les diners de Gala è unicamente devoto ai piaceri. Se sei un discepolo di quella setta che conta le calorie e trasforma le gioie del mangiare in una forma di punizione chiudi pure questo libro. E troppo vivace, aggressivo e fin troppo impertinente per te».

E a questo non poteva mancare un capitolo dedicato alla cucina afrodisiaca, con ricette di “purée di Afrodité” e “spalla di sirena” che alla fine non è troppo lontano dalla realtà della Liguria dell’inizio del secolo scorso che annoverava tra i cibi afrodisiaci anche «il filetto di delfino, o in genovese “mosciame’» dice Rudy Ciuffardi, gastrofilologo e proprietario del “‘Polpo Mano” ristorante di pesce a Sestri levante. O ancora «le anemoni di mare e le ostriche che aumentano il testosterone» e quindi la libido, ma pure le alghe, «che purificano».

Con queste Ciuffardi ha persino realizzato un piatto dedicato alla pornostar e parlamentare, Ilona Staller, in arte Cicciolina: «I cicciolini agli zizzari, ossia del “bianchetti, piccoli pesciolini bianchi liguri cucinati con alghe marine». Le alghe non sono quelle secche che si trovano oggi in quantità, ma «l’ulva lattuga, un’alga fresca e delicatissima che pescavo lo stesso in fondo al mare. Il mio cavallo di battaglia erano gli spaghetti alle alghe marine verdi». Una tradizione che parte dalle leggende dei pescatori e passa anche dalla madre di Rudy Ciuffardi.

Un viaggio culturale

Dopo essersi laureato in Antropologia Culturale all’Università di Chicago, Nicolas Clarizio ha vinto una borsa di studio Fulbright e si è trasferito a Bra, in provincia di Torino, per frequentare il master in Cibo e migrazioni dell’università degli Studi di scienza gastronomiche di Pollenzo, in cui studia la gastronomia in campo olistico, quindi, come varia l’alimentazione nelle varie regioni del mondo. Per il ragazzo del 2001, l’aspetto fondamentale in cucina è quello estetico ed è convinto che un certo tipo di cibo possa stimolare e produrre alcune sensazioni in determinate persone. Nicolas non accetta la semplificazione che si cela dietro la definizione di “cibo afrodisiaco” perché «non credo che tu possa mangiare qualcosa e che questo ti faccia sentire automaticamente mosso. Penso che se invece assaggi un piatto preparato dalla persona che ami, soprattutto se sai che ha impiegato del tempo per prepararlo, percepisci qualcosa a livello estetico». Quando gli chiediamo se ha mai sperimentato queste emozioni, Nicolas ci pensa un momento e poi inizia il racconto.

In quell’occasione aveva cucinato un piatto iraniano, il Fesenjan, che si richiamava alla cultura persiana: uno stufato con salsa di pomodoro, sugo di noci, curcuma, cipolla e uno sciroppo di melograno. Ed è la stessa portata che sarebbe disposto a preparare nel momento in cui invita una ragazza a cena a casa sua perché «mi sento veramente a mio agio e penso che sia quella che rappresenti meglio la mia personalità e il mio gusto. Senza contare che il piatto ha un profumo aromatico e gustativo veramente interessante: la cucina iraniana è infatti pungente, con molta personalità e sorprendente».

Ma la scelta del Fesenjan è motivata dal fatto che per portarlo a tavola è necessaria una preparazione di tre ore affinché tutte le cotture siano rispettate e gli ingredienti si amalgamino in maniera giusta e in questo modo «la persona a cui lo offro può apprezzare la cura, o almeno l’attenzione al dettaglio: io nel mio piatto do il mio cuore, in senso metaforico ovviamente». Molto spesso un cibo preparato con tanta meticolosità può essere più efficiente di molti discorsi: «È come fosse un soft launch, in questo modo posso esprimere in maniera veramente intima senza dover raccontare tutta la mia vita».